Fighetti di sinistra. Due o tre cose che so di loro, ora che ho parlato con Angelo Gaja

di Antonio Tomacelli

Sulla lavagna di Intravino Angelo Gaja è segnato da sempre sul lato dei “buoni” e, probabilmente, rimarrà in quella posizione per tanto tempo ancora. Prima, però, vorremmo ci chiarisse il senso di quella definizione infelice rilasciata giusto ieri al Corriere della Sera: chi sono, ci chiediamo, quelli che Gaja bolla come i fighetti di sinistra e perché sarebbero inadatti a fare marketing e, in definitiva, a vendere vino?

La domanda è ancor più legittima in quanto l’intervista al nostro eroe di riferimento non rappresenta uno dei momenti più alti della letteratura italiana di tutti i tempi. Tanto per usare una metafora: l’articolo di Ferraro è scritto con i bomber ai piedi, confondendo marketing e comunicazione senza soluzione di continuità.

Torniamo ai nostri “fighetti di sinistra”: chi sarebbero costoro e, soprattutto, quale categoria di operatori gli vorrebbe opporre Gaja? Leggiamo direttamente dal Corriere:

“Quando il fondatore di Slow food Carlin Petrini (che non è un fighetto) sente parlare di marketing gli si rizzano i capelli – spiega Gaja -. Eppure, solo per parlare del mio Piemonte, a sinistra molti hanno appoggiarono Bartolo Mascarello quando lanciò le etichette con la scritta No barriques, No Berlusconi. Non è forse marketing anche quello? Noi dobbiamo fare più e meglio il nostro lavoro di marketing. Invece il vino italiano è in mano per il 53 per cento alle coop che spesso faticano a rischiare in proprio, preferendo l’assistenzialismo, o gli aiuti dei fondi Ocm per l’export”.

Di che diavolo stiamo parlando? Se l’oggetto dell’articolo è “Le strategie aziendali da utilizzare per vendere all’estero”, cosa c’entrano le Cooperative che sfornano Tavernello e Castellino? E perché, di grazia, dovremmo rifiutare gli aiuti OCM dell’Unione Europea che TUTTI gli altri stati saccheggiano a piene mani?

Quando le cose non ti sono chiare, come in questo caso, la cosa migliore da fare è verificare, essendo Gaja una persona educata e disponibile. Sentito al telefono, dopo pochi minuti di conversazione la verità salta fuori: “Quando parlavo di fighetti di sinistra, mi riferivo a loro solo come il target di riferimento del marketing “fatto in casa” di Mascarello, non certo ad una categoria di operatori inadatta a vendere vino perché, appunto, fighetti di sinistra. Il mercato, dunque, non deve avere come obbiettivo una sola categoria di persone, ma deve allargarsi e parlare al mondo”.

Insomma, l’articolo di Luciano Ferraro non aiuta a capire il pensiero di Gaja, quindi se la prossima volta volesse una mano per scriverlo basta chiedere e ci impegniamo con lui. Sarebbe un onore.

 

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

15 Commenti

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stefano bonilli

circa 11 anni fa - Link

Io mi ricordo che quando siamo nati nel 1986 Gaja era già Gaja superstar e noi eravamo i fighetti di sinistra perché il gambero rosso era supplemento del manifesto, quotidiano comunista c'era scritto sulla testata. Più fighetti di sinistra di così si muore. E infatti i rapporti con Gaja Superstar sono sempre stati mediati da Petrini il quale, in quanto piemontese, non poteva essere un fighetto di sinistra ma al massimo uno di sinistra. Quando poi la guida dei vini diventò "La Guida", Gaja Superstar, che è un realista, iniziò ad avere dei rapporti diretti con i fighetti di sinistra di Roma senza la mediazione di un piemontese. Così andavano le cose nel mondo del vino il secolo scorso :-).

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Vignadelmar

circa 11 anni fa - Link

Io non sono un fighetto di sinistra, sono orgogliosamente Comunista. Tracanno i vini del Giove Tonante dell'Enologia Italiana da almeno due decenni, penso di non essermi sbagliato. Raramente ho dialogato tanto amabilmente ed in maniera tanto interessante come ho fatto con Gaja, che è persona diversissima da me.....e forse è proprio per questo. . Ciao

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vincenz

circa 11 anni fa - Link

In un altro post ci avete fermato, dicendo che con Gaja non va usato il machete.

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Daniele

circa 11 anni fa - Link

Dalle mie parte si direbbe 'El parla parchè el ga a boca'

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Antonio Tomacelli

circa 11 anni fa - Link

Daniele, forse è più corretto "el ghe scrive perchè al ga la biro" :) P.s.: correggimi pure, sono pugliese.

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Daniele

circa 11 anni fa - Link

Antonio ci sei andato vicinissimo! Complimenti! "El Scrive parchè el ga a biro"

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Jean

circa 11 anni fa - Link

Ossignore, mo' ci becchiamo pure i vini-di-destra e i vini-di-sinistra (che a loro volta si spaccheranno in mille gruppuscoli gli uni contro gli altri armati)... Nooo, pietà!

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AG

circa 11 anni fa - Link

Sorry, ci sono da sempre vini di destra e vini di sinistra. Ma non dipende dalla parte politica di chi li fa.....

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bruno

circa 11 anni fa - Link

@ AG : e da che dipende?? potresti fare qualche esempio....che mi hai incuriosito....

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AG

circa 11 anni fa - Link

Bruno, vale qui come in ogni altro campo: dipende da quale fattore nel rapporto prodotto/profitto si sceglie come fine e quale come mezzo.

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nico aka tenente Drogo

circa 11 anni fa - Link

della serie "la sinistra è buona", "la destra è cattiva" oh mamma mia, continuiamo così e Berlusconi vince altri 50 anni

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AG

circa 11 anni fa - Link

Non vorrei peccare di presunzione, Nico, ma le mie parole volevano essere un po' più profonde. Ma non è questo il posto.

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Nelle Nuvole

circa 11 anni fa - Link

Non dimentichiamoci, allora, che ci sono vini monarchici, fatti da "Re" al di sopra delle parti.

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Eleutherius Michel Ney

circa 11 anni fa - Link

Si chiamano vini octroyé, nevvero? (nemo iudex in re propria?)

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maurizio gily

circa 11 anni fa - Link

in effetti si capiva ben poco da quell'intervista, mentre d solito Gaja si fa capire bene. Le critiche alla cooperazione sono giuste, però se il 53 % del vino lo fa la cooperazione forse è perché, malgrado la cooperazione spesso non sia brava a vendere il vino, soprattutto quello di alta gamma, è stata ugualmente in grado di pagare i contadini meglio dell'industria.

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