Primo Franco ha trent’anni. Assaggiamo sette annate del suo Prosecco per scoprire se regge il tempo

Primo Franco ha trent’anni. Assaggiamo sette annate del suo Prosecco per scoprire se regge il tempo

di Andrea Gori

Trent’anni fa il Prosecco non era quello di oggi. Non era, cioè, il prodotto quasi glam con ambizioni planetarie di conquista. Non voleva ancora diventare lo spumante più diffuso al mondo. Trent’anni fa il Prosecco era fonte di calorie e sostentamento per la dieta quotidiana, e presenza immancabile su ogni tavola del Veneto, spesso e volentieri anche non frizzante. Allora si muovevano e cominciavano il lavoro sulla qualità e sull’immagine personaggi come Primo Franco e altre case (tra cui Adami, Gianfranco Follador, Carpenè Malvolti). Erano i protagonisti di una rivoluzione i cui effetti oggi sono decisamente conclamati.

Primo Franco in persona racconta, in un evento speciale a Fuori di Taste al Four Seasons di Firenze, di un sabato di settembre nel 1983 quando con un gruppo di amici del vino si innamorarono di una vecchia etichetta con su il campanile di Valdobbiadene, assaggiando per gioco delle vecchie bottiglie impolverate rimaste nascoste sopra le vasche, lasciate lì perché fossero bevute a Natale. Non era un vino destinato a durare, eppure gli anni lo avevano fatto evolvere in maniera aggraziata. L’assaggio di quel vino insospettabilmente buono spinse a “ricominciare di qua”, mettendo l’annata, il nome del produttore, e della singola vigna. Tanti elementi nuovi insieme che ora sono la norma in numerosi Prosecco, ma allora quasi rivoluzionarono la denominazione.

Da sempre orgogliosamente négociant, la famiglia Franco investe nel suo Prosecco di punta i maggiori sforzi e attenzioni produttive, in una costante tensione evolutiva che ha portato oggi ad usare un livello di solforosa bassissimo, raffreddamento del mosto e lunga permanenza sulle fecce per esaltare il frutto e il fiore con una acidità mai esagerata, l’alcol sempre basso e in definitiva un equilibrio particolare che aiuti la piacevolezza.

Dagli archivi aziendali ecco alcune annate particolari, tutte significative per capire come si evolve un prodotto millesimato ma spumantizzato in metodo Charmat: un vino che può avere un’evoluzione interessante e spesso imprevedibile, ma soprattutto piacevole.

1992. Presenta rum, zenzero e prugna secca, un tropicale candito, bocca con materia e sostanza, castagna, beva intrigante e dotata di grande spina dorsale, finale di alloro, caffè, caramello e zenzero, saporito e deciso. Da dessert ma interessante per capire la materia che sta dietro. 78

1995. Vendemmia complicata, con la pioggia a metà operazione (il Cartizze non è stato vendemmiato). Il vino è un po’ dimesso: note di chinotto su un’ossidazione che comincia a farsi notare; cimiteriale bianco e giallo, bocca sottile con bollicina vivace, finale non complesso. 80

1997. Ha zenzero e mandarino tardivo, arancio del Gargano, spuma bionda, confetto alla mandorla, note da chenin blanc, bosso e menta. La bocca appare affievolita ma la mineralità lo mantiene piacevolmente sfocato e intrigante, e si finisce il bicchiere quasi golosamente. 86+

2000. Gesso e lime, pietra focaia, caramella mou, nota caseica, lychees e pompelmo; bocca integra e sapida anche se giocato quasi solo su roccia e fiori. La beva è comunque quasi incalzante, per la bollicina ancora molto vitale. 81

2003. Annata caldissima, estate lunga trascorsa con la paura di bruciare il frutto; il naso è quasi esplosivo, con cenni di miele e fiori di campo, ginestra, pesche sciroppate, roccia bagnata e cedro candito; bocca dalla bella persistenza non scontata, con finale piacevolmente ricco. 86

2010 Grave di Stecca Brut. Vigneti di proprietà, monopole, vino forte e gessoso, bocca caseica, chiusa e arcigna, floreale passito, finale non lunghissimo. 85

2013 Vigneto Riva San Floriano. Promontorio in proprietà con altri, in affitto, esposto sud est, con filari ben distanziati e non regolare: una multiclonalità che dà vini variegati; florealità soffice, robinia e fiore di pesco, bocca secchissima e che scalcia e spinge, chiusura mandorlata ma piacevolissima, da apprezzarsi più in là; serio e bellissimo. 88+

2013. L’annata, fresca e ideale, con tanta escursione, dona sentori di pera emblematica e susina ma è il frutto a dominare; una vendemmia con zucchero elevato per il Prosecco (qui il dosaggio è 28 grammi per litro); bocca fresca e appuntita, mela e sambuco, rilassante e pacato, anti stress. 87

E’ stato un percorso decisamente entusiasmante, che è andato al di là della qualità giocoforza non eccelsa dei vini del loro complesso, ma che ne ribadisce il rango di “vino”. Questi assaggi in definitiva non permettono che si parli di spumantini, o peggio. La verifica su annate così diverse per vini non destinati ad evolvere permette di stressare la struttura dei prodotti, per comprendere che sotto esiste un preciso senso di terroir che determina quelle sensazioni sapide, fruttate e minerali pressoché uniche al mondo, solo in parte apprezzabili nel 99% dei Prosecco che vengono consumati ogni giorno. Certo, stiamo parlando di uve provenienti da siti particolari e con produzioni molto più basse rispetto alla media, ma una degustazione del genere dimostra che, se su molti scaffali del mondo il Prosecco scalza prodotti metodo classico, un motivo c’è e non è solamente il prezzo: è la loro intrinseca caratterizzazione e il senso di terroir che riescono ad emanare.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

2 Commenti

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Roberto

circa 10 anni fa - Link

senza dubbio uno dei nomi più noti della denominazione. Mi spiega meglio cosa intende per "bocca caseica"? Grazie.

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Andrea Gori

circa 10 anni fa - Link

si intende un gusto nel quale affiorano sensazioni simili a quelle del formaggio fresco

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