Grande vino bianco di Puglia non è un ossimoro. Provare il Pietrabianca di Tormaresca per credere

di Antonio Tomacelli

La Puglia è una terra che fa solo grandi vini rossi. No, aspetta, riproviamo con il punto interrogativo: la Puglia è una terra che fa solo grandi vini rossi? Meglio, direi, e poi smettiamola con questa storia della Puglia: si dice Le Puglie, visto che parliamo di un pezzo di terra lungo 454 chilometri con otto sub regioni differenti, quattro dialetti e ed una varietà geomorfologica da far invidia a chiunque. In una regione così i vini bianchi ci starebbero da dio, ma vuoi per cultura, vuoi per abitudine nessuno ci ha mai creduto più di tanto.

Ci provò la Gancia nel 1985 piantando sulle Murge lo chardonnay ma fu un progetto che durò poco. Quei vigneti furono comunque acquistati dalla famiglia Antinori e rappresentarono il primo nucleo della tenuta Tormaresca.

Dov’è finito tutto quello chardonnay? In parte nel mio bicchiere durante una verticale alla quale ho partecipato in veste di quasi conduttore, con tanto di enologo a fianco. Con Renzo Cotarella c’è stato per tutta la serata un piacevole scambio di opinioni anche se, a dire la verità, avevo accettato l’invito di Tormaresca con un misto di diffidenza e stupore: “ma come, invitate proprio me a una verticale di chardonnay pugliese, ma siamo matti?”. Per la serata avevo anche indossato il più bello dei miei sopraccigli alzati ma le cose sono andate diversamente.

Alla fine il Pietrabianca doc Castel del Monte mi è piaciuto molto, anche nelle annate meno convincenti. Spiego punto per punto il perché:

1. È uno chardonnay addomesticato dalla dura roccia murgiana per cui stop ai soliti profumi di ananas e frutta tropicale e largo al gesso, alla frutta bianca e al sale, segno che il terroir ha inciso eccome.
2. Nonostante il Pietrabianca passi gran parte della sua vita in barrique, il legno è gestito con leggerezza e la bevibilità è garantita. Per le prossime annate, comunque, Cotarella mi ha promesso che userà delle botti più grandi e ancor meno invadenti.
3. Negli ultimi millesimi lo chardonnay ha ceduto un po’ di spazio al Fiano (10%) guadagnando in eleganza e finezza.
4. È un ottimo vino bianco, fine, elegante ed è pugliese: è in splendida forma dopo 12 anni, mi autorizzate a gridare al miracolo?

Le annate in degustazione erano cinque: 2002/4/7/9 e 2012. La mia preferenza relativa è andata al 2002, snello, elegante e dalla bocca salina per nulla stanca o appiattita: dodici anni portati benissimo e senza essere nato in Alto Adige.

Ottime anche le annate 2004, più evoluto degli altri e con un profumo di cognac e pasticceria da stordimento, e la 2007 imperiosa e ben definita. La 2012, date le premesse, è ancora da attendere: fra cinque anni sarà buona “già cinque anni fa”.

La botta di vita, però, è arrivata con il millesimo 2009 e quel 10% di fiano, credetemi, fa la differenza. Non mi dilungo su quello che bevuto — puro piacere, tra l’altro — ma sappiate che ho mentalmente mandato al diavolo tutti gli scettici che non hanno mai creduto alle potenzialità bianchiste della Puglia.

Perché la Puglia non è solo pianura, caldo e Salento. L’altopiano carsico delle Murge, per dire, si eleva in alcuni punti fino a 700 metri con una media di 400. Ha un clima decisamente più fresco delle zone litoranee ed una conformazione geologica unica. Si estende per quasi tutta la regione e sul suo territorio si trovano diverse d.o.c. (Gioia del Colle, Castel del Monte, Locorotondo, Gravina)

Ecco, a tutti gli scettici vorrei dire solo che la Puglia dei grandi vini bianchi c’è, esiste ed è in ottima salute: la trovate in via Altopiano delle Murge s.n.

Bussate e vi sarà aperto.

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

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