Filippo Calabresi e la rivoluzione silenziosa del suo Syrah

Filippo Calabresi e la rivoluzione silenziosa del suo Syrah

di Jacopo Cossater

Stavo iniziando questo post scrivendo di questa storia come di una “piccola storia”, almeno per dimensioni. Poi ho pensato non fosse il lato più giusto da cui guardarla, che non necessariamente ci sono storie piccole o grandi ma belle o meno, e questo è sicuramente il secondo caso.

Cortona, Toscana. Dal 2013 Filippo Calabresi ha sulle spalle una responsabilità mica da poco: Tenimenti d’Alessandro, la cantina di famiglia, non è un nome qualsiasi ma quello che più di tanti altri rappresenta la nascita della denominazione e di tutto quello che è successo negli anni successivi con la syrah, varietà della Valle del Rodano che in questo angolo della provincia di Arezzo sembra aver trovato una zona particolarmente fortunata, caso pressoché unico in Italia. I vigneti adiacenti la splendida casa padronale colpiscono non tanto per estensione, circa 37 ettari, quanto per sesto d’impianto. I vigneti più fitti sfiorano infatti la mirabolante cifra di 8.500 ceppi per ettaro, numero che forse ben rappresenta un periodo storico meno lontano di quello che sembra, la fine degli anni 90, e tutto l’immaginario che nel vino questa fase porta con sé. Sarebbe però un errore derubricare Il Bosco, il più importante dei vini dei Tenimenti, a vino intrappolato in quei confini storici: il 2011 stupisce per un certo dettaglio, per intensità e per una profondità tutt’altro che banale.

È tra quei 37 ettari equamente distribuiti tra syrah e viognier che Filippo ha ricavato uno spazio suo e solo suo, un appezzamento a terrazze di circa 2 ettari da cui produrre un vino capace di rappresentare al meglio la sua idea. Un luogo non necessariamente sinonimo di sottrazione quanto di diversità, nel quale muoversi con agilità alla ricerca di quei confini che oggi appaiono in parte esplorati solamente da Stefano Amerighi, almeno in zona. Non è tanto l’approccio biodinamico in vigna a stupire quanto la decisione di vinificare e lasciare maturare il vino in sole vasche di cemento senza alcun intervento, materiale che nel bicchiere porta una sicura ventata d’aria fresca, almeno immaginando il contesto in cui nasce. Una scelta dettata anche dall’esito della sua prima vendemmia, quella del 2013: quel rosso, seppur straordinariamente levigato, paga un’incisione data dal rovere leggermente sopra le righe che ne limita in parte la distensione e lo slancio, in particolare in chiusura. Il 2014 è stata un’annataccia, e si sente. È però nel blend tra queste due vendemmie, 2013 e 2014, che Filippo è riuscito a sintetizzare il suo primo passo, vino “senza annata” che spicca per articolazione, che al centro dell’assaggio si muove con fluidità prima di una chiusura di esemplare precisione. E poi il 2015, quella bella. Nel bicchiere è Syrah che coniuga piacevolissimi toni di pepe di sichuan con note di scorza d’arancia prima di un assaggio ritmico, croccante, solare, che non solo stupisce per personalità ma che fa anche guardare alla zona con sempre maggior fiducia e interesse. Un nuovo capitolo per Cortona e per i suoi Syrah.

Questo progetto di Filippo Calabresi si chiama DOTE, Down to Earth, e per trovare le prime bottiglie in giro, quelle senza annata, dovrebbe essere questione di poche settimane.

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

1 Commento

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Marco Vercesi

circa 8 anni fa - Link

Sono un estimatore del vitigno Syrah, ne ho bevuti tanti e spero di berne molti altri ancora. In Italia ho assaggiato bottiglie molto interessanti, soprattutto in climats d'elezione. Eppure nessuno è mai riuscito a eguagliare la classe dei Syrah della Valle del Rodano del Nord. Che si tratti di eleganti Hermitage oppure di più strutturati Cote Rotié, trovo che le diverse espressioni che questo meraviglioso vitigno riesce a dare nella regione francese siano irraggiungibili. Per non parlare del Viognier. Ciò non vuol dire che non si debbano coltivare e vinificare altrove, eppure almeno per ora non ho trovato nulla di paragonabile. Penso ai grandissimi Hermitage di Marc Sorrel oppure ai più concentrati (terroir diversi, risultati differenti) Cote Rotié di Clusel Roch...che meraviglia!

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