Fenomenologia dell’enostronzetta
di Sara Boriosi[Mentre tento di concentrarmi sulle Verità Fondanti che vorrei esporre, ho l’orecchio teso verso la televisione che trasmette il film “Priscilla – La regina del deserto”, perciò è probabile che il pensiero che sto per esporre sia influenzato dai dialoghi in sottofondo, inoltre sono a dieta livello estremo: non prendetevela con me, è lo stomaco che scrive]
Siccome l’editore è persona accorta, ha pensato bene di chiedere a me – che sono riconosciuta dal bel mondo come una persona dalla rutilante vita sociale, benvoluta nei salotti che contano e contesa tra le più scoppiettanti testate scandalistiche – di scrivere una disamina più o meno precisa sulla leggendaria figura dell’enostronzetta.
L’enostronzetta – se esiste – è la compagna di classe che alle superiori aveva già fatto tutto prima di tutte, però manteneva quell’aura di candore e rispetto che noi povere criste un po’ tonte, più inclini ai centri sociali occupati che al club fighetto della città, non avremmo mai avuto nemmeno esibendo in aula l’intera collezione di canottiere lana fuori-cotone sulla pelle che le amorevoli madri ci obbligavano a mettere, un po’ per non prendere freddo ma soprattutto per prevenire il verificarsi di certi esperimenti adolescenziali. L’enostronzetta è un archetipo, e risponde a determinati tipi fisici.
Ma basta con questi esempi dolorosi, passiamo alla pratica ponendo una bottiglia al centro di un desco rallegrato dalla presenza di alcune donne, ognuna con una particolare caratteristica, non necessariamente esperte di vino ma bevitrici à la page (il mondo della gastronomia vale solo per gli uomini o per le modelle che si fanno i selfie facendo finta di addentare succulenti panini al lardo light). Appena servito il contenuto della bottiglia, la prima a parlare è una donna dall’età indefinibile e l’abbronzatura quattro stagioni, magra anzi magrissima e vestita di scuro declinando gli intramontabili Hermès e Gucci, che si muove svelta sulle gambe sottili e flessuose dallo stinco fino come certi purosangue inglesi.
Converrà alzando il sopracciglio a denotare sufficienza, che il vino ha la volatile alta mentre la seconda, una blogger sulla trentina e un passato di Erasmus alle spalle che le ha lasciato in dotazione un figlio avuto per caso e un vero talento nell’annusare i trend e far finta di capirci anche se in realtà non ne capisce un cazzo, risponderà con sicurezza affermando che quello è un vino naturale, i vini naturali sono il futuro e se non puzzano lei proprio non lo beve.
Al che la terza signora, cinquantenne catarifrangente dal tubino in tigre leopardata, frequentatrice abituale dei ristoranti che piacciono alla gente che piace, sentenzia con forte inflessione dialettale e mignolo all’insù: per lei, bere si beve; però certo un prosecchino sarebbe andato giù meglio, e poi esplode in una risata che zittisce le altre, e viene interrotta solo dalla quarta donna. Esuberante ma con stile, occhiali su misura per simulare una falsa miopia e ingrandire la visione delle cose a sua misura, perché i suoi natali le hanno permesso di avere sempre tutto al paro della bocca. Con sicurezza chiosa: non è un vino, è un succo di frutta. Sentite che sapore di pompelmo, questa è una spremuta!
Poi arrivo io, l’ospite non richiesta, quella che metteva le felpe della Best Company con due anni di ritardo rispetto ai dettami della moda che imperava in classe, e allora sapete che faccio? Mi prendo la bottiglia e me la porto via.
6 Commenti
rampavia
circa 8 anni fa - LinkMi piace come scrivi (ho letto anche qualche post di Quando le donne bevono vino): ricordi lo stile di Flaubert.
Rispondicarolaincats
circa 8 anni fa - Linkuuuhhhh sapessi tu quanti enostronzi sopporto io... ste 4 babbione che descrivi sono ancora passabili :) grazie, mi hai fatta ridere in una giornata nebbiosa... una giornata... più giornate ecco.
RispondiSara
circa 8 anni fa - LinkGrazie! In verità ho un po' di paura. Le donne sanno essere tremendissime.
RispondiSara
circa 8 anni fa - LinkRampavia, intendi per i baffi?
Rispondirampavia
circa 8 anni fa - Link"Il faut choisir et y mettre des plans successifs, des gradations et des demi-teints". "Le texte, dans les romans de Flaubert, est impersonnel et descriptif, mais la description y renvoie aussi à autre chose". Citazioni dall'introduzione di Claudine Gothot-Mersch a Madame Bovary, ed. Garnier Frères 1971. Comunque più per i capelli.
Rispondivinogodi
circa 8 anni fa - Link...ho sorriso ... in una giornata lavorativa di merda è perla rara che vado a riporre voluttuosamente nell'archivio delle faccende piacevoli quotidiane...
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