Il mio Vinitaly 2016 tra Champagne, Alto Adige, Puglia e ritorno in Toscana

Il mio Vinitaly 2016 tra Champagne, Alto Adige, Puglia e ritorno in Toscana

di Andrea Gori

Girovagare per Vinitaly quest’anno è stato più semplice del previsto. Vuoi per il ridotto numero di partecipanti, vuoi per l’organizzazione un poco più razionale svolta nei giorni precedenti in mezzo al terrificante fuoco di comunicati stampa che si accavallavano, tra Salone del Mobile e Vinitaly. Non ho assaggiato nemmeno un decimo di quanto mi ero fissato e pur lasciando il cuore al Vivit (rassegna ottima e che raccoglie quanto di più trendy ci sia al momento nel vino italiano) ecco una selezione di quel che ho trovato negli altri padiglioni a Verona.

Lanson Noble Cuvée Blanc de Blancs 2002, sboccatura a giugno 2015. Il top di gamma Lanson non è ancora disponibile per l’Italia (urge referendum): sa di mandarino, resina, e sfoggia una gradevole piccantezza già al palato, con agrumi bellissimi e spezia raffinata. La bocca è soffice, di una piacevolezza estrema e lunghezza tipica del millesimo, ma senza la sdolcinatura di altre etichette di pari lignaggio. 92

Lanson Noble Cuvée Brut 2002,  70% ch, 30% pn. Grand Cru quasi esclusivamente dai villaggi magici di Cramant, Mesnil, Avize, Ay, Verzenay: note di mandorle e agrumi, menta, fragole e tabacco. Bocca rigida, energica, dove la malolattica non svolta (classica di Lanson) risolve tanti problemi di abbondanza e grassezza dell’annata. Coinvolgente, con una lunghezza e un potenziale enorme da sviluppare. 95

Lanson 1996 Vintage Collection Champagne. Una magnum appena sboccata ma già incredibilmente pronta, affilata e tagliente: lunghezza floreale e sapida, gesso e acidità, un parossismo di sensazioni appuntite e dolci che si alternano fino ad un finale roccioso con echi iodati.

Hofstaetter a Verona presentava due vini ultraterritoriali, utilizzando due piccole parcelle storiche: una per il pinot nero, ricavato da una parte del vigneto Barthenau, e una da un antico cru di Gewürztraminer. Il “Konrad Oberhofer – Vigna Pirchschrait” 2006 viene affinato separatamente in botte rispetto al resto delle uve GT: sa di canditi, resina, è esplosivo e succoso, una meraviglia di coraggio da una cantina che non ha paura di tracciare una via. Finale infinito e cangiante, sole e menta, ci sono anche i classici lychees e rosa ma in versione mai stucchevole e ben lontana dai cliché del vitigno, grazie proprio all’attesa prima dell’imbottigliamento. Se solo in più cantine seguissero questo esempio sarebbe l’inizio di una nuova storia per questo vino.

“Ludwig Barth von Barthenau – Vigna Roccolo” 2012 Pinot Nero. Nei 6 ettari di Mazzon ne venivano usati 3,5 per Sant’Urbano. Nel 2012 una parte dell’impianto del 1942 è stata imbottigliata a parte come “Roccolo”, vecchio toponimo mai rivendicato. Un pinot nero che sfoggia ampiezza e cremosità, lunghezza e stile, bacca rossa, piccantezza e sapidità. Leggerezza e profondità, stile saldo e territorio che mostra di avere ancora parecchio da dire, a chi lo sa ascoltare.

Jurij Fiore e i suoi vini di Lamole. Nonloso e Punti di vista sono i due vini che vedono l’esordio di uno dei figli di Vittorio Fiore in quel di Lamole, vinificando separatamente due parcelle nel comprensorio, già di per sé molto interessante e in voga negli ultimi anni. Queste vigne in particolare dimostrano caratteri diversi, tanto da far propendere verso due imbottigliamenti separati, e non un blend. Il Nonloso viene da uve prodotte con il classico tendone lamolese, miste, in prevalenza sangiovese e poi piccolo saldo di canaiolo e colorino. È vino floreale, fine, leggero e croccante come ci si aspetta da un vero lamolese. Mentre il Punti di vista 2015 passa un poco in barrique, e mostra più corpo e intensità fruttata con un finale di lavanda, rosa, e frutta di bosco che non vuol lasciare il palato.

Edda Bianco Cantina San Marzano 2015 è un blend pugliese di chardonnay e moscato vinificati in legno (acacia): mostra grinta e intensità, ma soprattutto una convincente freschezza non molto comune in questa latitudine. Merito del particolare vigneto che lo vede nascere, appartenente ad uno dei conferitori storici della cantina sociale. Un vino che andrà seguito negli anni per capire se la freschezza si armonizzerà con corpo e struttura a dare lunghezza. Per intanto già così è di una piacevolezza rara.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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