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Ho conosciuto Renzo Cotarella e m’è pure piaciuto, pensa te

di Antonio Tomacelli
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15/07/2014 - 14:56 3 commenti

Lui ha baffi grigi, altezza media e indossa un abito di buon taglio senza cravatta. La favella umbro-toscana è fluente, mai sopra le righe e quasi ipnotica. Lo incontro in una di quelle bianche masserie di Puglia che la sera somigliano al fondale di Cavalleria Rusticana ma tra me e Renzo Cotarella non c’è stato alcun duello, sebbene le premesse ci fossero tutte.

Avevo infatti accettato quella che sembrava più una sfida che un invito: condurre con lui, enologo della Marchesi Antinori, una degustazione di 5 annate dello chardonnay Pietrabianca, prodotto nella tenuta pugliese della famiglia toscana, Tormaresca.

Prima, durante e dopo la degustazione (di cui parlerò in seguito) tante chiacchiere in libertà e Renzo, amabile conversatore, non si è sottratto a qualche domanda, anzi, alla madre di tutte le domande, scontata, banale ma che, per vari motivi, non ha mai avuto risposta: qual è il ruolo dell’enologo oggi?

Su queste pagine abbiamo più volte criticato sia Renzo (poco, per la verità) che suo fratello Riccardo, mettendo in discussione senza sconti il ruolo di super consulente per decine e decine di aziende. Vogliamo dirla tutta? L’interventismo “da protocollo” in cantina e questa sua passione viscerale per i vitigni francesi piantati ovunque ci piacciono poco o punto, nonostante tutto il nostro laicismo e le verticali di Caberlot sparse un po’ ovunque per il blog.

Sia chiaro: di consulenti come Riccardo Cotarella è piena l’Italia, ma lui è l’unico che si mostra volentieri, rivendicando con orgoglio il suo ruolo e, anzi, rilanciando sulle professionalità che un enologo dovrebbe avere. Logico, dunque, che sul banco degli imputati di un ipotetico processo al consulente, il nostro ci stia da dio.

Torniamo a Renzo e alla risposta che, pacatamente, mi ha dato: “In qualche modo mi ritengo più fortunato di mio fratello. Lavoro da sempre con la famiglia Antinori e questo mi da la possibilità di programmare il mio lavoro sul lungo termine, senza l’ansia da prestazione tipica di chi si affaccia al mondo del vino e vuole risultati nel giro di pochi anni.

La famiglia Antinori, invece, è attiva da 26 generazioni e non va di fretta. Io lavoro per il futuro avendo mezzi e tempo a disposizione e questa è una grande opportunità. Riccardo, al contrario, è costretto a lavorare su tempi brevissimi. I suoi clienti vogliono risultati immediati ma il vino ci mette anni per darti reddito e soddisfazione. Questa sera, ad esempio, assaggeremo un vino che deriva da un progetto partito nel 2002 ma ancora in via di definizione. Da ogni annata impariamo qualcosa ed i cambiamenti che apportiamo sono frutto dell’esperienza in vigna e in cantina. Siamo partiti con lo chardonnay in purezza ma già nella seconda annata, la 2004, abbiamo aggiunto del fiano. Stiamo cambiando i legni e le botti saranno sempre più grosse, centriamo meglio anche il periodo di raccolta delle uve e, tuttavia, dopo 12 anni non è ancora il vino che vorremmo.

Il tempo del vigneto si misura in decadi ma questo non tutti lo capiscono. Un consulente obbligato al risultato nel giro di due o tre anni da un cliente frettoloso, non può permettersi il rischio né la sperimentazione. Via libera dunque al cabernet e al merlot, vitigni di facile adattamento e dal risultato garantito. La sperimentazione sui vitigni autoctoni? Sarà per il prossimo cliente.”

Insomma, tra Renzo e Riccardo Cotarella c’è una differenza di impostazione pressoché totale. Il mestiere di enologo sarebbe lo stesso ma la variabile tempo gioca un ruolo fondamentale e il rischio di omologazione è sempre dietro l’angolo.

Sia chiaro, non ci sono assoluzioni in vista, ma la risposta di Renzo chiarisce e, in parte, giustifica il lavoro di consulente del fratello Riccardo.

La serata si è chiusa senza duelli e con l’invito nella cantina di famiglia per un giro tra le botti. Prossimamente, chissà.

(Foto credits: Tonia Papagno)

 

 

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

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3 Commenti

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daniele

circa 5 anni fa - Link

E la degustazione?!

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gianpaolo

circa 5 anni fa - Link

Tomacelli ha scoperto che il vino e' un business.

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carolain cats

circa 5 anni fa - Link

insomma domande e risposte praticamente pari allo zero... :(

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Grazie a Vio Gastone per avere preservato la Dorona.

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Aurora N

Un altro segnale che forse sui macerati, sta prendendo

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Sorridenti i ragazzi nella foto..!!!!!!

 

 

 

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