Il New York Times contro l’olio italiano. E se a suicidarsi fosse l’informazione?

Il New York Times contro l’olio italiano. E se a suicidarsi fosse l’informazione?

di Antonio Tomacelli

Scusatemi se qui, su Intravino, apro una parentesi sull’olio ma quelle quattro tavole squinternate del New York Times sulla presunta frode dell’olio extra vergine fasullo gridano vendetta al cielo e mi obbligano a intervenire, giacchè l’etichettatura è il mio pane quotidiano. Non starò a riesaminare tabella per tabella tutta l’animazione (la trovate tradotta qui) perchè solo una è quella meritevole di attenzione e da essa discende tutto il teorema del NYT secondo cui l’olio italiano sarebbe in gran parte una frode.

La tabella incriminata è questa:

La didascalia recita: “le bottiglie sono etichettate come olio extravergine d’oliva e marchiate con il “Made in Italy” degno di rispetto in tutto il mondo. (Curiosamente questo è legale, anche se l’olio non viene dall’Italia).

Partiamo, dunque, proprio da qui, dall’errore più marchiano: secondo il New York Times sarebbe legale importare olio extravergine di oliva da Marocco, Tunisia, Turchia e altri paesi extraeuropei, truccarlo con miscele di oli “sofisticati” ed etichettarlo come MADE IN ITALY perchè la legge lo consente.

Siamo impazziti o cosa?

Le “norme in materia di indicazioni obbligatorie nell’etichetta dell’olio vergine ed extravergine” pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale N. 243 del 18 Ottobre 2007 recitano testualmente:

Art. 2. Indicazioni obbligatorie in etichetta

1. L’indicazione della zona geografica di coltivazione delle olive, fatta salva la disciplina della designazione d’origine per i prodotti DOP e IGP, deve riportare lo Stato membro o il Paese terzo in cui la coltivazione è stata effettuata. In caso di olive non coltivate in un unico Stato membro o Paese terzo, nell’etichetta deve essere indicato l’elenco di tutti gli Stati o Paesi terzi nei quali le olive sono state coltivate, in ordine decrescente per quantità utilizzate.

2. Qualora le olive siano state coltivate in uno Stato o Paese diverso da quello in cui è situato il frantoio, nell’etichetta deve essere riportata la seguente dicitura: «Olio estratto in (indicazione dello Stato o Paese in cui è situato il frantoio) da olive coltivate in (indicazione dello Stato o del Paese di coltivazione delle olive)».

3. Nel caso di tagli di oli di oliva vergine ed extravergine non estratti in un unico Stato membro o Paese terzo, salvo quanto previsto nei commi precedenti, nell’etichetta deve essere indicato l’elenco di tutti gli Stati o Paesi terzi nei quali sono stati estratti gli oli.

Come si può designare con la dicitura “Prodotto in Italia” un olio proveniente anche in minima percentuale da altri stati, per di più extracomunitari? La legge lo vieta espressamente.

Il NYT, evidentemente, fa confusione con un’anomalia di mercato indipendente dalla volontà dei produttori italiani. Riassumo in breve: negli anni passati quasi tutti i grandi marchi dell’olio furono acquistati dagli spagnoli per sfruttare la nostra reputazione nel mondo di grandi produttori oleicoli.

Attualmente le aziende Bertolli (leader mondiale del settore), Carapelli e Sasso appartengono alla multinazionale spagnola DEOLEO. La gran parte della produzione proviene da miscele di oli comunitari (Spagna, naturalmente) ed extracomunitari e come tale viene dichiarata.

Nessuna di queste aziende si sogna di apporre la bandierina italiana su oli che vengono solo imbottigliati in Italia. Hanno un nome italiano ma questo non autorizza il New York Times a fare illazioni sulla presunta morte dell’extravergine italiano che è, sia chiaro, vivo, vegeto e ottimo.

Certo, le frodi, quelle vere, sono sempre in agguato ma per difendersi basta poco, appena due sane regolette:

1. L’olio extravergine di oliva non lo regalano agli angoli delle strade. La qualità costa.

2. Se vuoi l’olio italiano assicurati che in etichetta sia specificato “Olio Prodotto in Italia da olive coltivate in Italia”. La bandierina tricolore e la dicitura “100% Prodotto Italiano” sono sufficiente garanzia di sicurezza.

Riassumendo: dalle inchieste di una decina di anni del New York Times, ne è passata di acqua sotto i ponti e di leggi al parlamento, perchè, dunque, riciclare notizie vecchie proprio oggi che è più difficile adulterare l’olio grazie anche alle battaglie sostenute dai produttori onesti in tutte le sedi legislative? Perchè questo fango gratuito?

Concludendo: leggere un’etichetta non ha mai ucciso nessuno. Adulterare un’inchiesta invece sì.

 

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

23 Commenti

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Davide Tanganelli

circa 10 anni fa - Link

Ciao Antonio, solo per mia curiosità: quale é la tua esperienza in degustazione di EVO? Avresti anche statistiche più precise riguardo la tua dichiarazione che lo stato attuale dell'EVO italiano é "chiaro, vivo, vegeto e ottimo."?

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Antonio Tomacelli

circa 10 anni fa - Link

Quando parlo di Olio Extravergine di oliva Italiano mi riferisco all'olio provvisto della certificazione di cui parla Gege più sotto. Il "100% Prodotto in Italia" è, nel 95% dei casi, un ottimo olio senza essere un DOP ed è molto più controllato degli oli comuni. Se ne produce tantissimo ma in pochi fanno caso a una certificazione basic come questa che pure ai frantoiani costa tempo e fatica. Quanto alla mia "esperienza di degustatazione di evo" (che termine orribile!) non darti pena. Non sono un professionista ma ho girato più frantoi io dei Nas, consumo più olio che acqua e per vedere un albero di olive mi basta affacciarmi alla finestra.

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bettino

circa 10 anni fa - Link

ma "la frode dell'anno", quella che il N.Y.T. descrive ed illustra quasi perfettamente non è proprio "roba vecchia", eh ! sembrerebbe proprio che il N.Y.T. si sia ispirato alla tristissima storia della frode di Monteriggioni che data solo un anno e mezzo fa http://www.ilfattoalimentare.it/olio-extravergine-frode.html Se si eccettua appunto lo svarione della tabella "oddly", il nocciolo del problema della frode dell' EVO Italiano, adulterato da Italiani, corrisponde proprio a fatti ben reali, insomma non proprio "fango gratuito".

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Gege

circa 10 anni fa - Link

I Regolamenti CE n° 2815 e n°1019/2002, consentono all’impresa che vuole rivendicare la designazione d’origine"Italiano"di fare domanda al competente ufficio agricoltura della Provincia. L’ufficio procede all’accertamento di alcuni requisiti tecnici riguardanti i locali di conservazione dell’olio, i recipienti e l’impianto di imbottigliamento. Al termine dell’istruttoria viene rilasciato il riconoscimento, attraverso un codice numerico progressivo, preceduto dalla sigla della provincia. L’impresa dovrà tenere una contabilità separata e consentire i controlli. Sull’etichetta dovrà essere riporto il codice di identificazione rilasciato alla ditta, con le diciture: OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA Olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici "ITALIANO" codice dello stabilimento di confezionamento FI. 023 L’art.4 del reg. Ce 1019/2002 ha introdotto il caso della diversa origine delle olive molite in un frantoio di un altro stato della C E ; in tal caso dovrà essere riportata in etichetta la dicitura: Olio extra vergine di oliva ottenuto in ……… da olive raccolte in ………

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Daniele

circa 10 anni fa - Link

L'unica cosa sbagliata è il "curiosamente tutto questo è legale" il resto è triste verità, c'è una marea di olio lampante deodorato spacciato come italiano in giro per il mondo, dagli USA alla Cina passando per la Russia e con il suo prezzo stracciato spinge fuori mercato la stragrande maggioranza di produttori onesti

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Alessandro

circa 10 anni fa - Link

Premesso che trovo assolutamente corretto che sulle bottiglie sia chiaramente espressa la provenienta delle olive, non capisco (da ignorante) perche spesso si sostiene senza ombra di dubbio che l'olio italiano sia qualitativamente migliore di quello spagnolo. C'è una motivazione razionale dietro questo concetto oppure è solo una questione "campanilistica"?. Credo che, teoricamente, le olive sapagnole possano avere lo stesso potenziale di quelle italiche, o sbaglio? Saluti

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bettino

circa 10 anni fa - Link

beh, poichè ci troviamo a scrivere in un blog dedicato principalamente al vino, faccio un paragone con questo mondo : è sensato dire che "il vino italiano" o francese, o californiano, è "qualitativamente migliore" di un altro ? la risposta è ovviamente : no. Lo stesso ragionamento lo puoi fare con il prodotto della spremitura delle olive, che assume nei differenti luoghi di produzione caratteristiche legate a mille fattori diversi, tra i quali,non ultimo, il gusto del consumatore. In Provenza, per esempio, è apprezzato come prodotto di eccellenza il "fruitè noir" (un olio che può godere della denominazione A.O.P.!) ,e che subisce come trattamento prima della molitura una specie di maturazione forzata anaerobia per 2/3 giorni. Basta dire che è chiamato "Ranciò", per capire quanto lontano possa essere dal nostro gusto...ma lì è apprezzato per la capacità di evocare i sapori ancestrali ( quando l'olio era prodotto con macine a pietra e perciò con tutti i problemi del mantenimento corretto delle caratteristiche orgaonolettiche) Fare classifiche di merito in questo campo, non mi pare un metro di misura .

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ale

circa 10 anni fa - Link

OK, ma se non sbaglio, prima dell'articolo che avete indicato si poteva indicare come olio italiano, tutto l'olio che aveva subito almeno un processo in italia ovvero se compravo l'olio in tunisia poi qui in italia lo imbottigliavo potevo scriverci olio italiano. la cosa è stata superata dall'articolo che indicate, fortunatamente, e spero proprio non ci sia in commercio olio precedente al 2007. Forse NYT non sa di questo "nuovo" articolo.

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Antonio Tomacelli

circa 10 anni fa - Link

Hai centrato il punto, Ale, il NYT non sa o, peggio, fa finta di non sapere che negli ultimi 5 anni molte cose sono cambiate nella legislazione oleicola proprio per contrastare tutta una serie di frodi più o meno conclamate.

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Marco Grossi

circa 10 anni fa - Link

Ciao Antonio, ma in questo caso [img]http://i5.minus.com/jv4LDxdkjwdQa.jpg[/img] è indicato solo "miscela di oli di oliva comunitari e non comunitari". Non vedo indicato nel dettaglio i paesi di provenienza come riportato da te nel post. Cosa c'è che non va?

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Antonio Tomacelli

circa 10 anni fa - Link

Io riporto una legge alla quale, evidentemente, Auchan si attiene in maniera molto blanda. Puoi sempre avvisare i Nas, se vuoi. :)

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Nobilone

circa 10 anni fa - Link

Credo si attacchino all'ultimo articolo della citata legge: " I prodotti di cui all'art. 1 legalmente fabbricati o commercializzati negli altri Stati dell'Unione europea o in Turchia e legalmente fabbricati negli Stati parti dell'accordo sullo spazio economico europeo possono essere commercializzati nel territorio italiano. Tuttavia - in attuazione dei principi di cui alla direttiva 2000/13 CE concernente l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari - è vietato commercializzare nel territorio italiano prodotti che non riportino in etichetta le indicazioni di cui all'art. 2..." Che si chiude con l'immancabile scappatoia all'Italiana "...se la mancanza di dette indicazioni e' suscettibile di indurre in errore il consumatore in ordine all'origine o alla provenienza effettiva degli stessi prodotti." Cioè, puoi farlo, ma... se... boh... L'etichetta illustrata non pretende di mostrare un prodotto "made in Italy", ma si tratta senz'altro di un olio prodotto all'estero e *confezionato* in Italia. La realtà dei fatti è che quando mi capita di cercare al supermercato un EVO decente, non riesco mai a trovare una chiara indicazione della provenienza delle olive e in certi casi mi devo accontentare di bandierine e scritte "100% italiano!!" Ovviamente ripego sulle DOP/IGT presenti. Sono sempre lì e sono sempre i soliti nomi: evidentemente se non è legale, poco ci manca; mi immagino che cosa questi signori possano fare lontani dai già miopi occhi dell'UE. Il NYT avrà esagerato, ma accidenti se ha fatto bene!

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

C'è che sei invischiato in una viscoda partouze con un'ascolana, una tunisina e un'andalusa.

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michele rugani

circa 10 anni fa - Link

bisognerebbe considerare sotto altri aspetti questo articolo che non è un attacco ma un inchiesta frutto di un indagine vera. la colpa è dello stato italiano che permette questo tipo di imbrogli con la solita poca chiarezza legale. .. l'olio italiano che troviamo negli Usa non è buono e non ci fa una buona pubblicità questa è la verità. invece di scandalizzarsi tanto se qualcuno scrive su di noi dovremmo esigere maggior chiarezza. Ho letto il libro di Mueller da cui nasce l'articolo del NYT.. lo stesso discorso vale sul vino

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Montosoli

circa 10 anni fa - Link

Ci sono tante cose oscure su questo articolo....... 1)Non dicono chiaro che le loro leggi USA fanno acqua......lasciano vendere prodotti importati che in tanti casi non indicano la provenienza e la scadenza 2) Grande quantita' di Olio arriva in USA sfuso e poi imbottigliato li ...e spacciato per Made in Italy........venduto al supermercato a $4.99 litro 3)Non hanno quasi nessuna conoscenza del Olio di qualita" .....percio quando vedono il prezzo del vero Olio si scaldano perche' loro usano solo quello fatto di Canola che costa meno del acqua Panna. 4)La California sta piantando Olivi a tutta forza.....ma Olio non decolla per via del alto costo e scarsa qualita' 5) Ancora nei migliori ristoranti di New York si trovano bottiglie di Olio Italiano sui tavoli....che aime' dentro c'e Olio che puzza e grasso da fare passare l'appetito... 6) Chi ha scritto l'articolo perche non va a Eataly New York a farsi un giro per vedere ed assaggiare il vero Olio regionale Italiano..? 7)Perche non parlano della frutta paurosamente gonfiata che viene dalla California .......dove le cipolle, carote, mele, arance, patate sono grandi come un Pallone da calico 8) Concludo.....se sei un giornalista e scrivi per una testata straniera.....parlando male del Italia....il tuo articolo e venduto ! Garantito !!

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Antonio Radici

circa 10 anni fa - Link

Tomacelli vs NYT. Siccome lo dice la legge, allora e' ovvio che l'olio extra vergine italiano e' vivo e vegeto. Truffe alimentari in Italia non ce ne sono state mai, signora mai. Maledetti ammereggani.

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Roberto Crocenzi

circa 10 anni fa - Link

Gentile Signor Tomacelli, l'altro ieri ero con la mia compagna americana a fare la spesa in un grande magazzino alimentare nei sobborghi di Atlanta. Leggevamo, come sempre faccio quando vengo qui (ma anche quando sono in Italia) le etichette dei prodotti "italiani". Diciture in etichetta, vado a memoria "Olio extravergine di oliva", "miscela dei migliori oli italiani", "100% product of Italy", tricolore in bella vista, e poi nei soliti caratteri piccoli "oli provenienti da......." almeno 3 paesi comunitari e forse, su quella bottiglia, anche dal Cile. L'articolo del NYT a mio avviso mischia fatti diversi, ma mi aiuta per favore a capire come si fa a parlare di suicidio dell'informazione, o che il NYT faccia finta di non conoscere gli aggiornamenti della legislazione italiana sull'olio? Grazie

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Memmo

circa 10 anni fa - Link

A.T. brandisce con indubbia abilità e sapere la "Norma pubblicata sulla G.U. etc etc" per ribattere alle osservazioni del NYT. Mi dica lei, Roberto, che vive negli Usa, quale autorevolezza abbia tale norma nella land of the free, dove sono usi appendere le prescrizioni EU là dove un tempo, nei gabinetti comuni della cà de ringhera milanesi, troneggiavano quadrati brandelli di fogli di giornali.

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Roberto Crocenzi

circa 10 anni fa - Link

Gentile Memmo, passo un mese all'anno qui negli USA, vivo nelle Crete Senesi, circondato da olivi I cui frutti vengono trasformati dalla passione di persone oneste (e sono tante) ed instancabili (speriamo) in olii di grande pregio. Accolgo viandanti da tutto il mondo, che gioiscono della inarrivabile bonta' dei prodotti genuini della nostra agricoltura. Mi altera constatare come pochi, ben organizzati, furbi e veloci possano giocare con le leggi EU, e demolire progressivamente la reputazione costruita da generazioni di persone cresciute seguendo l'esempio di persone perbene. Ben venga il NYT, anche se possiamo discutere I modi. Grazie ad iniziative simili dagli USA ci hanno chiesto qualche anno fa di capire come fossero possibili quei Sangiovese da Brunello inchiostrati, impenetrabili ed improbabili al gusto che tanto andavano di moda per tutto lo scorso decennio. Penso che quel polverone abbia solo fatto bene ai produttori che desiderino tramandare il loro patrimonio materiale ed immateriale alle generazioni che verranno.

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Alessandro C.

circa 10 anni fa - Link

Dico la mia, la frode la possiamo tranquillamente commettere tutti, piccoli e grandi. Diciamo poi che i grandi, che ahimè soprattutto all'estero rappresentano la quasi totalità dell'olio in commercio, non truffano ma di certo fanno della poca chiarezza e del miscellaneo il loro punto di forza e, sempre ahimè, spesso abusando della italianità del nome, del luogo di confezionamento o di altre sottigliezze che non fanno che aumentare la confusione su quello che effettivamente c'è nella bottiglia, ammazzando il mercato di chi l'olio lo vorrebbe fare buono, sano e pulito. Chi vorrebbe mettere tante informazioni in etichetta non le può mettere perché la legge non glielo permette (almeno che ti sottometti ad una delle tante certificazioni che però anche i grandi oramai usano per abbellire la loro gamma) ed i grandi, che hanno fiori di quattrini di consulenze da spendere, abusano di sottigliezze spesso ingannevoli. E visto che ho usato questi (buono, sano e pulito) che portano a pensare ad una grande organizzazione, dico anche: siamo sicuri che in quel grande supermarket dell'italianità a New York ci sia il meglio del nostro Paese? Per chi, per l'americano? E la storia ricomincia...

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Roberto Crocenzi

circa 10 anni fa - Link

Gentile Alessandro, condivido appieno il suo pensiero. Non sono stato da Eataly a NY, ma immagino che ci siano alcune eccellenze, tanto di buonissimo, tantissimo di buono, e magari anche qualcosa da tralasciare volentieri, se parliamo di buono pulito e giusto, principi che sposo al 100%. Rappresenta comunque una formidabile vetrina (li' come altrove) che speriamo possa migliorare ogni giorno, a beneficio del lavoro di decine di migliaia di piccole e medie aziende agricole italiane. Concordo con chi usa toni forti commentando le abitudini gastroalimentari qui negli USA, ma nei loro evidenti disordini alimentari vedo una monumentale opportunita' di business per il Made in Italy serio ed onesto, resa oggi forse piu' percorribile che in passato dalla predisposizione del loro mercato a parlare di alimentazione sana. Un solo esempio a riprova della enorme attenzione dei media sull'argomento: ieri sera, nel discorso sullo Stato dell'Unione, il Presidente ha riferito di come per la prima volta nella storia recente americana, il tasso di obesita' sia diminuito, grazie ai progetti che hanno trovato in sua moglie un forte appoggio.

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Andrea Pagliantini

circa 10 anni fa - Link

Andrea Marz di Merum ha scritto tonnellate di parole a difesa dell'olio italiano di qualità e lo ha sempre difeso dalle bufale dell'industria che lo ha sepolto di querele, salvo poi vincerle tutte con le spese legali pagate dai lettori della rivista. L'Italia è un cuore che batte e arranca nel fare le cose con cura, garbo, rispetto dell'ambiente e di chi consuma i prodotti della terra, ma l'altro lato della medaglia è una vertiginosa quantità di olio proveniente da ovunque mandato in giro per il mondo come italiano. La presa in giro del giornale mi fa male, lo confesso, ma se non sappiamo far pulito e difendere con orgoglio le nostre prelibatezze, ci meritiamo anche quelle.

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BookPlate

circa 1 anno fa - Link

Sono così entusiasta di leggere questo. È meraviglioso!!

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