Lettera ad Alessandro Di Battista. Programma di valorizzazione del vino italiano, patrimonio nazionale

di Alessandro Morichetti

Alessandro Di Battista e quelli come lui sono l’unica ragione di esistenza del Beppe Grillo politico. Da quando ho scoperto che esiste un ADB onorevole 34enne, obiettore, tanto carismatico quanto voglioso di capire, io penso che Beppe Grillo e i suoi sudori abbiano avuto un senso nella storia. Non so quale ma c’è. Riformulo: quando Grillo infila una minchiata dietro l’altra, tanto io cerco su YouTube cosa ha detto Di Battista per tirarmi sù di morale. Perché in Alessandro Di Battista vedo esaltata una piccola parte di me: furore dell’impegno, voglia di sapere e di fare, onestà intellettuale, cose così. La politica ideale, in sintesi.

Adesso però dedicate un attimo a questo signor nessuno della politica. Scremate, nell’ordine: retorica da intervista, pubblico accondiscendente, zampilli di populismo. Nel dubbio, pensate un attimo ai Gasparri, Amato, Letta, Bersani, facce note, stranote, cariatidi immortali. Un male dell’Italia, riflesso dell’italianità deteriore, galleggiamento perenne col vento a favore.

Alessandro Di Battista, due punti: “Siamo entrati qui dentro per provare democraticamente a scardinare il sistema”, “Noi non siamo contro il sistema, il sistema è contro i cittadini”, “O si è compatti contro questa vasca di squali che è il Parlamento, o non ce la si fa”, “Chi attacca le istituzioni sono coloro che non le fanno lavorare come dovrebbero lavorare”, “Abbiamo sempre pensato che parecchie persone qua dentro (in Parlamento, ndr) possono perdere l’anima, ed è vero”, C’è anche la mafia dentro, non è tutto mafia ma c’è anche la mafia dentro”, “L’istituzione, così come è congegnata, è inutile: ma sarà più importante questa lotta o la diaria?”, “Conflitto di interessi: noi la presentiamo questa legge, ma secondo voi il PD la voterà? Gli unici che possono fare una legge sul conflitto d’interessi sono coloro che non hanno interessi a non farlo”. I virgolettati sarebbero molti di più ma è in video che esce la passione autentica, qui

Attimo di pausa.

Questo post è strettamente personale e riflette il mio pensiero, Intravino si occupa di altro ma fino a un certo punto: anche la vigna è politica. Le idee espresse sopra sono discutibili e chi volesse è liberissimo di farlo, a condizione di evitare boutade, polemiche sterili e allusioni: il terreno politico è scivoloso.

Perché una lettera ad Alessandro Di Battista? Perché questo mio omonimo coetaneo ha bisogno di qualcuno che lo guidi a mangiare nei posti giusti di Roma (Roscioli, Arcangelo, Pipero, Romeo, La Gatta Mangiona… per l’Hilton c’è tempo) e l’unico modo in cui potrebbe sdebitarsi è ascoltare il nostro mini programma per l’economia del vino: traccia da sviluppare ma ottima base da cui partire. ADB, sei pronto a rischiare l’osso del collo per nobilitare il vino italiano? Vamos!

1) Promozione: occorre creare una agenzia di promozione del vino italiano che si occupi di strategia, distribuzione dei contributi e soprattutto accountability dei soldi spesi. Il patrimonio agricolo è patrimonio nazionale e come tale va valorizzato nel mondo. Do you know Sopexa? Il primo che risponde ICE venga fulminato all’istante.

2) Snellimento burocratico: occorre allentare il giogo ma anche sensibilizzare sul fatto che, ad esempio, ogni “autocertificazione” comporta un’assunzione di responsabilità e non solo uno sgravio burocratico. Cosa che i politici non dicono mai perché non è popolare. Il documento FIVI-Fino “Per un intervento di riduzione della burocrazia che grava sul vignaiolo è un’ottima base di partenza, e vai a sapere in quale cassetto potrebbero essersi perso.

3) Eliminare o riformare le commissioni di assaggio, capaci solo di bocciare un sangiovese per il colore pallido mentre ne passa uno tagliato col negramaro. Controlli fatti per via analitica, basati su numeri e non sull’opinione di gente che o non conosce o è immischiata con aziende della zona.

4) Controlli. Prima li faceva la Repressione Frodi, oggi ICQ, ma nessuno era contento perché erano vecchi, burocratici, impreparati. Oggi li fanno una miriade di diversi organismi in tutt’Italia (7?): Valoritalia, ICQ, Forestale, Carabinieri. Adesso sono costosi, una spesa assurda. Poi ci sono ancora le CCIAA, poi le province, i NAS, l’ASL, poi l’ispettorato del lavoro, i vigili urbani e mi fermo qui per la disperazione. Ritornare ad un ICQ modernizzato, meno caro, oppure istituire un agenzia unica per il controllo qualita’ del vino (l’ICQ controlla tutto l’alimentare) che funzioni sia come organo di consulenza (oggi spesso le aziende devono pagarsi dei consulenti esterni per la complessita della materia) che di sorveglianza. Che si pubblico o privato non importa, basta che sia terzo! Non dovrà avere sede nei Consorzi e non potrà essere composto da ex dipendenti dei Consorzi, come in qualche caso avviene oggi.

5) Ricerca. Occore mettere in rete tutti coloro che si occupano di ricerca nel mondo vitivinicolo, e produrre dei bandi di ricerca generati da un board scientifico e dal mondo della produzione, per orientare la ricerca nei settori che davvero servono al vino (biodinamica, vinificazioni non invasive, chiusure alternative, riscoperta e selezione varieta’ autoctone, ecc.). Ma chi ci mette i soldi? In Australia, ad esempio, c’è un meccanismo semplice: si paga un tot per ogni kg di uva e lo stato mette un tot equivalente. Aspettarsi che poi i soldi vengano spesi bene è utopia ma insomma, da qualche parte dovremo pur iniziare.

Ho messo giù 5 idee e credo, rivedibilissime ne siano rimaste fuori almeno altre cento. Meglio farle presente al più presto perché il Programma di valorizzazione del vino italiano, patrimonio nazionale non puo’ attendere oltre. E della gente che vedo in Parlameno, il Di Battista grillino mi ispira parecchio. Una bella gioventù (modalità bamboccione ON)!
Repeat: feroce moderazione dei commenti, rileggere 4 volte prima di inviare.

[Grazie per la collaborazione a: Gianpaolo Paglia e Maurizio Gily.
Immagine dal profilo Facebook di ADB. Riporto il commento senza editing, flusso di coscienza politica che mi piace: “Questa foto e’ storica, MAI nella storia della Repubblca cosi’ tanti parlamentari avevano manifestato in modo cosi’ compatto restando in aula diverse ore dopo la fine dei lavori (per l’apertura delle Commissioni ndr). Stiamo “rompendo il ghiaccio” e rompendo tanti schemi, non e’ stato facile entrare nel Palazzo, tutti nuovi, tutti inesperti…ma abbiamo gia’ colmato il gap. Stiamo presentando i primi ddl, le prime mozioni, le prime interrogazioni. Conosciamo i regolamenti molto bene, studiamo minuziosamente ogni documento e non ci facciamo infinocchiare. In aula siamo rispettosi, educati ma estremamente determinati (non come altri che sembrano un mix tra la corte di Luigi XIV e i ragazzi della Terza C). Interveniamo puntualmente senza farci minimamente intimorire da chi ha tolto il futuro al nostro Paese. Tutto questo dimostra che i cittadini sono assolutamente all’altezza di ruoli istituzionali (preparatevi, i prossimi sarete voi). Oggi, in motorino, riflettevo su una cosa: sono passate 3 settimane, soltanto 3 settimane, e abbiamo gia’ recuperato tutti quei “punti di svantaggio” che avevamo con chi a Montecitorio ci ristagna da decenni. Palla al centro adesso, si comincia a fare sul serio. A riveder le stelle!
p.s. oggi (assieme ai mie collegi di esteri) ho lavorato sodo sull’Afghanistan, ho partecipato a un convegno sulla necessita’ di costruire un nuovo “modello di difesa” (cominciando dallo STOP immediato del programma F35) e poi, al XII municpio ho risposto per ore alle domande (che belle domande!) che decine di attivisti mi hanno fatto sulla situazione politica attuale. Che energia, ce la siamo scambiata reciprocamente. Viva la rete, sul web e sulla strada!”] 
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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

21 Commenti

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Edoardo

circa 11 anni fa - Link

1) Promozione: occorre creare una agenzia di promozione del vino italiano... Che grande idea! Tante ce ne son poche di queste "agenzie" in Italia. Invece che ne dite di chiudere tutti i consorzi, agenzie e manifestazioni pagate con soldi pubblici? Abbiamo gia' chi fa promozione del vino italiano di qualita' nel mondo: Conterno, Mascarello, Montevertine....

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Alessandro Morichetti

circa 11 anni fa - Link

Ce ne vuole una che funzioni. Buono lo slogan ma non funziona così: Conterno & co. fanno alta qualità e offrono elementi per costruire il mito ma poi c'è da "battere i marciapiedi" con strategie coordinate. Noi siamo ancora all'ICE che funziona come ci racconta Gianluca Morino dalla sua prospettiva (al Prowein): http://cascinagaritina.wordpress.com/2013/04/28/ice-araba-fenice-alla-prowein/. DEPRIMENTE.

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mauro fermariello

circa 11 anni fa - Link

Non faccio per vantarmi, ma quanto a battitura di marciapiedi ho pochi rivali. Voglio la presidenza dell'agenzia!

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Pietro Stara

circa 11 anni fa - Link

Vorrei riportarvi questo breve testo del grande semiologo francese Roland Barthes del 1954: «Il vino è sentito dalla nazione francese come un bene che le è proprio, allo stesso titolo delle sue trecentosessanta specie di formaggi e della sua cultura. È una bevanda-totem, pari al latte della mucca olandese o al tè cerimonialmente sorbito dalla famiglia reale inglese. Bachelard ha già dato la psicanalisi sostanziale di questo liquido alla fine del suo saggio sulle fantasticherie della volontà, dimostrando che il vino è il succo di sole e di terra, che il suo stato base è non l’umido bensì l’asciutto, e che per questa ragione la sostanza mitica che gli è più contraria è l’acqua. A dire il vero, come ogni totem vitale, il vino sorregge una mitologia svariata che non si preoccupa delle contraddizioni. Questa sostanza galvanica è sempre considerata, per esempio, come il dissetante più efficace, o, almeno la sete funge da primo alibi alla sua consumazione (‘che sete’). Nella sua forma rossa, come vecchissima ipostasi ha il sangue, il liquido denso e vitale. È che in effetti poco importa la sua forma umorale; prima di tutto è una sostanza di conversione, capace di rovesciare situazioni e condizioni, di estrarre dagli oggetti il loro contrario; di fare, per esempio, di un debole un forte, di un silenzioso un chiacchierone; donde la sua vecchia eredità alchemica, il suo potere filosofale di trasmutazione o di creazione ex nihilo. Dato che per essenza è una funzione i cui termini possono cambiare, il vino detiene poteri in apparenza plastici: può servire da alibi tanto al sogno quanto alla realtà, dipende dagli utenti del mito. Per il lavoratore, il vino sarà qualificazione, facilità demiurgica dell’opera (‘animo all’opera’). Per l’intellettuale, avrà la funzione inversa: il ‘bicchiere di bianco’ o il beaujolais dello scrittore serviranno a tagliarlo dal mondo troppo naturale dei cocktail e delle bevande costose (le sole che lo snobismo spinga ad offrirgli; il vino lo libererà dai miti, gli toglierà parte della sua intellettualità, lo uguaglierà al proletario; tramite il vino l’intellettuale si avvicina a una virilità naturale, e in tal modo crede di sottrarsi alla maledizione che un secolo e mezzo di romanticismo continua a far pesare sulla pura cerebralità (si sa che uno dei miti propri dell’intellettuale moderno è l’ossessione di ‘essere in gamba’). Ma particolare della Francia è il fatto che il potere di conversione del vino non è mai dato apertamente come fine: altri paesi bevono per ubriacarsi, e tutti lo dicono; in Francia, l’ubriachezza è una conseguenza, mai un fine; la bevanda è sentita come un dispiegamento di un piacere, non come la causa necessaria di un effetto voluto: il vino non è soltanto un filtro, è anche atto durevole del bere: il gesto assume un valore decorativo, e il potere del vino non è mai separato dai suoi modi di esistenza (…).» http://vinoestoria.wordpress.com/2012/06/13/il-vino-e-il-latte-le-bevande-totem-di-roland-barthes/ Questo per dire che cosa: o si pensa che il vino sia una delle tante bevande, per cui lo si promuove al meglio come la “Sprite”…, oppure si pensa, in maniera non strumentale, che sia qualcosa di diverso, ovvero un prodotto culturale dotato di capacità simbolica in grado di creare delle rappresentazioni sociali e un senso comune condiviso. Per fare ciò bisogna pensare che la storia, ovvero le storie che lo accompagnano non sono degli inutili orpelli di un passato da tramutare in tradizioni tanto fittizie quanto estemporanee. Quando ce ne accorgeremo avranno già riprodotto il castello di Barolo nello Shandong.

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alessandro bocchetti

circa 11 anni fa - Link

mi piace come modo di ragionare 1) non agenzia del vino, ma del prodotto italiano. questa mania anni 90 di fare del vino un sapere tecnico e toglierlo dal suo linguaggio gastronomico è una pazzia. Il racconto dell'enogastronomia è un unicum, guarda anche la francia... 3) le commissioni d'assaggio sono una farsa, non ne capisco il senso come non capisco il senso delle millanta doc e docg? 4) a cosa servono controlli inutili per una merce? il controllo lo fa il mercato e mettere gli ingredienti in etichetta come tutti i prodotti alimentari, mica sarebbe male... ;) ciao A

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Stefano Cinelli Colombini

circa 11 anni fa - Link

Si può essere provocatori? 1) Promozione – vista la più che dimostrata impossibilità di far funzionare in Italia un ente pubblico di questo tipo, ci darei proprio un taglio radicale; destinerei il 100% delle risorse disponibili ai privati cofinanziando al 50% a fondo perduto le loro iniziative di promozione aziendale all’estero. No Regioni, no Provincie, no Consorzi né APT o simili, grazie abbiamo già dato. 2) Snellimento burocratico – bello in teoria, ma ci rendiamo conto o no che siamo un paese di furbi? Con il sangiovese IGT a € 80 all’Hl ed il Brunello a € 800, mi spieghi tu come blocco i furbi che si autocertificano? Se analiticamente il vino è corretto ed è abbastanza buono e tipico (bastano pochi soldi!) riduce di molto il rischio di contestazioni per cui di controlli incidentali, e già con il primo colpo hanno guadagnato un sacco; poi si vedrà. Moltiplica questo giochino su scala nazionale, e i furbi diventano così tanti da essere incontrollabili. Oggi un qualche controllo c’è e la moltiplicazione dei pani e dei pesci è abbastanza sotto controllo, meglio perdere qualche ora sulle odiate scartoffie che dover lottare sui mercati con miliardi di bottiglie false. 3) Abolire le commissioni di assaggio – ma siete matti? Come la controlli per via analitica la tipicità? La tipicità è il futuro. Eliminare le commissioni di assaggio è come spararsi sui piedi, casomai vanno riformate scegliendo bene gli assaggiatori e non andando a sorteggio su un albo pachidermico in cui entra chiunque. 4) Controlli – ma che dite? Ieri, oggi e presumibilmente domani li fa la stessa esatta miriade di Enti, nulla è cambiato. Solo il nome Repressione Frodi che è diventato ICQ. Certo, sarebbe bello un Ente unico, ma siamo in Italia; meglio più Enti, con uno solo si crea un centro di potere enorme e Dio solo sa che può capitare. 5) Ricerca – qui siamo d’accordo.

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gianpaolo

circa 11 anni fa - Link

6) "siamo in Italia, quindi non si puo' fare nulla di quello che fanno nelle altre nazioni piu' organizzate": ecco, proviamo prima a cambiare questo atteggiamento, che sarebbe un po come dire "il parlamemto non funziona, aboliamolo".

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Stefano Cinelli Colombini

circa 11 anni fa - Link

Scusa Gianpaolo, ma se non si considera il luogo dove si opera si fa solo accademia. Cosa piacevole, ma inutile. La mia proposta al punto uno non è per niente utopica, e potrebbe funzionare pure meglio di quello che fanno i mitici "paesi più organizzati".

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gianpaolo

circa 11 anni fa - Link

permettimi di essere in disaccordo. Questo paese e' malato di "italite", non si puo' fare nulla perche' "siamo in Italia". Io credo che l'Italia possa, anzi sia costretta a cambiare. Nel nostro ristretto microcosmo del vino un cambiamento e' anche quello di una promozione del vino non schizofrenica, contradittoria e inefficace ed in grado di fare massa critica. Certo, ci sono territori, pochissimi e Montalcino e' uno di essi, che hanno la forza e l'immagine sufficente per operare in autonomia, ma il 95% del vino italiano ha bisogno di trovare posto dentro un contenitore forte, coerente, autorevole, che si chiami "vino italiano" , o altro simile se non piace il nome. Rassegnarsi e dire, non funzionera' mai, siamo italiani a me sembra inaccettabile. I motivo del non funzionamento si sanno, non sono motivi genetici, ma hanno nomi e cognomi: a) creazione di enti che non rispondono a logiche promozionali ma politiche, sedie per qualche trombato, creazione di consenso mediante spesa pubblica b) personale cooptato da quelli di cui al punto a, persone improvvisate c) mancanza di strategia del lungo periodo d) mancanza di accountability, ovvero il metodo con il quale si misurano i risultati dei soldi spesi, se hai prodotto risultati rimani, se no vai a casa. Siamo in un mondo globale, si fa un bando internazionale di 20 milioni di euro per la promozione del vino italiano nel mondo per 5 anni (che e' una frazione di quello che si spende oggi tra province, comuni, regioni, ecc) alla quale partecipano agenzie italiane, americane, tedesche, non mi importa chi, basta che siano gente coi controc.... Una quota parte si destina alle aziende o alle associazioni di aziende virtuose, che possono dimostrare di averli spesi bene, il che per es. non vuol dire produrre il libricino del vino ai tempi dei fenici, tradotto dal cugino dell'assessore, per il quale si buttano via € 30.000. Non si puo' fare perche' siamo italiani? Io dico che non e' vero, la gente cambia, le generazioni cambiano, il mondo cambia, anche noi si deve cambiare.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 11 anni fa - Link

Non ho detto che non si deve fare nulla perché siamo italiani, ho detto che per ottenere risultati si deve tenere conto del fatto che siamo in Italia per cui certe cose funzionano benissimo e altre non funzionano affatto. Per cui usiamo a più non posso quelle che funzionano, e basta. Se siamo la nazione leader della vendita di vino nel mondo sia come volumi che come fatturato, e lo siamo, è grazie alla bravura delle nostre migliaia di persone che da una vita vanno a loro spese a giro per i mercati ad aprire le strade per la vendita; questo funziona benissimo, investiamo li invece che in ipotetici enti. Togliamo ogni investimento per l'immagine a Regioni e Enti vari e usiamo questi soldi per un mega programma tipo OCM vino per chi esporta, e vedrai come crescono le vendite se rimorsiamo a chi va in giro a vendere materialmente le bottiglie la metà dei biglietti aerei, delle campionature e delle manifestazioni all'estero. Altro che libro sul vino dei fenici, questa è roba terra terra ma che funzionerebbe meglio di ogni Sopexa. Noi italiani siamo individualisti, è un reato? Secondo me se lo sfruttiamo bene può essere anche un pregio.

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Luka B.

circa 11 anni fa - Link

Io son d'accordo con il sig. Colombini. Bravo.

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Vittorio Merlo

circa 11 anni fa - Link

Sulla ricerca siamo proprio sicuri che non funziona? Siamo proprio sicuri che i ricercatori non siano già in contatto? La mia idea è questa: molti produttori, non tutti ovviamente, hanno una concezione statalista della ricerca. Lo Stato/Università deve per forza fare ricerca su cosa mi interessa, ergo lo Stato dovrebbe tassare le uve per raccogliere fondi necessari (tanto le tasse sono già basse..). Secondo me è un meccanismo sbagliato. A te produttore interessa un argomento? Bene vai dall'università di turno, chiedi una sperimentazione e la finanzi di tasca tua. Sei troppo piccolo per farlo? Nessun problema, ti consorzi con altre aziende che hanno i tuoi stessi interessi.(vedi Consorzio del Brunello per la questione del Sangiovese) Questo per me serve alla ricerca, e fidatevi cantine/aziende che si muovono in questa direzione già esistono. E con i soldi che arrivano dalle aziende private i ricercatori/professori possono anche finanziarsi la ricerca di base, che non dimentichiamoci è anch'essa molto importante.

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gianpaolo

circa 11 anni fa - Link

mettere in rete i ricercatori e farli competere (anche a livello internazionale) su grandi progetti. Piccole ricerche limitate a casi specifici posso avere un interesse particolare ma quasi mai producono avanzamento e si disseminano altrove. La ricerca per avere effetti deve essere anche comunicata, divulgata, altrimenti se rimane fino a se stessa, come avviene oggi, non serve. Tipico l'atteggiamento italiano, che vede la ricerca come una tassa e non come un investimento, con i risultati che fanno di noi un paese arretrato dal punto di vista tecnologico, informatico, ecc., tranne casi sporadici. Ma i ricercatori bravi ci sono, alcuni bravissimi, ma devono anche loro seguire il denaro, perche' senza denaro non c'e' ricerca (ed ecco perche' fuggono). Chi decide quali ricerche fare? Chi mette i soldi, e se i soldi li mettono i viticoltori e i produttori di vino decidono loro, affiancati da esperti. Il modello funziona, basta vedere l' AWRI (australian wine research istitute) e la sua produzione di ricerca e di affiacamento alla produzione del vino. A noi non mancano le persone brillanti, ci manca il sistema che li faccia funzionare con metodo e profitto.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 11 anni fa - Link

Confermo che il modello della ricerca in collaborazione azienda/Università in Italia c'è e funziona, io ad esempio nell'ultimo periodo ne ho fatte con Pisa e Bologna come azienda e S.Michele all'Adige come Consorzio. In passato ho fatto ricerche anche con Firenze e Asti. E i risultati sono disponibili e condivisi. Tra i miei vicini so che Biondi Santi collabora molto con Bologna, Col d'Orcia con Firenze e Banfi con Milano. Le Università fanno volentieri ricerca con le aziende, e costa pure poco. Peccato che la maggior parte dei viticoltori non lo sa e non ne fruisce.

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gianpaolo

circa 11 anni fa - Link

le ricerche fatte dalle aziende singole possono essere interessanti per le aziende singole, gli altri cosa fanno, prendono e ti mandano una email per sapere cosa hai fatto? Mi sembra che i modelli che funzionanon sono altri, e non mancano anche in Italia. Ma quanti sanno che, per es. in Italia ci sono stati ben due progetti di sequenziamento del DNA della vite, in concorrenza l'uno con l'altro? E quanti sono al corrente delle ricadute possibili di questi progetti, che oggi sono sopratutto al servizio, giustamente, delle realta' spesso regionali che li hanno promossi e finanziati? I progetti di ricerca sono tutti oramai a livello internazionale, coinvolgere almeno due o tre stati europei e' la dimensione minima per ottenere i finanziamenti, e noi si guarda alla ricerca come il progetto dell'azienda tale con l'universita' tal altra, mah.

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giulo

circa 11 anni fa - Link

Sulla ricerca qualche anno fa la SIVE aveva provato a fare da catalizzatore/coordinatore, ma con scarsissimi risultati... L'obiettivo era trovare almeno una decina di cantine disposte ad investire 3.500 cadauna su un progetto di ricerca specifico, alla fine non se n'è fatto nulla... chi avesse voglia di documentarsi in merito può dare un'occhiata qui: http://www.vinidea.it/default.asp?scheda=1707&provenienza=3

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gianmarco

circa 11 anni fa - Link

democrazia dal basso, come no? quello del m5s è un bluff, sostituire la politica con la logica della setta mi pare un netto regresso civile Commento al limite del tollerabile come detto in precedenza. Ho scritto ad un politico che è persona rispettabilissima, quindi la parola bluff qui è fuori luogo. [ale]

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Vittorio Merlo

circa 11 anni fa - Link

a mio parere M5S e bluff vanno molto d'accordo...si tratta di un movimento che uccide la libera azione personale...o sei in accordo con loro o ti sbattono fuori...bella democrazia..

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Paolo Cianferoni

circa 11 anni fa - Link

Piccolo suggerimento fattibile (punto 4 burocrazia): In caso di controllo e infrazione, abolire il regime sanzionatorio, per una assistenza e una guida istituzionale per la risoluzione dell'infrazione. Questo sarebbe uno strumento molto utile per eliminare la spada di damocle delle troppe regole e leggi che sopratutto i piccoli produttori subiscono, a volte per semplice ignoranza, a volte per mancanza di risorse, ma che penalizzano fortemente moralmente ed economicamente.

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Vignaioli Indipendenti FIVI

circa 11 anni fa - Link

Il dossier Burocrazia elaborato da FIVI con la consulenza di Michele Fino (UNISG) è stato consegnato alla Commissione Agricoltura del Ministero delle Politiche Agricole, che lo sta esaminando. Inoltre, dopo essere stato presentato anche alla Commissione Agricoltura UE ha avuto grande diffusione fra le istituzioni vitivinicole di numerosi stati membri, che lo hanno adottato come base per operare modifiche alle loro legislazioni sulla via della semplificazione. Per chi volesse approfondire, a questo link trovate il documento in versione abstract e completa http://www.fivi.it/2012/dossier-burocrazia/

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walter

circa 11 anni fa - Link

e' l'ice che ti fulmina se citi il loro potere intrase'.w

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