Helsinki, la sua luce cristallina e quattro luoghi del cuore per l’assaggio della birra

di Alice in Wonderland

La prima cosa che mi ha colpita passeggiando per le strade di Helsinki, la prima come la seconda volta, è stata la sua luce e, ancora di più, il colore della sua luce. Un immenso tessuto di pulita e cristallina luminosità, quasi bianca, grembo accogliente di tutti i colori. Luce essenziale e coerente come gli abitanti della città, come la lingua che parlano, apparentemente strana, ma in fondo davvero essenziale, comunicativa e coerente. Essenzialità e chiarezza che proprio nulla hanno a che vedere con freddezza.

Ogni luogo ha le sue fiabe, le sue storie, le sue saghe, qui non ci sono Nibelunghi e Valchirie in giro, e girano anche pochi Elfi, forse qualche personaggio da favole dei Grimm in trasferta (ma quelle originali e non edulcorate dalla aspersione disneyana di zucchero a velo). Essenziali, chiari e concreti: mito autoctono è quello di Aino, che preferisce tout court la morte piuttosto che l’unione per convenienza ad un poco appetibile anziano. Convivono i ricordi dell’architettura sovietica con le casette in Jugendstil dalle facciate pastello del quartiere Eira, convivono i vecchi quartieri popolari con le strade buone del centro, convive l’Arlecchino di Severini appeso di fianco a Chagall all’Ateneum. E proprio a qualche metro da questi dipinti, la stanza prende luce dal trittico che raffigura il mito di Aino. Impagabile l’immagine del suonatore di bottiglie, che le bottiglie tratta come fossero uno xilofono e che vaporizza le strade dello shopping diffondendo Mozart e Chopin. Impagabile il concerto domenicale della banda della polizia che non esegue marce o inni, no no, esegue un intero repertorio di grazioso e inaspettato dixieland, nel parco del quartiere Kallio, quello tanto caro a Kaurismaki, davanti a un pubblico di vecchine sulle panchine e di bimbi biondi. Impagabile Mendelsshon nella Temppeliaukio Kirkko, la chiesa nella roccia. Confermata l’empatia musicale e di cuore con la città e con i suoi abitanti, mai sarebbe potuta mancare la verifica dell’empatia alcolica.

Il filo rosso: tutta la scala cromatica del giallo, tanti assaggi di birre dal bianco carta al giallo paglierino fino all’orange fluo, tutte originali di finnico terroir. Due eccezioni in questa passeggiata nell’arte birraria finlandese, entrambe degne di menzione: Ristorante Kuu, luci basse e romanticherie, la sorpresa: Vesselle alla mescita e che Dio ti benedica. La seconda: sole a picco, tavolini rivolti verso il mare movimentato da un viavai di vele bianche, talmente calda la sensazione che perfino al solitamente clownesco Moet rosé è stata perdonata d’ufficio la maroniana fragolosità.

Quattro i luoghi del cuore degli assaggi di birre.

Kappeli: palazzetto ottocentesco al centro dell’Esplanadi, la piazza principale. Qui facciamo vari ritorni su una birra artigianale arancione, la KEISARI LUOMU (Nokian Panimo), solare, spessa, di compagnia, amara quanto basta, piacevole e non scontata, insiste su erbe aromatiche fresche e agrumi e invita a prenderne un altro bicchiere quando il primo è ancora pieno per tre quarti.

William & Co., ribattezzato zio Will, selezione di alcolici di ogni tipo e provenienza, tappeti sui tavoli al posto delle tovaglie, musicisti improvvisati al pianoforte scordato, silenziosi compilatori di cruciverba, salsicce secche monodose. Qui assaggiamo la KUKKO (Laitilan Wirvoitusjuomatehdas), la birra del gallo, senza glutine, tanto luppolo, poco alcool, una pils d’attesa ma con dignità di attesa in sala dentistica del centro. Soprattutto rispetto alle altre birre della sua categoria (ovvero da supermercato), come la LAPIN KULTA (lett. Oro della Lapponia), una specie di Peroni che viene anche rinominata dagli autoctoni, più o meno scherzosamente, “lapinkusta” (Pipì di Lapponia), o la KARHU, la birra dell’Orso, ma di un orsacchiotto di peluche, pure un po’ infeltrito.

Posto mitologico il Black Door, con una selezione di decine e decine di birre finlandesi, alla spina ed in bottiglia. Bel déhor con vista sullo struscio del sabato pomeriggio, la domenica meglio dentro, con tanto di cincia svolazzante e scene da sit com: l’ostessa che senza batter ciglio invita l’ubriaco a cercare altri lidi. L’ubriaco smemorato che, probabilmente al terzo giro del caseggiato, si ripropone come nulla fosse e lei, l’ostessa, che nuovamente senza batter ciglio, gli fa notare che “la situazione non è cambiata”. Qui assaggiamo la buonissima PIKKUPOMO (Ruosniemen Panimo), ricca, di karkadè, cardamomo, kumquat, spezie in infusione. Erboristeria e legni profumati, aggraziata ma senza esser melensa, dolce senza zucchero. Non è certo da meditazione, ma da accompagno a chiacchiere fertili sì. Da meditazione su problemi seri ma risolvibili è la AMERICAN PORTER (Stadin Panimo), scura, affumicata di fabbrica. Sembra un po’ lenta e sonnecchiante, senza un minimo di brio, invece, attraversata lentamente la cavità orale, si libera in un vortice di spumeggianti piroette. E, sussurrata la sua introduzione di poche parole, si rivela assai loquace: pesce in marinatura, cenere, inchiostro, composta di more, chinotto. Supera l’aspettativa. Da Sacro Graal la coppa in cui viene servita la TERVAHAUTA (Rekolan Panimo), una muta reliquia a cui affidarsi secondo dogma e attendere religiosamente la rivelazione in quel mutismo assoluto, in quel nero abbaziale, da monaco di clausura. Lentamente si abbassa il cappuccio: tannica e vinosa sa di cantina in fermentazione, colpisce tanto lo squarcio di acidità pastosa e di gracidità impastata. La KEISARI MUENCHENER (Nokian Panimo) ha uno strato mieloso accattivante che lascia presto spazio ad amari radicali quali il sapore della senape e del rafano. Riappare il miele, di tanto in tanto, in pennellate a punta fine. Tra tutte le birre assaggiate, questa vince il premio di Miss Sensualità. 7) SOUR PUZZ (Collaboration Brew: Donut Island Brewing – Panimoyhtiö Hiisi) è la birra del sabato mattina in barca a vela, pesa e non vola via col vento, non pesa e accompagna svolazzando intorno al pennone. Da accompagno, sale, dolcezze e pesca gialla sullo sfondo.

Roskapankki, che significa “Banca della Spazzatura”, è un luogo d’altri tempi, un’atmosfera da Good Bye Lenin ma vera, nulla di costruito, non è una posticcia scenografia, è così. Pareti e tavoloni di legno, slot machine e TV sintonizzata sui Simpson’s, il locale campeggia nel quartiere operaio di Kallio ed è noto per mescere la birra più economica di Helsinki. La domenica mattina qui è davvero gustosa, già solo per l’abbandonare le orecchie alle hit anni ’80 e incuriosire gli occhi guardando i tavoli vicini. Lì siedono acconciature da ex DDR, siedono T-Shirt metallare sotto giacche buone, siedono gomiti attivi e bocche che trangugiano birra arricchita da aiutino di Fernet Branca. Qui assaggiamo la KOFF III (la scala in numeri romani va da I a V e indica il grado alcolico). Talmente colorato il posto che questa birra l’avrei ricordata con affetto anche se non fosse stata piacevole com’è stata: saporita e snella, dissetante, in una parola, buona.

Il giardino dei semplici si gode la vita.

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Alice in Wonderland

Nascere a Jesi è nascere a un bivio: fioretto o verdicchio? Sport è salute, per questo, con sacrifici e fatica, coltiva da anni le discipline dello stappo carpiato e del sollevamento magnum. Indecisa fra Borgogna e Champagne, dovesse portare una sola bottiglia sull’isola deserta azzarderebbe un blend. Nel tempo libero colleziona multe, legge sudamericani e fa volontariato in una comunità di recupero per astemi-vegani. Infrange quotidianamente l’articolo del codice penale sulla modica quantità: di carbonara.

3 Commenti

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Ale

circa 10 anni fa - Link

Ma i prezzi come sono? I paesi nordici, si sa, sono l'esatto opposto di quello che noi definiamo "convenienza". Impossibili come la Norvegia o un po' meglio?

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Alessio

circa 10 anni fa - Link

@Ale rispetto la Norvegia e la Svezia i prezzi sono più "abbordabili"

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Alice

circa 10 anni fa - Link

Il calice di Vesselle stava sui 12 Euro, le birre tra i 7 e i ... 3 (a Kallio).

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