Lo stato dei media vinosi nel 2013. Apparentemente un altro post di fine anno riassuntivo di qualcosa

di Fiorenzo Sartore

Se non ne avete ancora abbastanza di quei post di fine anno, sul genere “Dieci vini che nel 2014 vi aiutano a sedurre la collega” oppure “Sette spumanti sotto i sei euro seriamente significativi”, probabilmente siete pronti per il concettuoso pippone di Tom Wark, che si intitola (nientemeno) “The State of the Wine Media 2013”. La lettura di quel post ispira le considerazioni che seguono. Wark è il genere del blogger fortemente assertivo, cioè il tipo che se le canta e se le suona, ma al netto di questo, è interessante fare il punto su chi-scrive-di-vino, sul why e sul because.

Nel post in questione un passaggio centrale è: “I quotidiani, sia come carta stampata che online, rimangono il luogo in cui la maggioranza degli Americani ottiene le informazioni, in forma scritta”. Ricollocando l’affermazione nei confronti dei lettori italiani, credo che questo valga anche per i nostri enocuriosi. Ma comunque: dove otteniamo notizie, in forma scritta? Tom Wark individua alcuni media prevalenti, e nel farlo non manca di osservare, opportunamente, che non c’è mai stata tanta abbondanza di fonti, circa la materia vinosa, come negli ultimi tempi. La parola magica, come sarà chiaro, è internet, ma Wark si guarda bene dal far prevalere il media digitale nella gerarchia delle fonti. Anzi, segnala che la rilevanza della stampa mainstream resta fortissima. Le differenze stanno nelle modalità della comunicazione.

A questo punto provo a fare io un mio personale “stato dei media”, ispirato a quello di Tom Wark. Non è una classifica, non c’è una gerarchia, è solo il mio punto di vista riassuntivo delle possibili risposte alla domanda: “dove troviamo informazioni sul vino in forma scritta”?

La stampa mainstream. Se i giornali sono e restano una fonte centrale per il vasto pubblico, è il caso di introdurre almeno un distinguo tra i tipi di pubblico: esiste l’enofilo competente, ed esiste il lettore del giornale. Hanno livelli di conoscenza molto diversi sulla materia vinosa ed è probabilmente per questo che i giornali, rivolgendosi a tutti i lettori, tendono a veicolare notizie tutto sommato eclatanti, titoli ad effetto, scandali e boatos. Ecco perché i giornali parlano volentieri della vendemmia del secolo, del prosecco che “batte lo Champagne”, del vino che fa bene al cuore (o ad altro organo a caso, a seconda dello studio scientifico), oppure della contraffazione del momento. E’ un tipo di informazione purtroppo superficiale e banalizzante, che genera fenomeni noti a molti di noi: abbiamo tutti un amico fuori dall’enomondo che ci tiene, ogni tanto, ad avvisarci trionfante che “abbiamo superato i francesi”. Con nostro disappunto, visto che questo non è un primato in sé: ma suona tale, quindi va bene per fare un titolo sul Corriere. L’informazione banalizzante è per la massa, mentre il wine geek (per usare un termine di Wark) troverà rilevanti altre fonti.

I blog. Sono la facile riposta in modalità (quantomeno) meccanica: molti dispongono di un computer e di una connessione decente, e hanno maturato, da tempo, la fascinazione che deriva dall’informazione underground. Nonostante il digital divide che da noi è più molesto rispetto al resto del mondo civile, la blogosfera è una fonte che (come si dice ogni tanto) è qui per restare. Tuttavia il blog in sé è uno strumento, non qualifica la fonte. Ciò detto, è possibile individuare nell’informazione via wineblog la stessa carica alternativa e spontaneista comune a gran parte della blogosfera planetaria. La cosa difficile da maneggiare, ancora per molti, è l’orizzontalità delle conversazioni. Chi l’ha capita ne fa un uso proficuo. Tom Wark guarda a questo ambito comunicativo con il giusto distacco critico, riferito soprattutto alle prospettive di business ancora nebulose. Io aggiungo solo che la blogosfera non è (ancora, perlomeno) il paradiso dei soviet, e le conversazioni orizzontali risultano indigeste a quelli che non vogliono in nessun modo abbandonare il principio di autorità, nel senso di auctoritas, visto che per loro questa condizione è stata acquisita a fatica, sul campo, ed è un tipo di privilegio che non si abbandona volentieri. Mentre invece il principio di orizzontalità prevede il noto “no guru-no idols”, e se si ingrugnano un po’ c’è da capirli (i guru e gli idols, intendo). In rete vige semmai la reputazione.

I forum in rete. Essendo in rete sono un’altra filiazione della rivoluzione digitale, ma sono un ambito un bel po’ diverso e se possibile anche più caotico dei blog. In Italia il forum vinoso significativo è probabilmente solo quello ospitato sulla piattaforma del Gambero Rosso, ma per quanto mi riguarda ho notato nel corso degli anni una diminuzione negli interventi e un endemico gusto del flame (litigio) che mi ha alquanto distratto. Alla fine navigo altrove, ma questo come si vede è un altro parere personale. Tom Wark, riferendosi a forum online USA esprime giudizi notevolmente positivi, quanto a capacità di fornire spunti interessanti. Beati gli americani.

Le riviste specializzate. Teoricamente l’editoria specializzata sul vino è il veicolo perfetto per l’informazione di settore. Per quanto mi riguarda, non riesco ad avere una valutazione positiva: sono criticabili sotto troppi aspetti, e per questo hanno finito per perdere ogni attrattiva. C’è il fatto che si tratta di comunicazione monodirezionale, e questo ormai per me è distante anni luce dalla mia idea di “recepire informazioni”. E non tanto perché io disconosca il principio di autorità: io sono convinto che nel settore le auctoritas ci siano e siano ancora un bel po’ autorevoli, ma sono volentieri oscurate da un flusso di dati che potrei definire “altri”, non volendo usare termini offensivi. Peraltro ho visto esperienze editoriali di livello altissimo, come Porthos, finire in una specie di vicolo cieco, a causa di un elemento assai efficacemente segnalato da Tom Wark nel suo post: non c’è sufficiente massa critica di lettori di riviste eno da consentire la sopravvivenza editoriale. In America si possono lamentare di avere pochi lettori. Da noi il problema è che non ce ne sono abbastanza. Se a questo si aggiunge la dubbia qualità dei contenuti, per me la frittata è fatta. Outlook negativo, direbbero gli economisti.  (Dopo Porthos ci sarebbero, poi, un certo numero di riviste cult, ma soffrono la scarsa diffusione: cercare una rivista all’edicola, o abbonarsi ad una fanzine enoica da recapitare via posta mi pare un fatto ormai macchinoso. Lo so, sono viziato digitale).

Le guide. Sulle guide dei vini mantengo un giudizio simile a quello che dò per le riviste specializzate, in particolare riferendomi al numero di lettori. Quante divisioni ha il Papa? parafrasando la domanda di Stalin, viene da chiedersi quanti siano i lettori delle guide. Per i creatori delle guide restano sempre moltissimi, ma il dato è nebuloso. Volendo applicarmi nel sempre difficile esercizio di misurare il mondo dal mio orticello, ed essendo un commerciante, so solo che, nel corso dell’ultimo decennio, il premio della guida non costituisce più un acceleratore delle vendite come un tempo. Le aziende peraltro amano bullarsi di ogni tipo di premio, anche quello più buffo, quindi il cortocircuito pare perfetto: le guide hanno valore per chi produce vino, più che per chi compra vino. Quanto alla diffusione, Bibenda andava orgogliosa del gran numero di copie. Dopo i recenti fatti romani mi chiedo come si sentano i pentagrappolati. E direi che non serve aggiungere altro.

Le reti sociali. Facebook e Twitter, essenzialmente, ma i socialcosi sono molti. Pure troppi: questo è il problema maggiore. Il tempo è limitato, quindi io ho ristretto l’attenzione ai primi due. Frequento Linkedin per avere, ogni volta, la risposta alla domanda “ma perché mi sono iscritto a Linkedin?” ancora senza successo. Google Plus non lo reggo. Su Facebook e Twitter però l’enomondo ha una presenza formidabile e furiosa, e al momento rappresentano due degli ambiti migliori in cui avere news. Assieme ai blog, sono i luoghi in cui ho visto, con grande piacere, l’arrivo di molti elementi autorevoli prima legati solo alla stampa o ad altri conventi di clausura. Questo afflusso di voci nuove ed importanti aumenta a dismisura la mia possibilità di accedere a notizie e dati, e ovviamente il giudizio è tra il positivo e l’entusiasta. Esistono poi reti sociali specifiche sul vino, e la prima tra tutti è certamente Vinix che si è dato anche una struttura parallela per la vendita. Pure qui il giudizio è positivo, al netto dell’ineluttabile bruttezza di quel colore verde rana che domina il layout di Vinix (ma già lo dissi al suo creatore).

I libri. Detta così fa un po’ sorridere, ma ecco, il report di Tom Wark lascia fuori questa voce. Ho un po’ di difficoltà ad elencare tutti gli autori possibili visto che in gran parte sono miei amici, e del resto volentieri sono già recensiti qui su Intravino, ma l’elenco di quelli per me significativi va dall’intero team di Servabo, a personaggi come Fabrizio Gallino, Pietro Stara (e tutti gli altri che lascio fuori, scusate).

Arrivati fin qua? Caspita, vi stimo. Volendo tentare un po’ di conclusioni, lo stato dei media che parlano di vino nel 2013 (e verosimilmente nel 2014) è piacevolmente vario, e abbondante sul piano della quantità. La qualità va ricercata a misura del gusto di ognuno, facendo attenzione al magma internettiano che, date le caratteristiche orizzontali (non so se l’avevo ancora detto: “orizzontale”) richiede in chi legge maggiore attenzione nella verifica delle fonti. Spero che alla fine di questo lungo discorso non emerga troppo il mio essere (a volte un po’ ferocemente) net-centrico. In realtà io sono un forte estimatore delle auctoritas, e in un mondo ideale dovremmo avere una stampa specializzata seria e credibile assieme ad un “popolo del web” non troppo caciarone. La realtà è quella che è, la coperta è corta, e in rete le cose le vedo meglio, più rapide, più efficaci, più trasparenti.

 

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

8 Commenti

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Stefano Cinelli Colombini

circa 10 anni fa - Link

Si, d'accordo, tutto giusto, ma a parte l'implicito invito ad un onorevole seppuku rivolto all'intera categoria dei comunicatori del vino (che evidentemente ha fallito) non riesco a capire che idea di futuro emerge da questo ponderoso scritto. Praticamente tutto è in calo o ha poco futuro però affermare che Dio è morto, Marx è morto e anche io mi sento poco bene può essere pure una simpatica citazione di Woody Allen, ma non è una proposta.

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Gianpaolo Paglia

circa 10 anni fa - Link

Dall'idea che mi sono fatto leggendo il post di Tom Wark e ora questo di Fiorenzo, la situazione si puo' riassumere cosi: esiste una tale e tanta mole di informazione sul vino come non c'e' mai stata, ma in realta' tutta questa informazione e' per lo piu' inutile per il consumatore. Urge definizione di consumatore: la persona che acquista il vino per consumarlo, non per farne lo scopo delle serata e neanche il professionista del vino ovviamente. C'e' solo un tipo di comunicazione che e' rilevante per la maggior parte dei consumatori, ed e' quella della stampa generalista, specialmente nei paesi dove si comprano i giornali (non tanto l'Italia quindi). E quindi, per tornare alla domanda di Stefano? Quindi la comunicazione che noi facciamo non e' quasi mai rivolta ai consumatori, ma agli operatori o a qualche amatore, non piu' di un migliaio in Italia per quello che posso vedere. I consumatori? Mi sa che dovremo rassegnarci che a loro della nostra comunicazione interessa poco, hanno altro da fare.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 10 anni fa - Link

Chissà, se fosse vero che nessun altro mezzo raggiunge più che una manciata di eletti, forse il milione o due di visitatori annui di Montalcino sono la vera ragione del successo del Brunello. Magari è una cavolata, però ........... PS Gianpaolo, e se ci si mettesse a vedere come far decollare l'enoturismo a Scansano?

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gianpaolo

circa 10 anni fa - Link

cominciamo con un incontro a pranzo (o cena) e poi ne parliamo :) Auguri e ci sentiamo ad anno nuovo.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 10 anni fa - Link

Quando vuoi

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Tufoallegro

circa 10 anni fa - Link

Su scansano non saprei, ma per la zona di Pitigliano partirei dal mettere qualcuno che sappia qualcosa all'ufficio del turismo. In tre giorni le uniche dritte sensate le ho avute da un inglese a Sovana e dal sig. Ventimiglia quando sono andato a sassotondo. E dire che ci sono le vie cave, le tombe etrusche, vitozza, le terme, il ciliegiolo. Gli americani sono usciti di testa per molto meno nelle cinque terre.

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Stefano

circa 10 anni fa - Link

Caro Tufoallegro, posso sbagliare ma in questa Italia quando c'è bisogno di qualsiasi cosa abbiamo due alternative; o ce la facciamo da noi (e a spese nostre), oppure ne facciamo a meno. Pur con il massimo rispetto per gli Enti Pubblici e le Proloco, sia chiaro, spesso sono gente di buona volontà ma non hanno né avranno i mezzi per fare nulla.

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Giovanni Solaroli

circa 10 anni fa - Link

Per quanto riguarda i quotidiani andrebbe fatto un distinguo tra la notizia, tipo "scandalo,trovate tracce di albana nel brunello", il pezzo di servizio del tipo "il 2024 sarà la vendemmia del secolo" e quella che oramai hanno tutti i quotidiani, la rubrichetta su cibo e vino che spesso è un consiglio per l'acquisto della bottiglia. Quest'ultimo appuntamento fisso, che forse in Italia funziona meno che in germania,usa e g.b, da tuttavia discrete redemption. Certo non misurabili scientificamente,ma comunque palpabili attraverso le mail che i lettori inviano in redazione. E sono tante. Certo si tratta di un pubblico che non conosce nemmeno la parola enofighetto, ma che comunque è interessato al vino in quanto tale. Consumatori e lettori in crescita e molto preziosi a mio avviso.

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