L’alcol test ai maestri di scuola. Ora, però, facciamolo anche ai legislatori

L’alcol test ai maestri di scuola. Ora, però, facciamolo anche ai legislatori

di Pietro Stara

Cosimo Scarinzi è un amico da quel dì. Filosofo di spessore e di circonferenza è abituato a dare del ‘lei’ tanto ad Hegel quanto a Kierkegaard. Il ‘voi’ lo riserva quasi esclusivamente a Bakunin. In segno di rispetto. Lo stesso rispetto che chiedeva ai suoi studenti quando lo incontravano durante le manifestazioni vocianti e itineranti per il centro di Torino: il ‘tu’ amicale veniva solennemente bandito e fermamente redarguito.

Oramai Cosimo fa il sindacalista di base a tempo pieno nella CUB. So per certo che avrebbe voluto concludere la sua carriera assaltando qualche palazzo del potere; o affrontando a petto nudo battaglioni di cosacchi a cavallo; oppure, ancora, comiziando amabilmente da qualche palco di fronte ad alcune centinaia di migliaia di persone in estasi postprandiale. Sicuramente non avrebbe voluto occuparsi di minchionerie, come gli tocca fare ora.

Ho cercato un sinonimo di minchionerie, più abbordabile, più mansueto, più politicamente corretto, ma me ne uscivano di peggio.

Sì perché quando leggi che gli insegnanti del Convitto Umberto I di Torino, dopo che erano già stati toccati dal provvedimento il Liceo Statale “Regina Margherita” e il liceo paritario “Giusti”, dovranno sottoporsi all’alcol test previsto da un accordo Stato-Regioni prima e da una delibera regionale del Governo Chiamparino poi, fai fatica ad eufemizzare tanto per eufemizzare. Dai 22 ai 150 euro a testa il costo complessivo dell’operazione, a seconda del kit socio-sanitario predisposto per l’operazione (palloncino compreso). E questo senza contare il dispendio di energie pubbliche per impiegare sommi professionisti in tale operazione: proprio nel momento in cui non ci sono soldi nemmeno per la carta igienica!

La legge prevede, al comma sei, che accanto a ‘tassisti’, ‘personale marittimo’, ‘piloti d’aeromobile’, ‘responsabili della produzione di esplosivi’ e ‘tecnici di manutenzione degli impianti nucleari’, ci sia ‘l’attività di insegnamento nelle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado’. Andranno ad estrazione della prima tornata di insegnati da ispezionare: quelli claudicanti, barcollanti e che sparano vaccate a profusione e barzellette oscene sono a rischio. Secondo me pure quelli che postano su facebook, (come Cosimo) ciò che mangiano dal mattino presto alla sera, comprensivo della merendina mattutina, del tè delle cinque, del cicchetto prima di cena, del cicchetto dopo cena, della tisana corretta rum della buona notte, della golata alla cieca di bottiglia estratta a caso dal frigo durante la notte…

C’è da dire, a onor del vero, che sono stati avvistati, da alcune guardie forestali zelanti, sopratutto nelle zone del Piemonte montano (e occitano in particolare), degli insegnanti che portavano al collo la borraccia piena di acquavite sottratta impunemente ad alcuni cani San Bernardo scritturati per un remake di Heidi. Lo stesso dicasi per altri tutori dell’educazione collettiva, nelle vallate confinanti a quelle valdostane che camuffavano, in innocui zaini, forme miniaturizzate di grolle dell’amicizia cariche all’uso collettivo. Non parliamo, poi, del pinerolese e di tutte quelle valli che si inerpicano nell’antica sapienza valdese. Da quelle parti l’aplomb collettivo viene mantenuto dall’assaporamento mattutino di una ristorativa china calda.

Presso un noto istituto comprensivo di quelle parti, non molti anni fa, vi fu il tentativo malriuscito di inserirla nella dieta scolastica. Sulle Langhe e sull’Astigiano si pensa che stiano pre-disponendo dei droni appositi. A parte questi riprovevoli episodi, pare assai difficile che il corpo insegnanti sabaudo, più avvezzo al ‘bicerin’ che alla grappa, entri negli edifici scolastici con tasso alcolemico pari a quello dei blogger di Intravino. Ma gli alti funzionari, predisposti alla realizzazione di questo mirabolante tentativo di moralizzazione dell’insegnamento pubblico, lo hanno intuito e, pertanto, sono corsi ai ripari proponendo una serie di domande trabocchetto, selezionate accuratamente tra i giornali scandalistici appositamente accatastati nei negozi da parrucchiere, anche unisex, del tipo: «Con quale frequenza consuma bevande contenenti alcol?», «Nei giorni in cui beve, quante bevande alcoliche consuma in media?», «Con quale frequenza le capita di consumare sei o più bevande in un’unica occasione?», «Con quale frequenza, durante l’ultimo anno, si è accorto di non riuscire a smettere di bere una volta che aveva iniziato?»

Il tentativo purtroppo andrà avanti e sembra che, dal successo dello stesso, il Governo stia predisponendo altre iniziative a carico collettivo come il test sulla calvizie precoce nei conducenti di autobus, la cellulite antiestetica nei bagnini delle piscine pubbliche, l’abbinamento sciarpa – tailleur nelle donne di una certa età che frequentano gli stadi (se non ci credete date un’occhiata qui).

D’altra parte anche “i miei problemi sono iniziati con la prima educazione. Andavo in una scuola per insegnanti disagiati.” (cit.)

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Pietro Stara

Torinese composito (sardo,marchigiano, langarolo), si trasferisce a Genova per inseguire l’amore. Di formazione storico, sociologo per necessità, etnografo per scelta, blogger per compulsione, bevitore per coscienza. Non ha mai conosciuto Gino Veronelli. Ha scritto, in apnea compositiva, un libro di storia della viticoltura, dell’enologia e del vino in Italia: “Il discorso del vino”.

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