Pausa in cantina, Eugenio Rosi a Calliano (Tn)

di Jacopo Cossater

Troppo tempo, rimandavo questa breve deviazione da davvero troppo tempo. Eppure erano anni che girovagando tra fiere e manifestazioni mi imbattevo non solo nei sorrisi e nella straordinaria gentilezza di Tamara e di Eugenio Rosi ma anche nei loro fantastici vini. Interpretazioni sincere di quella Vallagarina la cui offerta appare assai confusa, così stretta tra le grandi realtà cooperative di tutta la provincia di Trento e i pochi (pochissimi) validi vignaioli della zona.

Calliano, pochi chilometri oltre l’uscita di Rovereto Nord. È qui, nelle cantine di quel bellissimo palazzo quattrocentesco che porta il nome di Demartin, che Eugenio Rosi ha trovato il suo “rifugio”, il luogo in cui di casella in casella riesce comporre il mosaico rappresentato dai suoi vini. Bottiglie che nascono da cinque diversi vigneti, tutti piuttosto lontani tra di loro. Ci sono quello dello chardonnay – il più alto con i suoi circa 750 s.l.m. – e quello dei bianchi, nosiola e pinot. Il Poiema a fondo valle, quello del marzemino, e l’Esegesi, quello del cabernet sauvignon e del merlot, fino al piccolo appezzamento di cabernet franc inserito all’interno dei giardini di una bella villa nella città di Rovereto (in foto). Luoghi dove il significato di viticoltura naturale ha un significato preciso, dove i trattamenti vengono ovviamente fatti con solo rame e zolfo ed in cui Eugenio ripone personalmente la massima attenzione, pianta per pianta. Sono i “suoi” luoghi.

Dalla vendemmia in poi inizia però il lavoro più difficile. Se infatti i vini vengono tutti fatti maturare nelle cantine di Calliano la vinificazione e l’imbottigliamento avvengono alcuni chilometri più in là in una cantina più grande e più attrezzata, con tutte le difficoltà logistiche che questo comporta. Spostare, svuotare, riempire, ancora ed ancora. Immaginare il vino che verrà ed organizzare il tutto di conseguenza. Eppure Eugenio fa sembrare tutti questi spostamenti particolarmente coerenti con la sua idea di vino, quell’ordine così ricco di grazia e rigore.

Per dire, l’Anisos è un assemblaggio di chardonnay, pinot bianco e nosiola che coniuga un leggero passaggio in legno ad una certa macerazione sulle bucce. Eppure il risultato spicca per leggerezza, dimostrazione di tutte le potenzialità dei bianchi della zona soprattutto a distanza di anni dalla vendemmia. Se infatti il 2011 appare ancora in divenire, con tutti questi elementi destinati a trovare una dimensione unica, il 2009 spicca per armonia, così profondo e magnetico. Il Riflesso Rosi 2013 è un rosato prodotto anche con le vinacce dei bianchi, procedimento piuttosto singolare volto a stabilizzarne il colore (bellissimo), che nella sua semplice immediatezza spicca per beva e per freschezza senza dimenticare il giusto peso specifico. Un vino centratissimo. Il Poiema 2011 – il Marzemino – è lungo e carnoso, vino destinato a farci inesorabilmente cambiare idea sul vitigno e sulle sue capacità. Flebile? Nope. È anzi assaggio coinvolgente e ricco. Infine l’Esegesi, il suo vino più famoso. Un taglio bordolese la cui componente territoriale è protagonista pazzesco per definizione e slancio, rigore e finezza. Cose difficili che diventano semplici. Forse il vino di Eugenio che avevo assaggiato più volte ma che al tempo stesso più mi ha spiazzato: il 2009 è infatti un piccolo capolavoro di dettaglio e di sfumature. Lo assaggio e vedo un mosaico di fronte a me, tanti piccoli pezzi che compongono un disegno più grande.

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

2 Commenti

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Massimiliano

circa 10 anni fa - Link

Consigliato da un amico approccio per la prima volta i vini di Rosi a Cerea, sensazioni positive, Eugenio e Tamara disponibili e sorridenti nonostante sia quasi l ora di chiusura, mi colpisce il "bianco", macerato, buona complessità olfattiva ha buona struttura ma di grande e pericolosa bevibilita', ne compro una bottiglia all enoteca della fiera e a casa in silenzio e con calma conferma la prima impressione e la migliora pure. Il secondo vino che trovo ottimo è il Poiema e qui concordo in pieno con Cossater, dopo tanti marzemino anonomi questo finalmente ricco di carattere e personalità può davvero far ricredere più di qualcuno. Bravi davvero.

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Stefano Menti

circa 10 anni fa - Link

Eugenio è molto bravo, ha una bella famiglia ed è una brava persona.

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