Ma quanta gente c’era a Fornovo 2015 di lunedì? Poi sorprese, conferme e bottigliette in stile birrino

Ma quanta gente c’era a Fornovo 2015 di lunedì? Poi sorprese, conferme e bottigliette in stile birrino

di Fiorenzo Sartore

Le folle oceaniche in un giorno in cui ti aspettavi meno ressa sono probabilmente il segno definitivo del successo di Vini di Vignaioli. Questa fiera che forse una volta era piccola e alternativa oggi è un punto di riferimento, ed è anche un luogo di affezione, nel senso che tornarci è bello e quasi vuoi bene al tendone bianco, alla struttura naif, al giardino esterno e alla formidabile atmosfera di festa che qui si respira. Nonostante i tavolini presi d’assalto non ho sentito lamenti, anzi, chi non c’era ha sentito un po’ di nostalgia.

Comunque nulla mi turba, nemmeno arrivare a mezzogiorno e vedere la coda all’entrata già lunghissima, stile expo milanese, e trovare parcheggio mooolto distante – il caro vecchio park lì vicino è un cantiere, ci costruiscono case. Fare un report dettagliato degli assaggi diventa arduo e probabilmente nemmeno raccomandabile, ad un certo punto si decide, io e gli amici, di puntare i tavoli non affollati, che in questi casi pare l’unico criterio possibile. La fiducia cieca nella sorte fa il resto. Il feed reader mi dice che Intra invita a testare i newcomer cileni, e chi sono io per contraddire? Vado a sentire un cileno.

Qui per la verità si apre uno scenario tipico del film che mi faccio io alle fiere vinoveriste: Rogue Vine presenta dei rossi assai goduriosi in stile fruit bomb, che appunto mi catalizzano mezza polemica: ah, ma allora esiste anche una via fruttona al vinoverismo? Nello specifico il simpatico versatore dietro al tavolo mi narra di questi rossi che recuperano vini e soprattutto stili un po’ perduti, segnatamente il Pipeño 2015 (vendemmia a marzo) rappresenta un’idea di vino goloso, spensierato. Addirittura mostra una bottiglietta in stile birrino, con tappo metallico, che nei progetti del produttore serve a smitizzare il consumo rivolgendosi ai giovani che (spiega) in Cile non bevono vino, quindi vanno conquistati e rappresentano comunque il mercato del futuro. Il formato pop non è una novità, ma trovo questi pochi elementi già interessanti per aprire dibattiti e considerazioni su un’idea di vino non flemmatica e ingessata (sa il cielo quanto molti di noi rincorrono questa esigenza). Ascoltare tali discorsi da uno che viene, esattamente, dall’altra parte del mondo mi dispone il buon umore, la qualità dei vini ha fatto il resto. (Sui 5 dollari americani in azienda, per avere un’idea di prezzo. Poi al retail arriva intorno ai 20 dollari).

I successivi assaggi, regolati per lo più nel modo che dicevo, si possono dividere tra le sorprese e le conferme. Tralasciando le seconde e parlando delle prime, c’è Terre di Giotto col suo Gattaia rosso 2012, pinot nero toscano di grande soddisfazione, dato il vitigno non sempre adattabile a quel territorio: tannini ruspanti ma garbati, nello stesso tempo rustico e di attraente bevibilità. (Prezzo poco sopra i 25 euro in enoteca). Un altro fuori dai miei giri era Terpin ed ora mi segnerei praticamente tutto. Scelgo solo Stamas rosso 2011, un naso fitto di moltissimi rimandi dalla liquirizia alle spezie che riconferma tutto quanto in bocca, potente e inteso. (Prezzo intorno ai 25 euro in enoteca). Infine memorabile la Falanghina beneventana 2014 di Canlibero, praticamente una bomba a frammentazione di agrumi, schegge di pompelmo un po’ dappertutto e poi una nube pacificatrice di incenso.

Fin qui, appunti miei. Quel che segue invece viene dal taccuino di Pietro Stara.

Quando si va ad una fiera come quella di Fornovo capitano alcune cose che capitano in altre fiere, ma pure di più:
1) Si vanno a trovare vignaioli conosciuti per salutare e per assaggiare la nuova annata.
2) Non si vanno a salutare vignaioli conosciuti perché già li si conosce molto bene, troppo bene, ci si fida di loro ecc. E poi al loro banchetto si assiepano circa 70 individui e individue che brandiscono calici come sciabole.
3) Si vanno a cercare produttori che non si conoscono, anche su suggerimento.
4) Si capita a quei banchetti dove non ci sono persone (a volte si fanno le scoperte più interessanti). Poi ci scrive sopra qualche blogger e l’anno dopo non ti ci puoi più avvicinare.
5) Se si gira con Corazzol e Sartore si inseriscono variabili metafisiche non calcolabili.

Ne butto qui solo due.
Azienda agricola Dossi Retici (vedere punto quattro). Stabia Terrazze retiche di Sondrio I.G.T. è un nebbiolo del 2007 fatto da tre tipi di nebbiolo (95%), rossola, brugnola e altre varietà locali. Sui 500 metri di altezza in terrazze sapientemente inerbite. Viti che sfiorano l’antichità paleo valtellinese, rese molto basse, fermentazioni naturali, tuffi in botti di rovere da 30/40 hl per quattro anni. Il nebbiolo archetipo, originale ed esemplare. A otto euro.
Andrea Occhipinti. Alea Viva. Aleatico al 100% che zampilla e titilla sopra un lapillo vulcanico. Macera sulle bucce per 15 giorni, poi bolle da sé in piccole botti di cemento. Diventa adulto nel cemento e nell’acciaio per altri 18 mesi. Si chiude in bottiglia per altri due. La pepatura prorompe e travolge la ciliegia che sbuca dagli anfratti in un secondo momento, quando la sapidità lascia terreno ad una tonificante freschezza.

E alla fine della fiera (ahem) ho copiato un po’ di appunti anche a Giovanni Corazzol. Ecco cosa.

L’edizione VdV 2015 di Fornovo me l’archivio come l’edizione vigorsol: vini mentolati, al pino silvestre, alle erbette d’alpeggio, resinati, infinocchiati e al balsamo di tigre. Non è una critica e nemmeno un campione attendibile, probabilmente solo il caso che ha reso disponibili quei pochi balsamici pertugi concessi dalla folla.

Tra questi il vino in assoluto più divertente è stato il Vej Bianco Antico annata 2006 (malvasia di candia) di Podere Pradarolo. Un erbario, un percorso Vita, un trattamento rigenerante fatto di fieno, camomilla, cera, caramella mentarancio Ricola, incenso, miele alla salvia. Il Metodo Classico Vej Bianco Antico 2012, anch’esso da Malvasia Candia si presenta più riconoscibile nel varietale, ma ancora privo dei tratti wellness del fratello, e refrattario alla regola della spumantizzazione interdetta ai vitigni aromatici.

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

3 Commenti

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Stefano Menti

circa 8 anni fa - Link

Podere Pradarolo sicuramente dei veri fuoriclasse, nonché integralisti veri e brave persone. Di conseguenza grandi amici. Amo i loro vini... tutti.

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rampavia

circa 8 anni fa - Link

Da anni non vado più a Fornovo. Leggo quindi volentieri i report di chi ha ancora la fortuna di andarci. La mancanza di un parcheggio che si possa definire tale, l'inesistenza di servizi igienici accettabili non scoraggiano gli appassionati che vedo affluiscono sempre più numerosi. Buon per loro e peccato per chi, come me, avendo problemi di locomozione, rimane a casa. Però ho vissuto le prime fantastiche edizioni dove Terpin era già presente con i suoi fantastici bianchi (non ricordo se presentava già dei rossi). Lì ho scoperto un timido Dottori che proponeva i suoi primi Verdicchio e tanti altri che meritatamente hanno fatto strada circondati, allora, dallo scetticismo generale. L'atmosfera che si respirava allora in quel tendone dove, per non farci mancare nulla, faceva freddo e pioveva, era davvero unica. Mi pare di capire che qualcosa di allora sia rimasto immutato.

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Fiorenzo Sartore

circa 8 anni fa - Link

I servizi li ho trovati, diciamo così, abbastanza decenti. Ricordo discussioni su questo specifico argomento che prevedevano come necessaria l'esibizione di foto, del tipo recensione dei locali atti allo scopo. Che dire, un'altra forma di report, forse l'idea andrebbe tenuta presente. Poi la questione parcheggio: non è inesistente, ma solo distante (circa 4-500 metri ma potrei sbagliare) ed e' molto ricettivo. (Per il resto grazie, mi hai fatto ricordare quel verdicchio) :)

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