Menzioni Geografiche Aggiuntive del Rossese di Dolceacqua. Tutte le <em>nomeranze</em> a portata di clic

Menzioni Geografiche Aggiuntive del Rossese di Dolceacqua. Tutte le nomeranze a portata di clic

di Fiorenzo Sartore

Arcagna, Galeae, Posaù. E poi Luvaira, Pini, Giuncheo, Curli. Chi ama il Rossese di Dolceacqua avrà già riconosciuto questi nomi, che si leggono su alcune delle etichette più famose per questa denominazione. Durante la scorsa rassegna Mare&Mosto i produttori di Rossese hanno presentato un lavoro di compilazione approfondito delle aree storiche, riunite in un documento che potete scaricare al termine di questo post.

Per anticiparne una descrizione, potremmo riportare un po’ di numeri: “Tre anni di ricerche, materiale storico consultato sino al XII secolo, oltre 20 carte topografiche storiche consultate (dal XVIII secolo ad oggi), foto aeree storiche sino al 1954, 8.000 mappali vitati censiti manualmente sui Catasti del 1900, trascritti e georeferenziati sui catasti attuali, oltre 2.000 livelli creati e studiati su Google Earth”. Ne abbiamo parlato con Filippo Rondelli, di Terre Bianche, uno dei vigneron maggiormente coinvolti nel progetto, per sapere qualcosa di più.

Allora Filippo, che cosa sono le MGA?
Le Menzioni Geografiche Aggiuntive (MGA) corrispondono a particolari zone di produzione, delimitate all’interno del territorio autorizzato dal disciplinare D.O.C., in questo caso quello del Rossese di Dolceacqua. In linea di massima potremmo dire che sono quelle che i cugini francesi chiamano ‘cru’. A noi piace chiamarle ‘Nomeranze’, da un’antica voce ligure che identifica il soprannome, come luogo di rilievo.

Qual è il progetto che sta dietro a questo lavoro?
L’idea fondamentale è quella di gratificare un patrimonio viticolo la cui storia affonda le radici così profondamente da essere parte integrante del territorio e della cultura popolare, prima ancora che del patrimonio ‘enologico’ locale e nazionale. Fissare il dato storico, prima di ogni cosa. A Dolceacqua, non solo il vino Rossese, ma anche e forse ancora di più l’idea di ‘vigna’ sono legati in modo indissolubile alla cultura del luogo, un dato puntualmente rilevato e magnificato da Monelli, Soldati e Veronelli, già in tempi non sospetti: qui si parlava di zona vocata, di vigna e di vino diverso da zona a zona. Ogni singola area vitata porta un nome proprio (lo studio della toponomastica ci ha spinto sino ad etimologie prelatine o legate alla colonizzazione romana e poi medievali).
Come ci mostra il censimento di oltre 1300 toponimi legati a vigneti nell’areale di produzione attuale (dati di fine Ottocento).

Questo studio quindi si collega con quello che ritroviamo scritto in etichetta?
Oggi l’utilizzo della menzione della zona di provenienza in etichetta, chiamata MGA appunto, è regolato secondo i termini di Legge. Per soddisfare questo regolamento, lo scopo finale del lavoro è stato quello di tracciare la mappatura delle MGA, ottenendo di conseguenza zone circoscritte di cui si conoscono precisi riferimenti catastali. Ecco quindi la zonazione, propriamente detta. Il progetto è stato approvato dai produttori con larghissima maggioranza, poi controllato dalla Regione Liguria, ed è ora in attesa di verifica ed eventuale approvazione da parte del Ministero.

In che misura queste finalità comunicative possono fornire anche un vantaggio commerciale?
Credo che la zonazione permetta di mettere in luce la vera essenza dell’areale di Dolceacqua e del Rossese di Dolceacqua che, come dicevo, vivono in simbiosi. In senso lato, permette di ragionare su ‘chi siamo’ (e non ‘chi crediamo di essere’, quindi) ed è il primo passo per intravedere un’identità comune, per svilupparla, approfondirla e stratificarla; per costruire una comunicazione, anche dal punto di vista commerciale. Il messaggio che si vorrà trasmettere, di qualsiasi natura, arriverà poco lontano se non è vero, coerente e unico, a nostra misura, riflesso sincero e originale della nostra essenza.
E’ un lavoro lungo, certamente; da qualche parte occorre pur iniziare, ed è il risultato a lungo termine che deve interessarci, non quello che arriva dalla moda del momento.

Vi siete basati su lavori simili, preesistenti, in altre aree vinicole (e nel caso, quali) oppure il vostro è un lavoro originale?
In verità non esiste un metodo univoco e riconosciuto da tutti per procedere ad una zonazione e i casi precedenti ci sono stati di grande aiuto, ovviamente. Per avere un’idea completa abbiamo esaminato lavori anche molto diversi tra loro: in Francia ricordo la classificazione dei cru a Bordeaux e in Borgogna, in Italia la zonazione a Barolo e a Barbaresco. Rappresentano punti di vista e impostazioni assai lontani tra loro ed è esattamente quello di cui avevamo bisogno. Questo ci ha permesso di valutare eventuali rischi e criticità di un progetto di zonazione e di affrontare il ‘nostro’ a mente lucida, con la sufficiente serenità, tagliandolo su misura, senza ispirarci ad un modello piuttosto che ad un altro. Un metodo è necessario, ed è su questo che ci siamo inizialmente focalizzati. Questo ci è sembrato il giusto approccio: rilevare e fissare tramite una ricerca scientifica un dato storico puro, il più possibile completo ed esaustivo; poi, tradurlo in mappatura e zonazione, procedendo infine all’esame del quadro ottenuto con i produttori, guardando il dettaglio minimo senza perdere di vista l’insieme.

Alla fine sorprende la grande quantità di parcelle all’interno di una denominazione non estesa.
La massa di materiale storico che abbiamo toccato ed esaminato negli anni di studio è straordinaria, nessuno se lo aspettava. I dati sono precisi e inequivocabili. Tutto merito dello storico del territorio Alessandro Giacobbe, che non finirò mai di ringraziare, che ha curato la ricerca storica con grande professionalità e passione vera. Abbiamo fatto del nostro meglio nel tradurre la ricerca in zonazione, credo che il risultato sia coerente e conforme alla realtà delle cose, senza la pretesa di essere perfetto.

Il progetto appare una vera e propria collaborazione tra produttori come te ed enti pubblici. Come è stato collaborare con loro? Ti sei presentato tu con l’idea, oppure gli enti hanno sollecitato l’iniziativa?
Come spesso accade, e credo sia naturale, l’esigenza è nata tra i produttori. Direi che è all’interno dell’associazione dei produttori del Rossese di Dolceacqua, la ‘Vigne Storiche’, che l’idea è in seguito maturata, grazie ad una reale collaborazione tra noi produttori associati, ma non solo: tutti i produttori interpellati, anche non associati, hanno appoggiato il progetto, fornendo ulteriori punti di vista. Il ruolo dell’associazione di categoria Confederazione Italiana Agricoltori (CIA), e della Camera di Commercio di Imperia è stato fondamentale nel concretizzare l’idea in un progetto articolato, supportandolo delle competenze e dei mezzi necessari. Un supporto ed una fiducia totali per i quali voglio ringraziare in particolar modo Claudio Andreini, della CIA di Bordighera, sempre disponibile e di grandissimo aiuto nel coordinamento delle varie fasi di ricerca e sviluppo. Senza l’unione tra i produttori e senza l’interazione tra i produttori e gli enti, ci tengo a ribadirlo, tutto ciò non sarebbe stato possibile. La paternità dell’idea è irrilevante.

Questo lavoro poderoso evoca, in effetti, il concetto di cru. Vuoi segnalare qual è la differenza maggiore tra questa elencazione, e la classificazione francese?
Ad essere precisi, la menzione MGA non è direttamente collegabile ad una migliore (o peggiore) qualità, semplicemente identifica la provenienza in maniera puntuale. Il concetto di cru classificato alla francese, invece, pone automaticamente in gerarchia qualitativa i cru di una determinata zona.

Credi che lavori di questo tipo potranno mai aprire, in futuro, ad un sistema di classificazione come quello dei cru francesi?
Credo che al momento sia prematuro parlarne. L’importante per noi è aver ottenuto il dato storico per non perderlo di vista, per costruire su basi concrete il nostro futuro. Cercare elementi d’unione che permettano alla zona di crescere, è la priorità.
Stabilire e registrare una classificazione immutabile potrebbe nascondere molte insidie, nel metodo, nel merito e nel risultato: in Francia la classificazione è stata affrontata in luoghi, modi e tempi assai diversi ed è tuttora oggetto di ammirazione, sicuramente, ma anche di forti critiche e discussioni e, a volte, di modifiche. Non escludo nulla per il futuro, qualsiasi scelta, però, ha bisogno della sufficiente maturità delle persone e dei tempi.

Il PDF riassuntivo delle Menzioni Geografiche Aggiuntive del Rossese di Dolceacqua è interamente scaricabile nella versione ad alta risoluzione (33,8 Mb) oppure in versione light (3,7 Mb).

avatar

Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

1 Commento

avatar

MG

circa 9 anni fa - Link

Complimenti a loro per esserci riusciti, peccato che altre denominazioni perdano invece tempo in discussioni quando questa e' la via per valorizzarsi.

Rispondi

Commenta

Rispondi a MG or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.