Ho assaggiato sei vini nazional popolari comprati alla Coop e non sono morto

di Fiorenzo Sartore

Io che faccio la spesa anche alla Coop come uno normale, passo a volte tra gli scaffali dei vini per vedere che c’è di bello e per soccorrere, di tanto in tanto, qualche massaia che fissa le etichette con lo sguardo perduto. Non tutte le massaie, solo alcune accuratamente selezionate, ma insomma, funziona circa così: prendo una bottiglia con fare sicuro, leggo, annuisco. Appena la signora timida chiede un’info, è fatta: “è un bianco di media struttura, ha un fruttato molto suadente, è morbido, versatile, seducente”. L’abuso di terminologia occulta certifica la mia competenza, e il resto viene da sé. E con questo spero di avervi convinto a frequentare un qualsiasi corso per assaggiatore, dall’AIS in giù.

Dopo molte frequentazioni di quegli scaffali, oggi m’è sorto il desiderio di farlo davvero. Cioè di provare sul serio un po’ di quelle etichette che massimamente identifico in quanto vini da supermercato. Qui è obbligatorio precisare, ogni volta, che “vini da supermercato” non è un descrittore dispregiativo; è invece una constatazione neutra: sono, in effetti, vini che si comprano al supermercato. Si trovano un po’ ovunque lungo il territorio nazionale (del resto la Coop sei tu) e rappresentano quindi griffe dall’aria familiare. Mancava solo l’ultima verifica, l’assaggio, e come d’uso mi sono sacrificato per voi. Messo mano al portafogli (il sacrificio consiste in quello, a Genova) ecco sei etichette prepotentemente nazional popolari.

Aragosta 2013 Vermentino di Sardegna, Cantina Santa Maria la Palma. (Euro 5,19). Etichetta geniale, così diretta ed evocativa del vino per piatti di mare. Non s’intitola a un pesce qualsiasi, proprio l’aragosta, perfetta suggestione di gusti elevati e prelibatezze. Colore: giallo paglierino parecchio scarico. Naso: in apertura esordisce con una mela assai fragrante, e solo in seconda battuta un tono sommesso di banana. Primo tempo mela batte banana 1 a 0. Bocca: non male da subito, ma purtroppo chiude corto e rapido, e tradisce una materia esile. In compenso a distanza di un’ora la mela insiste baldanzosa. 75/100.

Titulus 2012 Verdicchio dei Castelli di Jesi classico, Fazi Battaglia. (Euro 5,48). Chi non riconosce, a distanza di dieci metri, la bottiglia a forma di anfora con il papiro arrotolato sul collo? Questo vero e proprio must jesino da supermarket ha colore paglierino carico, con vibrazioni che evocano l’oro, quindi piacevolmente intenso alla vista. Il naso mi lascia un po’ freddo, è contratto, respingente: frutta matura ma scomposta, caricaturale. L’impressione purtroppo è spiacevole, visto che il naso non si libera di note posticce e posaiole. Meglio in bocca, con un attacco sapido e salmastro, e un bel retro di discreta lunghezza. Peccato quel naso insistentemente glossy (e pure un po’ sulfureo), che annoia. 71/100.

Blangé 2012 Langhe Arneis, Ceretto. (Euro 14,90). Chiudo la terzina dei bianchi con un luxury wine, vista la cifra non esattamente popolare. Da queste parti il bianco di casa Ceretto viene considerato una raffinatezza per palati esigenti (ogni tanto capita di sentirlo ordinare come fosse un evento lussurioso). Si presenta molto scarico al colore, ed in effetti è al naso che annuncia immediata piacevolezza: frutta bianca invitante, matura, e sotto note eleganti di agrume. In bocca è composto, non scalpita. Un vino all’insegna della finezza, delicatezza, insomma un fighetto. Gli manca solo un po’ di ciccia per fare il botto. 83/100.

Corvo Rosso 2011 Sicilia IGT, Duca di Salaparuta. (Euro 5,58, meno un incomprensibile “sconto clienti” di euro 1,12). Etichetta antica nel mio immaginario di vino da supermercato, la vedo ovunque da sempre, mi evoca la sicilianitudine, quella in grado di esprimere territorio e potenzialità. Vediamo com’è: il colore segnala la maturità maggiore rispetto agli altri rossi, per il tono appena più spento, dal rosso rubino scarico. Naso: dapprima semplice, dopo un po’ si apre e recupera encomiabili note di china che gli danno appeal, e poi spezie e terra bagnata. Ha una vena sanguigna, in bocca, e si infila molto impegnativo, pare avere più dei suoi 13 gradi in etichetta. Resta un retro abbastanza piacevole. Ba’, nzomma, mica male, bel lavoro dai. 80/100.

Santa Cristina 2013 Toscana IGT, Antinori. (Euro 6,15). Sarà che chi produce Santa Cristina produce pure (per dirne uno) Tignanello, rosso stracult del marchese fiorentino. Sarà che il rosso-base mi rimanda a quell’atmosfera oh-so-chiantishire a un decimo del prezzo. Fatto sta che dovevo per forza sceglierlo. Colore vivido, purpureo, brillante. Naso fitto di ciliegia. Molto molto ciliegioso, viscioloso, duronoso, insomma ciliegista militante. Nuovamente all’insegna della semplicità ma con un frutto più esplicito (non vi ripeto quale). Bocca un po’ smorzata dopo tante promesse di frutto, ma è acida/tannica il giusto per invocare la carnazza (parlando bene) e infine permane morbida e sempliciotta. Diciamo un 77/100, ovvia. A distanza di un’ora dall’apertura mi pare di vedere una ciliegia enorme che esce dal bicchiere e mi dice: «ciao, io sono una ciliegia!»

Barbera d’Alba 2012, Fontanafredda. (Euro 5,58). In Liguria i vini quotidiani sono volentieri i rossi piemontesi, sia per la scarsa produzione locale sia perché questa parte della regione è stata colonizzata dai piemontesi nel dopoguerra. Era comunque obbligatorio pagare un tributo alla ditta Coop&Farinetti che mi passa un lauto vitalizio, quindi ecco: colore di ottimissima presenza, mette assieme una concentrazione intensa con la brillantezza e insomma, è bello da vedere. Peccato il naso, in assoluto il più scombinato del trittico: note che rievocano la lacca, o la vernice, o un deodorante per piccoli ambienti (ai frutti rossi). Mi viene da pensare che la bottiglia abbia qualche problema. Risentito a distanza di tempo, perde poco la caratterizzazione, francamente spiacevole. In bocca conferma una certa acidità, tipica del vitigno, ma in generale è la delusione più grossa, non passa i 73/100 (e addio vitalizio). Ad un’ora dall’apertura marca un floreale un po’ macerato, tipo quando entrate dal fiorista.

Conclusioni? Il quadro generale che esce da questi assaggi è poco allegro. I vini scelti a caso, in base ad un principio di popolarità dell’etichetta, sono quasi tutti classificabili come bevute molto dimenticabili per un enofilo di media (anche piccola) esperienza. Forse il discorso non vale per il Blangé, che, guardacaso, costa dal doppio al triplo rispetto agli altri campioni. E questo mi significa qualcosa, ma non ti dico cosa, perché immagino tu l’abbia già capito.

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

29 Commenti

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suslov

circa 10 anni fa - Link

io non disdegno - arneis del castello di neive. circa 6 euro per una bevuta piu' che decente. rapporto q/p molto-piu'-migliore-assai-molto del blange' - sempre nella categoria q/p-molto-piu'-migliore-assai come non citare i greco e i fiano janare' del sannio ? siamo sempre intorno ai 6 euro per una bevuta molto decente. vabbe' non siamo ai livelli di un pietracupa o di un villa diamante ma non si puo' mangiare sempre pernici ...

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gp

circa 10 anni fa - Link

Oltretutto l'Arneis Blangé non è un vino da supermercato, nel senso di vino che si trova prevalentemente o solo al supermercato. E' un vino da enoteca che si può trovare anche in alcuni supermercati, a un prezzo che per chi compra il vino solo nella GDO è vertiginoso. A parte questo "intruso", i prezzi a ben vedere non sono tanto convenienti, per vini tirati in centinaia di migliaia se non milioni di bottiglie. Per il verdicchio, per esempio, molti Classico e anche qualche Classico Superiore di cantine medio-grandi costano meno di questo Titulus -- solo che chi compra il vino solo nella GDO non lo verrà mai a sapere.

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ale

circa 10 anni fa - Link

ma si trovano facilmente nei supermrcati?

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F. Saverio

circa 10 anni fa - Link

Bellissimo articolo! ;-) Avrei qualcosa da dire sul Verdicchio, ma solo perché sono marchigiano d'origine e quel vino in particolare ha un valore storico-affettivo che prescinde le valutazioni organolettiche. Comunque fare una buona "eno-spesa" al supermercato, non significa sempre accontentarsi di vini mediocri, in quanto "per fortuna" o "purtroppo", oggi negli scaffali di Coop ed Ipercoop possiamo trovare Vini del calibro del Kurni (solo 6000 bottiglie l'anno ed in ogni ipercoop ce ne sono un paio?!?...strano ma vero!)... potremmo aprire un'infinita riflessione sulla conservazione di tali bottiglie e sulle garanzie che vengono a mancare acquistando vini "so expensive" in luoghi in cui troviamo bottiglie da 480,00ca. (vedi Masseto) rigorosamente "in piedi" ed in preda a luci al neon o, ancor peggio, alogene, che lentamente ne depauperano l'integrità morale, fisica ed economica... ma perché, allora, produttori come Gaja, Quinterelli, Ornellaia ecc... lasciano che loro vini d'eccellenza (parliamo di vini dai 100,00€ ai 500,00€ per ridurre volgarmente a dei numeri il nostro amato nettare) si trovino in quegli scaffali e non si adoperano per dare delle direttive riguardo la loro conservazione? Sono beni rari... piccole opere d'arte... e come tali andrebbero trattate! Fermo restando che il mio commento è volutamente provocatorio e che preferisco acquistare in cantina o a limite in enoteca, credo ci vorrebbe una sorta di class action per migliorare le condizioni di quei vini in quei super ed iper mercati. "Save those Wines!"

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Giovanni P.

circa 10 anni fa - Link

A me sembra che la forbice dei punteggi sia molto stretta e cmq livellata verso l'alto, detta in altro modo se un vino definito dimenticabile prende almeno 70/100, tanto male poi non è, allora o sono buoni anche i vini da supermercato ma godono di una cattiva immagine al punto da essere discriminati, oppure qualcosa non torna. E cmq i vini oggetto dell'articolo, sono le bottiglie che il cliente medio della coop acquista per la domenica, sic!

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la cinta milanese

circa 10 anni fa - Link

Per quanto riguarda la Gdo penso che Esselunga ed Auchan siano i più (e meglio) forniti. Sarebbe utile per il consumatore medio una guida all'acquisto nella Gdo, partendo dai punti vendita di Caprotti.

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indie

circa 10 anni fa - Link

spunti interessanti. devo dire che la "cantina" dell'esselunga offre una varietà maggiore di molti ristoranti medi. cmq per la gdo vini da 5/6 euro alla bottiglia sono già premium.

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Alessandro

circa 10 anni fa - Link

C è da dire che al suprmercato (magari non in tutti, diciamo Coop, Esselunga, Cerrefour) si puo' trovare molto di meglio dei vini scelti, agiungendo 4 o 5 €. Bell articolo, comunque, bravo

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Federico

circa 10 anni fa - Link

Fiorenzo, giura che hai fatto davvero almeno 3 volte nella vita quella scenetta con le massaie....ed entri per meriti sul campo nel mio personale pantehon olimpico! :-)

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Alessandro

circa 10 anni fa - Link

Interessante (o quantomeno nuova e originale) l idea di fare una guida sui vini della GdO. Ce ne sono tante, di tutti i tipi, ma questa manca. Credo sarebbe una buona idea e avrebbe un buon successo.

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la cinta milanese

circa 10 anni fa - Link

Bisogna solo capire se portano più click recensioni sui soliti vini noti/modaioli o su quelli che beve il consumatore medio. Personalmente credo che recensire mensilmente vini della Gdo potrebbe essere vincente, concentrandosi però su quelli venduti da Esselunga ed Auchan, un blogger lo fa nel suo "piccolo" ;)

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Alessandro

circa 10 anni fa - Link

chi sarebbe sto blogger? Grazie

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la cinta milanese

circa 10 anni fa - Link

http://simodivino.blogspot.it/ Vado un filo contro la netiquette

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Alessandro

circa 10 anni fa - Link

ah si, conosco gia. Bravo Simone

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alessandro G.

circa 10 anni fa - Link

Ora vogliamo una guida sui vini in tetrapac...;-)

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Alessandro

circa 10 anni fa - Link

beh, sul terapack ovviamente no. Ma una guida sui vini della linea alta della Gdo (dagli 8 € in su) sarebbe a mio avviso carina

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Ben Bevendo

circa 10 anni fa - Link

Oltre il denaro.. qualche considerazione su rese per ettaro, bottiglie prodotte, chimica in cantina??? E il retrogusto di banana dovuto ad errori nella criomacerazione???

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Marco

circa 10 anni fa - Link

All'Esselunga trovo a sette euro il Verdicchio Pievalta; a nove l'Erbaluce Orsolani; a cinque il Cirò bianco e rosso Librandi; a sei l'Aglianico D'Angelo; a tredici il meraviglioso Chianti Classico di Badia a Coltibuono e tanti altri buoni vini, tutti coricati. Certo provati i 10 migliori finisce là, visto che la rotazione delle etichette è praticamente nulla.

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Marco

circa 10 anni fa - Link

Ah poi all'Iper di Portello (Milano) hanno cose turche: Barbacarlo, Gravner, Taurasi Radici, tutto il panorama spumantistico italiano, il Grignolino, quello costoso, di Accornero, il Ghemme Ca' Nova, persino Quintarelli (sia Valpolicella che Amarone) e decine di altri vini super... Ah, i prezzi, in enoteca risparmi;-)

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la cinta milanese

circa 10 anni fa - Link

Verissimo Marco, anche all'Iper di Solbiate hanno etichette meritevoli ma a prezzi folli, infatti rimangono sugli scaffali, peccato!

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Sisto

circa 10 anni fa - Link

Già qualcuno l'ha osservato sopra: ma guardate che questi vini che noi "esperti" o appassionati competenti (cioè il 5% scarso della popolazione che beve vino) giudichiamo, in termini tecnici, "corretti", in termini comprensibili, "da lasciare sullo scaffale" (per non usare termini più pregnanti), sono dei "grand cru"! Nell'elenco mancano lambrusco, prosecco o moscati vari: perché altrimenti i prezzi di quelli assaggiati, in confronto, sono proibitivi, da ricchi sfondati e sfaccendati. E i 3 insieme saranno l'80% del vino bevuto in Italia (a occhio e croce). Infatti, quando al 95% della popolazione dico che ho speso addirittura 18 € per una bottiglia mi copre di insulti, tipo: "ma sai quanto vino sfuso dalla cooperativa sociale mi compro con 18 €!!!" (chissà se gli dicessi che, ogni tanto, ne spendo 80 e 1 volta/anno 150€). E poi esiste la controprova: io ho fatto assaggiare, 2 settimane fa, ad un appartenente al 95% della popolazione, il sauvignon di Felluga e il responso è stato "ma che schifo mi fai bere?, aspetta che vado a prendere il mio prosecchino preferito!" (1,90 €). Fate un po' voi

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Eretico Enoico

circa 10 anni fa - Link

Piccole e banali considerazioni dal mio punto di vista: I punteggi (Arneis a parte) dati in questa degustazione sono forse un pochino generosi per alcuni. I vini in GDO tranne rare positive anomalie sono esposti prima e durante a instabilità termica( furgoni ,attese soleggiate,scaffali spesso tiepidi etc) stile estufagem ,illuminati in modo violento che solo un intrepido bevitore spenderebbe più di 10 euro ( confidando nell'etica professionale dell'enotecaro in materia di conservazione). Iniziativa simpatica ma il senso di questa degustazione? Come più di un lettore ha fatto notare si può trovare di tutto in basso ed in alto ma vi sono produttori che per scelta non vendono alla GDO e parlo di produttori non di elite sotto i 10 euro al cliente privato. Sante'

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Alessandro

circa 10 anni fa - Link

Produttori che per scelta non vendono alla GdO? Scelta di chi? Del produttore o della GdO? ;-)))

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Totò

circa 10 anni fa - Link
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Eretico Enoico

circa 10 anni fa - Link

E' chiaro il significato di ciò che ho scritto ovvero alcuni produttori decidono di non posizionare il loro vino in punti vendita GDO . Esistono e ne conosco personalmente alcuni ma credo anche tu potresti fare agilmente un elenco. Cosa ti sembra strano?

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Alessandro

circa 10 anni fa - Link

Intendevo dire, Eretico Enoico, che per riornire la GdO bisogna accettare condizioni di prezzo, pagamento, quantità ecc ecc che non tutti possono / vogliono accettare. Credo che il non servire i supermercati dipenda soprattutto da queste cose, piuttosto che da un non "volere svilire" il prodotto, come ho inteso intendessi tu. Se ho sbagliato intendere me ne scuso

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Alberto Tricolore

circa 10 anni fa - Link

Tranne casi rari , i vini sono conservati male,non e consigliabile spendere molto per vini alla luce ed in piedi ecc. ecc. Pero' capita di trovarsi li ed allora scegliete quelle etichette sicure, quelle che almeno di nome conoscete ( o almeno per sentito dire). Per il consumatore medio, mi rendo o sia un vero casino districarsi, ma per evitare che alcuni possano essere fregati, in mezzo ad un mare di ciofeche a basso rischio oltre ad alcuni citati, provate Cantina di Venosa, Martino, Paternoster ( i base) Del Notaio gia' non la comprerei in gdo essendo in fascia prezzo elevata per la gdo,Gragnano e falanghina Grotta del Sole e Cantine federiciane, falanghina la Guardiense prezzo ridicolo e potrebbe piacervi di sicuro costa il doppio del tavernello ma vale di piu',il base di Lungarotti vabbe' continuate voi perche' sto esagerando.

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Alessandro

circa 10 anni fa - Link

Bah, all Esselunga i vini di un certo livello sono coricati. E quelli veramente costosi pure in zone riparate dalal luce. Ma non credo sostino sugli scaffali per mesi, indi credo che le condizioni di conservazione non influenzino piu di tanto le caratteristiche del vino. PS: ma in enoteca, quanti vini sono coricati e quanti in piedi? 10% coricati e 90% diritti? Motivo in piu per cui poco condivido quanto hai scritto (con rispetto parlando, ci mancherebbe)

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Luca

circa 9 anni fa - Link

Più che coricati o non, secondo me è la luce diretta e la temperatura/umidità che danneggia vini e bottiglie, lo dico per esperienza personale. Poi tenuto conto del genere di vini mediamente presenti al supermercato (con qualche eccezione) ad esporli così si ammazzano dei morti-viventi già in partenza. Dei vini recensiti ho provato il Verdicchio (lavandino), l'Aragosta (idem), il S. Cristina (emicrania colossale al mattino) e il Corvo (non male). Morale: meglio andare in enoteca. O bere una bella birra artigianale.

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