I descrittori del vino al tempo del web e le variabili impazzite (prima parte)

di Fiorenzo Sartore

Tra intravinici è sorto un dibattito sugli usi e gli abusi dei termini tecnici che descrivono il vino. Soprattutto, sulle varianti ammesse, ammissibili (e pure quelle inammissibili) che sono subentrate quando il popolo del web ha cominciato a discettare di vino. In rete le parole sono irrituali – per la verità è pieno di gente irrituale, online. Quindi le parole per definire i descrittori sono spesso sovvertite.

Ben presto questo dibattito è diventato semiserio, com’era inevitabile data la qualità dei suoi attori. Pareva però carino condividere con voi alcuni passaggi: il primo contributo che presento non è mio ma di quel fine linguista di Emanuele Giannone. Ecco a voi.

NEBBIOLEGGIANTE. Appellativo classico per il vino novello. Secondo costume, esso va consumato nei giorni nebbiosi di San Martino insieme alle castagne. Consumandolo a San Martino, il novello denota la classica progressione carducciana, nebbioleggia e sale a gl’irti colli piovigginando.

SERBEVOLE. Neologismo di scuola AIS e AS Roma. Secondo il filologo dell’Università di Pittsburgh Prof. Riccardo Menfi (naturalizzato negli USA come Ricky Memphis), Vujadin Boškov così definiva un giocatore degno di vestire la maglia della nazionale serba. Ai tempi della sua esperienza sulla panchina giallorossa, l’uso traslò dall’ambito sportivo del pallone a quello abusivo del vino. La responsabilità di questa abietta commistione va ascritta integralmente ad Armando Castagno, già Ragazzo della Sud e in quegli anni nominato Cavaliere di Monte Mario.

SONTUOSO. Prestito linguistico dal francese je suis onctueux, lett. “sono untuoso”. Sottoposto prima a troncamento nella tradizione romana-hiltoniana e così declinato in so’ untuoso, arrivò quindi per crasi all’attuale forma contratta. Detto di vino pingue e lipidico, affettato e affettabile. La sua variante vino-sugna, analogamente alla locuzione vino-frutto, è protetta da diritto d’autore e ad uso esclusivo di una setta di mistici rasputiniani.

SORBEVOLE. Termine oramai riservato per uso esclusivo al Partito Monarchico, a Federico Moccia, ai mormoni, a Peppino di Capri, al Cardinal Bertone e agli ex-Presidenti di Commissione Bicamerale. Sostituito da un’ampia gamma di opzioni più plastiche, dinamiche e moderne quali tazzabile, secchiabile, gargarismico, spugnabile, compulsivo, circuitabile, idrovorabile, tisanoreico, impluviabile, assuefativo etc.

SUADENTE. Detto del proverbiale vino-porco, ottimo e opimo, del quale non si butta niente. Deriva infatti dalla locuzione latina di origine frascatano-conviviale suem rodente (abl. ass., lett. “mentre rosicchio er porco”).

TERROIR. Forma feudale e oscenamente reazionaria di organizzazione del ciclo produttivo vitivinicolo, tipica in particolare della Russia zarista. Abolita dallo skipper rosso Maksim Dalemionovič Džugašvili all’indomani della Rivoluzione, fu sostituita dalla c.d. deterritorializacija, avviata da Džugašvili nella Repubblica Socialista Federativa Sovietica Umbra e completata pochi anni dopo con l’espianto delle ultime vigne di cornalin nella ridotta menscevica della Val d’Aosta.

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

4 Commenti

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Gillo

circa 10 anni fa - Link

La descrizione dei vini va rinnovata come chi li descrive e li recensisce. Bisogna asciugare il linguaggio.Di termini inutili. Lo scopo è di aiutare il consumatore a capire non a guidarlo verso i vini per puri fini commerciali: passare da una critica al "servizio" dei produttori ad una critica al servizio dei consumatori.Questo cambiamento di prospettiva porta ad un cambiamento nella comunicazione e nel linguaggio. Snellire il linguaggio di termini inutili.Usare un linguaggio più CHIARO ESEMPLICE.

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Il punto di partenza è condivisibile. La condivisione tuttavia si ferma quando consideriamo che i consumatori non sono una categoria unitaria, ma un gruppo assai vasto e vario per esigenze, aspettative, propensione al consumo, preparazione, forme e occasioni di fruizione. Un linguaggio, ancorché chiaro e semplice, non basta. Chi si propone di comunicare su/con il vino, sia egli produttore o commerciante, giornalista o blogger, dovrebbe prepararsi da poliglotta. Servono più lingue e la disponibilità a parlare di volta in volta, a seconda degli interlocutori, quella più adatta, ovvero - e qui torno a esser d'accordo - chiara e semplice. Grazie Gillo, innanzitutto per aver letto, quindi per lo spunto. Emanuele

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