Grandi sommelier, il problema è tutto italiano

Grandi sommelier, il problema è tutto italiano

di Jacopo Cossater

Sono passati ormai alcuni giorni dalla notizia della vittoria dello svedese Jon Arvid Rosengren al concorso organizzato dalla Association de la Sommellerie Internationale, quello per eleggere il miglior sommelier del mondo. Nel riportarla sottolineavamo quanto sia forse più facile per chi lavora in alcune piazze dal respiro internazionale (come Londra o New York) riuscire a prepararsi per appuntamenti di questo tipo, concorsi che oggi più che mai richiedono una conoscenza millimetrica di tutte le maggiori denominazioni e rispettivi vini del mondo. Una preparazione che nei principali paesi produttori -Francia, Italia, Spagna- è più difficoltosa proprio per la scarsa accessibilità e conoscenza dei vini provenienti dal cosiddetto nuovo mondo.

È a questo proposito che rilanciamo con slancio e piacere un’email ricevuta da quel Raffaele Mastrovincenzo, già sommelier dell’anno in Australia per Gourmet Traveller, che avevamo sentito lo scorso settembre proprio a proposito della sua esperienza a Melbourne.

In realtà credo che tutto si possa realizzare anche in Italia, la mia impressione però è che non ci siano maestri che vogliono veramente aiutare chi ha tanta volontà di emergere. Se per dire le associazioni di sommelier spingessero di più sono sicuro che anche l’Italia potrebbe sfornare grandi sommelier internazionali.

Ti faccio un esempio. Qualche anno fa mandai il mio curriculum a un noto ristorante romano, locale dove c’era una posizione aperta di assistente sommelier cui era richiesta la seconda lingua. In quel momento ero secondo sommelier all’Attica di Melbourne, allora numero 32 nella classifica 50 Best della San Pellegrino. Un’esperienza pazzesca, pensa che il mio head sommelier dell’epoca quest’anno era in Argentina al concorso dell’ASI a rappresentare l’Australia. Da lui ho imparato tantissimo: ogni venerdì facevamo degustazioni alla cieca della durata di circa 2 ore con vini di tutto il mondo cercando di riconoscere varietale e provenienza. Bene, da Roma mi dissero che la mia candidatura non era adeguata allo standard del ristorante.

La mia impressione è che in Italia ci sia la convinzione di essere sempre i migliori, nel vino come nella sommelierie, e che non ci sia mai niente da imparare dall’esterno. Spesso chi gestisce grandi carte in Italia rimane sugli allori e per primo non si circonda da persone con cui confrontarsi e cercare stimoli sempre nuovi.

È per questo che ti scrivo, il problema secondo me è tutto qui. A guardare i listini degli importatori italiani si trova un po’ di tutto, cilieni, australiani, americani, etc. E anche per organizzare degustazioni in team come tra amici online è possibile trovare tantissimo. Mancano però volontà e visione. Non c’è voglia di crescere insomma, non è un discorso geografico.

Il tema è aperto e da queste parti le parole di Raffaele sembrano quanto mai centrate, non è infatti raro imbattersi in ristoranti celebratissimi le cui carte dei vini rilevano una polvere fin troppo sedimentata, polvere frutto di quella stanchezza lamentata proprio nelle sue parole.

[immagine: therealargentina.com]

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

24 Commenti

avatar

Saverio Di Gennaro

circa 8 anni fa - Link

Quoto tantissimo, vittima di porte chiuse in faccia anche da stagista, nella speranza della mia crescita professionale. Mettiamola però su questo punto di vista: 60% colpa di chi opera nel settore che a volte pecca di superiorità non dovuta; 40% colpa di clienti/ospiti italiani che peccano di superiorità non dovuta; Noi italiani siamo super esigenti, anche non capendo mai un Gewurztraminer.

Rispondi
avatar

Sergio

circa 8 anni fa - Link

il problema è anche che in Italia non ci sono grandi locali internazionali, o si contano sulla punta delle dita. E poi a un locale interessa un "sommelier da concorso" o un venditore di vini per i tavoli? capisco che l'una dote non escluda l'altra, però la precedenza ovviamente va al business, ovviamente per i pochissimi locali che hanno ancora un sommelier. Posso chiedere a cosa servono i bicchieri neri della foto del post? qualche strana gara di riconoscimento?

Rispondi
avatar

motown

circa 8 anni fa - Link

Degustazione alla cieca, Sergio. Con il bicchiere nero il degustatore non ha nessun indizio che potrebbe invece trarre dal colore/tonalitá del vino

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 8 anni fa - Link

Qualcuno mi spiega cos'è "Un Sommelier"?

Rispondi
avatar

Morrisoff

circa 8 anni fa - Link

I sommelliero in italia nei ristoranti stellati nella maggiorparte dei casi è un ragazzino stagista spesso nipponico non retribuito. Buona Giornata.

Rispondi
avatar

francesco vettori

circa 8 anni fa - Link

"Uno che tira la soma".

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 8 anni fa - Link

...nel senso che la "lancia" o che la "trascina"? In entrambi i casi la complessione fisica non dovrebbe essere trascurabile, in sede di giudizio dei "concorsi" ...

Rispondi
avatar

angela

circa 8 anni fa - Link

thank you for this, jacopo. i began working in italy over a year ago, with qualifications from the Court of Master Sommeliers, WSET, and 5 years experience in a 3 michelin star restaurant in the US. when restaurants found out i had not studied through AIS, they dismissed my knowledge of wine all together. wake up, italia! c'e' un mondo di vino da scoprire!

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 8 anni fa - Link

...ma il sommelier in primo piano , quanto se la dorme? Non mi sembra eccessivamente coinvolto dalla tenzone...

Rispondi
avatar

Denis

circa 8 anni fa - Link

Sta chiaramente reprimendo un rutto.

Rispondi
avatar

davide

circa 8 anni fa - Link

Per non parlare delle carte dei distillati.

Rispondi
avatar

il farmacista goloso

circa 8 anni fa - Link

In questo campo vige l'ignoranza più nera... e si vedono le carte più obbrobriose, anche nei pluristellati: in tutto il corso pluriennale AIS quante sono le ore dedicate agli spiriti? Due? Per tacere dei descrittori quando i sommelier assaggiano qualcosa da vendere online: rasentano la comicità, se non il grottesco.

Rispondi
avatar

bruno

circa 8 anni fa - Link

Penso che durante il corso Ais i distillati così come altri argomenti ad esempio la birra, rappresentino un corollario all'argomento principale che è e rimane il vino. Credo che sia giusto così, dare un accenno su materie di cui bisogna comunque sapere l'Abc e dare la facoltà di approfondire ad ognuno secondo le sue propensioni. Quello che mi sorprende invece è la scarsa trattazione di alcune zone vinicole come la Francia, svolta in due lezioni o alcune regioni italiane trattate in maniera a mio avviso carente

Rispondi
avatar

Denis

circa 8 anni fa - Link

Domanda del commensale medio: perché devo scegliere un sauvignon del Marlborough quando sono quasi certo che ne fanno di molto buoni da qualche parte nel nord est d'Italia? Domanda del sommelier medio: perché devo "spingere" un pinot noir dell'Oregon quando so che ce ne sono di altrettanto buoni in Italia, per non parlare della Francia? Domanda del delegato medio: perché organizzare una degustazione di vini sudafricani quando i protagonisti della prima domanda, e probabilmente anche più di qualcuno della seconda, non saprebbero spiegare la differenza tra barbera d'Alba, d'Asti e del Monferrato? Ben venga la curiosità (appena avrò svezzato mio figlio che sta per nascere organizzerò una degustazione di rum nella mia delegazione), che arricchisce sempre e comunque, ma a queste domande occorre dare una risposta, e che valga per tanti, non per la minoranza di appassionati enomaniaci come chi gira per queste pagine. PS: sono sicuro che un oste che offrisse vaste scelte di vini del nuovo mondo, sarebbe criticato aspramente al grido di "Impariamo dai francesi! Loro si che sanno vendere i loro prodotti! Siamo i soliti stolti, indietro come la coda del cane!"

Rispondi
avatar

Cristiana Lauro

circa 8 anni fa - Link

Bel post. Bravo Jacopo! 😉

Rispondi
avatar

gianpaolo

circa 8 anni fa - Link

insomma, mi sembra che si possa riassumere cosi: provincialismo, e una certa dose di arroganza sciovinista. Secondo me cambiera', anzi sta gia' cambiando.

Rispondi
avatar

Matteo Zappile

circa 8 anni fa - Link

Il focus ahimè si è un pò perso sulla questione, oggi c'è bisogno di uomini e donne di sala e di cantina, persone Umili, che sono in grado di gestire una carta di vini importante come parlare e raccontare di distillati fino ad arrivare ai caffè. I concorsi sono una bella parte del nostro lavoro ma bisogna avere tanto tempo a disposizione, sottraendolo ai clienti e soprattutto una squadra pronta a sostenere un candidato per diversi anni, più è piccola la realtà e più sono grandi i sacrifici. La figura ad oggi più ricercata non è più solo colui che consiglia e stappa le bottiglie, oggi il sommelier è parte integrante di un team! In grado di rispondere a tutte le esigenze. Oltre a questo punto di vista, l'aspetto degli stage è ben più complesso regolamentato da norme ben precise e restrittive, per chi non ne fosse a conoscenza ( uno stagista ogni 10 assunti! ). Dal nostro canto il 28esimo Sommelier più bravo al mondo è il nostro direttore! Salut!

Rispondi
avatar

Angelo D.

circa 8 anni fa - Link

Concetti condivisibili si e no. Prepararsi per i concorsi costa, moltissimo. O stai in sala o stai dietro agli allenamenti, gli studi, le degustazioni, i concorsi. Chi paga? E chi l'ha vissuto sa di cosa si parla? E i 'fenomeni' su cui investire non ne sono tanti in giro e spesso i pochi sono mal gestiti se non bruciati. Le associazioni fanno quel che possono ma sono troppe e profondamente divise tra loro con tante mani sulla cassa e pochi occhi sull'orizzonte. Sul tema invece del poco spazio e vero e no. C'è chi dà ampio respiro ao giovani e chi invece lu vede come un problema. Io però non posso che metterci la mia di esperienza: 1 su 10 ce la fa ma ci deve cogliere a pieno e investire (quanto sopra, rigo 2). Imho

Rispondi
avatar

Montosoli

circa 8 anni fa - Link

Ma se in Italia ancora devono imparare la vera conservazione dei vini...!!

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 8 anni fa - Link

...ma invece di stare dietro a str ... ahem ... lodevoli iniziative come le gare "da bravo sommelier" , non sarebbe meglio investire su un rinnovamento epocale della didattica e dell'organzzazione dei corsi della Sommellerie italiana tutta che ha l'attualità sovrapponibile ad un "computer" Commodore 64 ?

Rispondi
avatar

Salvo Silvestro

circa 8 anni fa - Link

Da sommelier sono perfettamente d'accordo sulla questione che chi lavora in piazze come New York o Londra sia più facilitato, e per un motivo semplice: il cliente che viene a cena in un ristorante italiano raramente beve un prodotto non italiano se non addirittura fuori dal territorio dove si colloca il ristorante stesso. Il tempo per prepararsi ad eventi come questi è molto poco, anche perchè i sommelier in Italia non si dedicano solo alla sommellerie ma hanno moltissime altre cose di cui occuparsi. Sulla questione didattica il discorso è talmente lungo che andrei fuori tema....

Rispondi
avatar

Gianni

circa 8 anni fa - Link

condivido lo spunto di Raffaele... ma non si puo' non considerare il ruolo di organizzazioni che supportano i sommeliers.... al di fuori dell'Italia c'e' un entusiasmo crescente per/tra i somm supportato da organizzazioni serie come il CMS che generano un circolo virtuoso in cui i sommeliers si migliorano continuamente.... in Italia cosa c'e'? l'AIS, la FIS, la FISAR? ma per favore... siamo su pianeti ed epoche diverse (come serieta', preparazione, livello, difficulta')... non a caso giornali e siti in Italia ancora si riferiscono a Gardini come miglior sommelier DEL MONDO! (si ... del campionato internazionale dell'oratorio AIS pero'!)...

Rispondi
avatar

Raf

circa 8 anni fa - Link

Grazie Jacopo, Questo articolo mi era sfuggito; interessante .. Mi permetto di precisare le associazioni di Sommelier Italiane fanno una bella formazione niente di diverso dalle note e rispettive anglofone. La lacuna sta nella post formazione dei professionisti che non si adottano a maestri divulgatori ed insegnanti per i nuovi arrivati. Sono d'accordo che chi lavora in un ristorante o enoteca non ha tempo a sufficienza, ma il tempo è un problema globale; Jacopo ed in travino potreste creare una scuola degustazione per chi vuole entrare in concorsi nazionali ed internazionali . Chiamate i grandi professionisti a fare queste piccole master class, credo che ci sarebbe la fila per parteciparvi. Immagina un guru della Borgogna e champagne fa lezione e degustazione sul tema Un produttore langarolo che conosce il luogo come le sue tasche farebbe comprendere i diversi aspetti del nebbiolo e singole vigne. Coinvolgere distributori che importano i vini del nuovo mondo a parlare di loro. Un distributore di distillati a fare comprendere l'arte della distillazione e via dicendo Questo è il futuro della sommelier fare team per avere un Champion. Rosengrreen a NY è stato aiutato da tutti nella grande mela per vincere. Se si vuole vincere oggi con le informazioni che volano a 3000 vi è bisogno di fare squadra. Top article

Rispondi
avatar

Matteo

circa 8 anni fa - Link

Ma ci interessa così tanto vincere questo tipo di premi? il mondo del vino italiano ha ben altri problemi che, se risolti, libereranno la strada anche a questo tipo di impegni in futuro...ma oggi a chi proponi un sudafricano se c'è parecchia gente che bianco o rosso per loro è uguale? Il primo problema è che fare il sommelier in Italia è difficilissimo: chi ti assume spera sempre che tu col tuo modo di fare così "pettinato" e professionale sappia vendere, conta solo quello per loro, dell'abbinamento e del piacere della scoperta non gliene frega nulla (in primis all'avventore sia chiaro, figuriamoci al ristoratore). Aggiungo che dal punto di vista sempre dell'avventore ha poco senso, se non giusto per curiosità, provare qualcosa che arrivi dall'estero: costerà un botto e potrebbe pure non esser meglio dell'alternativa italiana. Quindi prepararsi per questi concorsi si basa su un'interesse personale che al di la' del lato economico comporta anche un impegno difficilmente gestibile.

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.