Grand Tour delle cantine: che tipo di viaggiatore sei?

di Emanuele Giannone

Viaggiare per vino è reperire nuove accessioni per un fondo di valore incommensurabile: quello delle memorie migliori. È così per me, immagino che sia lo stesso per molti di voi. I racconti che scaturiscono dai grandi e piccoli tours enoici sono sovente interessanti, ma su web e stampa di settore aleggia una furia cronachistica che risulta in inconsapevoli fusioni di elegia e fotoromanzo.

Guardandovi intorno, scorgerete subito quelli che amano svolgere il viluppo di impressioni e ricordi in piccole agiografie con compendio di analisi sensoriale; e a seguire quelli che collezionano visite come segnaposto, ignari di quanto sia pedante il presenzialismo e monotono lo sfoggio delle res gestae.

Abbiamo quindi i collezionisti, che serbano in tinello decine di bottiglie-trofeo e foto con produttori, scorci rurali, potatori, cugini di campagna, quadretti rubati alla quiete domestica. E poi gli imbalsamatori: veri fenomeni di mnemotecnica, sembrano aver inglobato la serie completa dei taccuini di venti, trent’anni di assaggi. Qualunque vino citiate, non sfuggirete alla loro memoria cache, sebbene il processore sia solitamente lento a recuperare le informazioni. Per finire vi sono da un lato i vinisezionisti, che scremano dal vino le emozioni e si accaniscono sulle percezioni; e dall’altro gli archivisti sentimentali, che conoscono l’arte di coltivare il ricordo: ricordo e vino, memoria dei sensi e senso della memoria. Io, come molti, agli esordi ho fatto il vago tra le posizioni in voga. Poi mi sono barricato nella ridotta positivista dei vinisezionisti, che è un luogo figurato molto rassicurante. Col tempo è nata la passione e con quella sono venuti anche gli interrogativi sulle sue ragioni. L’ultimo viaggio è stato decisivo perché mi ha fornito una risposta convincente, scaturita dall’ennesimo intreccio di chilometri, parole e calici: mi piace raccontare il vino perché il vino racconta chi lo ha fatto. Non mi separo mai dall’idea di vino come medium tra me e l’artefice e proprio verso questi si dirige il mio interesse.

Il vino rivela chi lo fa. È un viatico magnifico e immediato, parla e fa parlare. Poiché mi interessano le persone, per me prevarranno sempre le implicazioni sociali ed empatiche su quelle organolettiche. Preferirò sempre le emozioni alle emulsioni. Anche per questo, provandomi di tanto in tanto a guidare una degustazione, vado convincendomi che il posto del relatore non fa per me: io privilegio l’aspetto conviviale e ludico. Per me sarà sempre più importante la paidìa della paidèia, il gioco più dell’ammaestramento.

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

5 Commenti

avatar

raino80

circa 11 anni fa - Link

Bel post Emanuele, io mi sto convincendo che quando si incomincia il viaggio nell'enomondo si prova a essere un ibrido di tutte le sottocategorie che hai elencato, per poi col tempo riconoscersi sempre più in una specifica. Trovo quella dei vinisezionisti la più romantica (oltre che molto ben chiamata), mi auguro col tempo di avvicinarmici sempre più, perchè mi ritengo ancora agli inizi, ergo sono ancora in fase ibrida. Alla prossima.

Rispondi
avatar

Emanuele

circa 11 anni fa - Link

Fai bene. L'ibridazione è incrocio di specie e varietà, tecniche e culture diverse.

Rispondi
avatar

andrea jermol groppi

circa 11 anni fa - Link

Il 90% dei vini che ho in cantina l' ho comprato dal produttore nella sua azienda agricola. Lo abbiamo degustato insieme, lo abbiamo commentato. Con i più disponibili abbiamo fatto un giro in vigna e in cantina. Quando trovo un' azienda il cui proprietario non ha i calli alle mani e l' alito vinoso non assaggio neanche il vino, invento una scusa e scappo. Quando non trovo il proprietario ma trovo solo l' enologo scappo. Quando trovo l' azienda ma i vigneti non si vedono scappo. Il vino è un meravigliosa esperienza multisensoriale, ma senza il suo contesto le sensazioni rimangono confinate nella bottiglia. p.s. Il 10% lo compro al salone dei vigneron independant, e qualche bottiglia su internet quando le bottiglie che molto mi sono piaciute sono finite e non sono più in grado di trovarle dal produttore. Grazie Emanuele.

Rispondi
avatar

Emanuele

circa 11 anni fa - Link

Bravo. E fortunato per la possibilità, che credo di poter dedurre, di viaggiare spesso per cantine. A chi le cantine, a chi i cantieri (ah, sorte mia... ).

Rispondi
avatar

Enzo

circa 11 anni fa - Link

Quando leggo commenti come quello di Andrea, scappo. Quando incontro gente che, siccome ha visto più di una volta Mondovino di Nossiter, pensa di sapere già tutto sul vino, scappo. Quando incontro gente che scappa, scappo. Quando scrivo commenti antipatici come questo, scappo. E mentre noi siamo intenti a scappare, quelli che non scappano hanno in mano il business del vino... nel bene e nel male.

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.