L’esperienza di un oste coi vini naturali vale più delle profezie di tanti esperti

L’esperienza di un oste coi vini naturali vale più delle profezie di tanti esperti

di Fabrizio Pagliardi

La riflessione nasce a commento di un post su Facebook di Francesco Annibali: “Non ti vuoi non dico affidare, ma nemmeno confrontare con un enologo? Mi sta bene. Purché frequenti un corso di degustazione professionale per imparare a tracciare chiaramente la linea di demarcazione tra carattere e difetto.
[riflessioni dopo aver assaggiato ieri un bianco ‪#‎nzacconaturale‬ che al naso sapeva di colla in stick, e al palato di quei sottaceti che usa Mcdonald negli hamburger]”

Sono mesi che cerco di comunicare la mia esperienza personale di oste con i vini naturali. Soprattutto quando si parla di volatile vedo il cliente medio e non particolarmente formato apprezzare vini con volatili superiori a quella che io sopporto e considero difetto. Se il cliente medio è giovane ancora di più. La stragrande maggioranza dei giovani che si stanno avvicinando al vino e vengono curiosi sono quelli che io chiamo “nativi naturali”, cioè cresciuti come appassionati in un mondo con volatili al limite e riduzioni permanenti. Ogni discussione e confronto è difficilissimo soprattutto con questi ultimi. Mi rendo spesso conto che ho una formazione e un linguaggio poco adatto al dialogo con loro, tendono a considerarmi e farmi sentire appartenente al passato del mondo del vino, o comunque a un mondo del vino diverso dal loro.

Anche quelli che tra questi “ragazzini del vino” hanno una formazione più ampia, articolata e trasversale fanno una netta distinzione tra grande vino da esperienza e vino più quotidiano, richiedendo come caratteristica primaria per questa seconda categoria la bevibilità e il carattere al limite del caratteristico, a volte accettando anche il caricaturale come esperienza comunque simpatica e interessante.

Ho un forte interesse personale come curioso e professionale come venditore di vino per questo fenomeno. Ho la sensazione che qualsiasi strada per riavvicinare i giovani al mondo del vino passi per i vini naturali e sento miei colleghi anche con una idea di vino molto più convenzionale della mia farsi le stesse domande.

[Foto: Elisabetta Tranchina. Sulla definizione di “nativi naturali” rimandiamo, come sempre, alla lettura di questo post]

23 Commenti

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Nelle Nuvole

circa 8 anni fa - Link

Tutto ciò è interessantissimo, proprio perché per la mia esperienza vale esattamente il contrario. Io mi muovo in mondo vinoso spesso poco aggiornato riguardo al vino italiano e al vino "spontaneo", a volte cerco di scegliere e consigliare qualche vino più avventuroso nel gusto, ma la reazione è di cortese interesse e basta. Faccio presente che la maggior parte dei miei compagni di pasto e di assaggio sono più giovani di me, anche molto più giovani. Può essere che i gggiovani futuri enoappassionati siano passati attraverso i sentori birrosi o sapori mediamente "fàmolo strano" della maggior parte degli alimenti moderni quotidiani. Voglio dire, può essere che la propensione a capire e sentirsi più vicini a certi aspetti anche estremi del vino spontaneo sia dovuta all'allenamento palatale contemporaneo. Oltre che al pregiudizio giovanile che tutto quello che si presenta controcorrente, trasgressivo e anche vagamente perseguitato sia sempre e comunque migliore. Sono quindi curiosa di leggere commenti che seguiranno, sperando di essere contraddetta.

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Manuel

circa 8 anni fa - Link

Riflessioni interessantissime. Volendo fare un parallelismo, mi rifaccio alle valutazioni di apprendimento cognitivo dei nativi digitali ( vs noi vetusti analogici). In effetti, confrontandomi con miei amici, tendo a rilevare un sovrappeso nella valorizzazione di intensità espressive, che io trovo invece sovrabbondanti e limitanti l'esperienza degustativa. Lo stesso approccio al bicchiere lascia meno spazio alla contemplazione dell'evoluzione; confermo inoltre questo feeling particolare con la riduzione perenne che da parte mia reputo al limite dell'odioso. Ma quello che meno mi convince è il ribaltamento del concetto di franchezza da parte dei nativi naturali, che seppur più bibliografico che oggettivo, mi ha sempre fatto da faro nei confronti della valutazione qualitativa di alcuni vini. Da qui una tendenza morbosa al differenziarsi, al contrasto spesso non armonico delle sensazioni e alla ricerca di un bollino distintivo a prescindere dal risultato finale e, soprattutto, dall'evoluzione del prodotto nel tempo. Rimane comunque interessante il confronto generazionale..anche se a volte mi pare di essere strano...molto strano..pure troppo. Mi rimane invece un grande interrogativo: non è forse questa velocità nel farsi comprendere, queste intensità che spesso aprono le narici più che accarezzarle, questa facilità nel farsi bere e, soprattutto, ribere a decretarne l'essere comunque interessanti... e quanto tutto ciò ne decreterà una fine rapida nella noia generale di coloro che cercheranno qualcosa di ancora più veloce e pronto?

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Fabioz

circa 8 anni fa - Link

Ovviamente la risposta del "mercato" è stratificata. Quindi le esperienze di Fabrizio e Nelle non sono in contrasto. Ogni prodotto - vino o altro - evoca qualcosa nella mente di chi ne fruisce: riconoscere quella "evocazione" equivale a sentirsi parte di un gruppo. Senso di appartenenza : io sono figo perché mi piacciono i vini strani che piacciono ad altri fighi come me, io sono raffinato perché bevo solo Champagne e Borgogna come la contessa Rubaccelli Fontanoni Blanc. E via di seguito. E mi va bene così. Fra l'altro questi segmenti di mercato non sono a compartimenti stagni, c'è un flusso costante dall'uno all'altro. Fra l'altro, come ogni bevitore anziano sa, ognuno di noi nel corso della propria vita naviga da un mare all'altro, da un porto a un altro, per poi finalmente approdare in un luogo fatto di immagini, evocazioni, grammatica e sintassi che gli garba abbastanza e che non ha più voglia di abbandonare; e dal quale guardare con soddisfazione alle tempeste che di tanto in tanto scoppiano e che hanno sempre la stessa dinamica. Osservarle compiaciuto e berci sù.

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Mauro

circa 8 anni fa - Link

Spero la volatile sia almeno sotto i limiti legali.

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Jovica Todorovic

circa 8 anni fa - Link

Io credo, anzi ne sono certo, che i ragazzi delle riduzioni permanenti siano dearroma perché quelli dealazio so irriducibili. Comunque il segno dei tempi è meraviglioso se ci impari a convivere dalla rivoluzione permanente alla riduzione permanente il passo è stato brevissimo!

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Francesco Garzon

circa 8 anni fa - Link

Dalla mia esperienza di ragazzino del vino (sebbene quarantenne): ritengo al di la di tutto che i vini "naturali" sono degli esuli nel mondo del vino sono senza un loro spazio, non trovato e non permesso, e questo li rende sicuramente affascinanti generando una sequela di Don Chisciotte. Mi capita più oggi, che qualche anno fa, di incontrare degustatori, anzi diciamo pure sommelier (sigh), e nemmeno alle prime armi, folgorati sulla via di Damasco dei vini naturali. E sentendoli ci si rendo conto che stanno vivendo un momento di (felice) parzialità. Con un po di distacco ci si accorge subito che ci sono due estremi un vino che è solo figlio della tecnologia vitivinicola ed uno appunto in riduzione perenne. Alcune persone sono schiacciate verso un estremo altre verso l'altro. ...poi la butto là DRC e Leroy cosa sono???

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vinogodi

circa 8 anni fa - Link

...se miliardi di mosche .... PS: l'estetica del gusto è un valore che ci appartiene e che dobbiamo tenercelo caro, senza scadere in compromessi legati a tendenze o moda. Altrimenti perderemmo la Nostra identità , che è legata ad un savoir vivre (e discriminanti del gusto) che il mondo ci invidia. Né scadere nel preconcetto che "sano" equivalga a "compromesso qualitativo" nascondendo incapacità personali o tecniche. Che i giovani d'oggi tollerino gravi difetti sensoriali causa diseducazione al gusto oppure ad abitudini sbagliate , non ci deve fare indugiare su concetti sbagliati in partenza, perché se tantissimi ragazzi frequentano MCDonald's , non per questo è il fast food a dover indirizzare le nostre scelte alimentari edonistiche. Se il vino "naturale" , più difficile tecnicamente da produrre, ha difetti, i difetti non devono essere sdoganati a cuor leggero, ma che la tecnica e conoscenza migliori per farne un grande vino . E' possibile, abbiamo gli esempi "viventi" che si può. Perseguiamo questa strada e , anzi, educhiamo i giovani ad essere più esigenti, non che si accontentino della mediocrità e dei difetti come corredo inevitabile ...

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Jovica Todorovic (Teo)

circa 8 anni fa - Link

Il naturale è una proposta di valore Il biologico è una proposta di valore Con barrique è una proposta di valore Senza barrique è una proposta di valore Lieviti Selezionati è una proposta di valore Lieviti Indigeni è una proposta di valore grande brand è una proposta di valore indie è una proposta di valore bono è opinabile... Per chi? cattivo è opinabile... Per chi? il mondo è fatto di si no e noi cerchiamo di arabbatarci tra un forse e l'altro. Stiamo solo invecchiando.

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francesco vettori

circa 8 anni fa - Link

“Non ti vuoi non dico affidare, ma nemmeno confrontare con un enologo? Mi sta bene. Purché frequenti un corso di degustazione professionale per imparare a tracciare chiaramente la linea di demarcazione tra carattere e difetto." “Non ti vuoi non dico affidare, ma nemmeno confrontare con un AMANTE DEI VINI NATURALI? Mi sta bene. Purché frequenti un corso di degustazione A P...HOS, PER ESEMPIO ma ci sono altri gruppi che vanno ugualmente bene, per imparare a tracciare chiaramente la linea di demarcazione tra carattere e difetto." saluti e buona giornata

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Alessandro Morichetti

circa 8 anni fa - Link

Io penso che questa linea di demarcazione netta tra carattere e difetto forse non esista. Aiuta conoscere entrambi al massimo grado - e ci sono - ma spesso nelle bottiglie siamo alle sfumature interpretabili, e sta benissimo così.

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francesco vettori

circa 8 anni fa - Link

Ma infatti, anche la definizione di vino "naturale" è tutta fantasiosa, almeno quanto l'idea di "natura". Come fosse data, accettata e immutabile. L'intervento è interessante perché pone alcune questioni e mette molto bene in chiaro dei comuni pre-giudizi. Che non hanno nulla di male, purché ne siamo consapevoli. Io, personalmente, trovo che un vino quotidiano "buono" e "bevibile" fosse dato per scontato prima dell'avvento, anche e soprattutto, delle scuole enologiche che, con tutti i distinguo possibili, pompano invece per il grande vino, che costa tanto. E trovo anche, per esempio, che la mutabilità, nel bicchiere, del vino sia una prerogativa della sua qualità. Questa mutabilità fa a pugni con la convenzione, con la standardizzazione, con il vino controllato, anche a ragion veduta, dall'enologo. Trovo infine che ben più delle sue qualità, per citare sempre il solito Veronelli, di un vino mi interessa l'affezione che suscita. Quindi abbia pure dei difetti ma mi coinvolga, mi entusiasmi, e va benissimo così. E qui sta il vero discrimine fra quotidiano e festivo, fra bevibile e oltre.

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Alessandro Morichetti

circa 8 anni fa - Link

A me invece la citazione veronelliana convince fino a un certo punto: c'è artigianato buono e meno buono, c'è industria buona e meno buona. Dividere in due conforta ma aiuta poco a capire, temo. Le scuole enologiche esistono dall'Ottocento, circa 100 anni prima che arrivasse il concetto di grande vino. Questa idea che andare a imparare come si fa un vino, capirne la chimica e la microbiologia, la geologia e quant'altro sia necessariamente una strada senza sbocco mi sembra fuorviante, errata. Detta per immagini, pensare che poesia e scienza nel vino siano in antitesi è un errore: trovo invece molto credibile che conoscere la scienza aiuti a sviluppare la poesia.

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francesco vettori

circa 8 anni fa - Link

Certo che son d'accordo. In fatto di vino, però, secondo me, l'industria ha stravinto. Scienza e poesia, vino convenzionale e vino naturale non hanno ragione di essere divise. Quel che si è perso - e lo scriveva Camporesi all'indomani dello scandalo etanolo e per sostenere, a suo modo, l'igiene del vino INDUSTRIALE - è il sapere che nasce in campagna e che vive al di fuori della scuola, della scienza, dell'istituzione, con altre logiche e tradizioni. Certo non tutte condivisibili. Ma che oggi sono in via di sparizione o già sparite.

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Francesco Annibali

circa 8 anni fa - Link

Francesco, ma guarda che io infatti da anni attraverso Doctorwine sto tenendo un piede su una barca, un altro su un'altra. Il rischio di calcio sui coglioni è altissimo, ma la prospettiva è unica.

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Fabrizio Pagliardi

circa 8 anni fa - Link

vinogodi hai fatto al contrario un discorso che mi è stato fatto la scorsa settimana da un convinto sostenitore dei vini naturali. Con tanto di identici esempi. :-) le mosche e il Mac. Tutto condivisibile con una precisazione. Noi consideriamo un difetto non grave ad esempio la presenza di un po' di legno idi troppi , noi vediamo uno stile di vinificazione la dove c'è un eccesso di intervento nel vino che porta a vini evidentemente costruiti. Questi da otto Pinto di vista sono letti come difetti gravi. Ma a parte questo bisogna considerare che il loro spazio i vini naturali lo hanno trovato in una fascia di prezzo non alta dove spesso il convenzionale ha fatto carne di porco portando all'appiattimento e a risultati troppo spesso anonimi, per una probabile scelta di concentrarsi di più su vini di altra fascia più Premiabile e spendibile .

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vinogodi

circa 8 anni fa - Link

...Fabrizio, io sono notoriamente contro i "vini naturali" in termini di mera classificazione o falso ideologico in atto. Di contro , sono favorevole, addirittura ergendomi a elemento di resistenza talebana, ad un'agricoltura sostenibile e rispettosa del territorio , che si riflette sulla salute ambientale e della fauna e flora presente ... con poche concessioni alla salvaguardia degli interessi d'impresa e senza mai sfociare nel sistematico insulto all'intelligenza di chi opera nel settore agricolo né in quella del consumatore alla mercè di una comunicazione il più delle volte mistificante e addirittura in controtendenza ad una legislazione, per fortuna , sempre più orientata alla tutela della trasparenza e dell'utilizzo consapevole ...

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Francesco Garzon

circa 8 anni fa - Link

Il fatto che i vini naturali hanno dei sostenitori e hanno bisogno di sostenitori è sintomatico della situazione in cui si trovano e trovo che sia già un primo aspetto della questione. Non si troverà tanto facilmente un sostenitore dei vini convenzionali fanno parte dell'estabilshment. Lo scontro tra i naturali e i convenzionali, generalmente si svolge sempre sul piano della correttezza tecnica e tipicità del vino. Non credo che questo sia esaustivo sicuramente c'è dell'altro. Un vino è soltanto tecnica o è anche tecnica? Tanti vini convenzionali sono soltanto tecnica.

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Angelo Cantù

circa 8 anni fa - Link

Hai detto molto bene: troppi vini "convenzionali" sono solo tecnica e questo ha portato ad una omologazione inevitabilmente tediosa per l'appassionato. Dalla parte dei vini naturali troppo spesso si trova l' omologazione del difetto, quegli insopportabili sentori ridotti. La strada vincente, e grazie a Dio gli esempi non mancano, è quella del vino prodotto con quel minimo necessario di intervento tecnologico atto a prevenirne i difetti senza appiattirlo su una scolastica ed anonima piacevolezza.

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Jovica Todorovic (Teo)

circa 8 anni fa - Link

Purtroppo classifichiamo per comprendere, incasselliamo per classificare è il nostro processo di apprendimento. Abbiamo bisogno di riferimenti. Il messaggio naturale è forte ed è chiaro, non necassariamente nei suoi contenuti, ma nel immediatezza della parola. Il tema della correttezza organolettica viene dopo. Ricordiamoci che parlando di vino la nostra storia è fatta di roba per lo più imbevibile. Ancor oggi la fetta del "di qualità" in cui c'è di tutto rppresenta il 3-3.5%. Il mondo continua a bere porcherie.

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Massimiliano Montes

circa 8 anni fa - Link

"Sarà che io adoro i vini complicati ma trovo, nel concetto di precisione enologica richiesto dal concorso quale pre-requisito necessario, un’eccessiva semplificazione. La precisione enologica rischi di abbattere la personalità di un vino; alcuni vini eccellenti assaggiati negli ultimi mesi avevano volatili quanto meno avvertibili. Ricordo volentieri il Barolo di Giuseppe Rinaldi Brunate 2010, il Brunello di Montalcino Poggio di Sotto 2009, il Campi Flegrei Piedirosso Contrada Salandra 2010 e il Siccagno 2010 di Arianna Occhipinti. Vini di grande personalità e spiccato afflato territoriale, nonostante, o forse in virtù, di una volatile pronunciata." Fabio Pracchia, Slowine http://www.slowfood.it/slowine/volatili/ Aggiungerei anche molti grandi vini di Borgogna (Leroy in testa) e Jura. Di contro tra i vini da supermercato che noi di gustodivino abbiamo sottoposto a degustazione nessuno presentava volatili o ossidazioni percepibili. Erano perfetti. Anche quelli da 1 euro.

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amedeo

circa 8 anni fa - Link

"Cosa può essere definito difetto? Fino a che punto quel difetto può rendere maggiormente complesso un vino o piuttosto rovinarlo? La risposta che mi sono dato è che un difetto è tale quando appiattisce un vino e lo omologa. Ad esempio: una volatile troppo alta, fuori dai limiti imposti dalla legge, è molto avvertibile e quindi diventa predominante, rispetto a tutte le altre caratteristiche di quel vino, pertanto l'etichetta in questione può essere stata prodotta con nebbiolo o nero d'avola e la cosa sarebbe ininfluente. Stessa cosa per il brett, se questo è predominante allora le differenze territoriali sono ininfluenti." Giancarlo Gariglio, commento allo stesso articolo. Ecco, questo mi convince molto di più.

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Massimiliano Montes

circa 8 anni fa - Link

É quasi lo stesso. Anzi forse più estremo. Piccolo corollario, i vini naturali non sono vini a buon mercato, come dice il buon Fabrizio. Per modalità intrinsche di elaborazione (agricoltura biodinamica o biologica, raccolta manuale, gestione di cantina a volte complessa per la scelta di non correggere il mosto-vino con additivi varî) sono comunque più costosi dei prodotti industriali. Con vette di fascia alta: Mascarello o Rinaldi, premiati tra i migliori vini rossi italiani, sono bottiglie da 80-90 euro. Non parliamo poi di Leroy...

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Fabrizio Pagliardi

circa 8 anni fa - Link

Eccezioni, la stragrande maggioranza è nella fascia 18/40. E in ogni caro se si varca il confine verso la Francia ii vini naturali sono spesso nella fascia angora più bassa del 9/15

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