Löwengang Chardonnay Alois Lageder. Dal 1999 al 2010 una certa idea di Borgogna in Alto Adige

di Andrea Gori

Dalla prima annata prodotta nel 1983 sono passati trent’anni. Il vigneto Löwengang (letteralmente “Passo del leone”, corridoio, passaggio) nella zona meridionale dell’Alto Adige ha sempre reso giustizia al suo terreno dolomitico con minimi residui morenici. Ma se è solo dal 1983 che Alois Lageder produce vino da questo vigneto, qui la varietà è coltivata da quasi 150 anni, fin dai tempi in cui si chiamava pinot giallo e non chardonnay.

Curioso notare che Lageder, oggi paladino della biodinamica per i vini prodotti dai vigneti di proprietà, abbia avuto l’impulso all’uso del monovitigno, alle vinificazioni in legno, barrique e anche alla biodinamica dopo un incontro con Robert Mondavi, che fu fondamentale per capire che la tradizione deve essere un punto di partenza su cui sperimentare. Sin dall’inizio l’idea era molto simile al concetto che ha spinto la nascita dei Supertuscan o del Sassicaia stesso: dimostrare che anche in Alto Adige si potevano fare grandi vini rossi e bianchi da uve francesi, un modo per porsi all’attenzione globale per poi concentrarsi sulle varietà locali autoctone.

La verticale di Chardonnay Löwengang, tenuta a Firenze, copre 12 anni con una selezione delle annate più interessanti, e coglie il vino nel suo passaggio da viticoltura convenzionale alla biodinamica più ortodossa – certificata Demeter – nel 2006. Un salto evidente per materia ed estratto, che non impedisce di assegnare la palma del vino migliore ad una annata “convenzionale”, il 2000.

Löwengang Chardonnay Alois Lageder 1999
Senape e talco, citrino accennato tra pompelmo e ginger; bocca molto dritta e sapida, finale acceso, roccioso, con chiusura appena amarognola. 81

Löwengang Chardonnay Alois Lageder 2000
Burro e nocciola, e floreale molto vitale, albicocca e arancio giallo; bocca in equilibrio con una sapidità tagliente e finale di pietra focaia che fa da tappeto ad un frutto freschissimo, che rilancia per minuti interi. 94

Löwengang Chardonnay Alois Lageder 2002
Fresco e pimpante, tra arancio, menta e ginestra, spezie bianche e bocca citrina e incalzante: finale lungo e bellissimo che si fa ricordare. Incredibilmente, ancora in evoluzione. 92

Löwengang Chardonnay Alois Lageder 2003
Note tropicali tra ananas e mango, peperone; bocca tesa e sottile, meno opulenta del naso, con struttura interessante senza eccessiva complessità. 83

Löwengang Chardonnay Alois Lageder 2005
Note curiose: tra rafano, tiglio e nocciole, con frutta che si nasconde un poco; bocca delicata e suadente ma che scorre veloce. 84

Löwengang Chardonnay Alois Lageder 2006 (prima annata biodinamica)
Solare ed energico, arancio, burro e salvia; bocca sapida, carica e radiosa, con finale che torna su agrumi freschi e nocciole, perfetto da bere adesso per finezza e persistenza aromatica. 90

Löwengang Chardonnay Alois Lageder 2009
Sembra un confetto agli agrumi, con aggiunte di zafferano e nocciole; bocca in assestamento con durezze e acidità che dominano la scena. Ma la sostanza e la struttura sono salde e promettenti. 88+

Löwengang Chardonnay Alois Lageder 2010 (anteprima)
Naso finissimo e floreale, distinto, con tanta intensità ma anche eleganza (mandarino). Bocca in formazione ma che mostra un bel potenziale. Tanto sole e materia si sentono subito, ma la grande freschezza e sapidità per ora lo frenano. 90+

Raccogliendo i pensieri alla fine del pomeriggio di assaggi (avevamo a disposizione anche altri vini di Alois, sia della linea Lageder che della linea Tenute) si comprende come i prodotti del vigneto Löwengang, soprattutto lo chardonnay, siano stati un brillante esempio di modello borgognone, arricchito di fascino e calore italiani: vini di carattere e personalità. Si è fatto uso di una varietà internazionale per ottenere notorietà, da investire poi negli autoctoni: un modello molto comune, forse, ma che raramente è stato messo in pratica in maniera così completa e matura.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

1 Commento

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Massimiliano Nicli

circa 11 anni fa - Link

Il mio cartoncino di 2000 rimarrà al fresco in cantina. L' unico Chardonnay italiano che ho messo in cantina. Ora seguo Bessererhof vediamo se nei prossimi anni fa il "passettino"in avanti che ancora serve.

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