Due o tre cose che vorrei spiegare a Repubblica, ringraziandola per la citazione

di Emanuele Giannone

Ok, Repubblica, hai ragione tu, non fosse altro perchè oggi hai citato anche noi di Intravino: il vino naturale è un’operazione di marketing. La parola ci piace perché abbiamo mangiato pure noi pasta e fagioli con Porter e Levitt. Il vino naturale diviene a tutti gli effetti un caso di marketing quando, citando Petrini, comincia a registrarsi “…l’adesione interessata di qualche produttore furbetto alla ricerca della moda del momento.” Però questa non è un’operazione: è marketing strategico. E qual è la strategia competitiva? Quella del Market Follower, che consente all’imitatore di realizzare gli stessi profitti dell’innovatore, il pioniere, replicando il suo prodotto ma lasciando a questi l’onere di sviluppare e promuovere l’idea originale, definire i canali distributivi, preparare e informare il mercato.

L’articolo, lasciatelo dire,  difetta di analisi perché si limita a citare nel cappello la posizione delle grandi aziende senza approfondirla. Da incontestate market leaders, in effetti, tra espansione nella nicchia del naturale-biologico e semplici aggiunte di additivo verde e artigiano alla propria comunicazione di brand, esse difendono la leadership con strategie ben studiate e articolate.

E a proposito di followers e vendemmie tardive, cara la mia Repubblica, leggendo il corsivo autorevole di Carlo Petrini pare insinuarsi un’ipotesi suggestiva: cioè che la scoperta e la dignità dei vini naturali risalgano a pochi giorni fa, e che col suo editoriale, ispirato da Michel Bettane, il Gambero Rosso rivendichi nientemeno che una primogenitura. Singolari incidenti, piccoli equivoci: “Da oltre dieci anni in Italia si parla di vino naturale”. Ecco, Petrini, se lo lasci dire con l’affetto che si deve a padre nobile: Lei, dieci anni fa, ne parlava poco o niente. I vini da recensire, ai tempi della Guida compilata in società con il Gambero, erano altri. Sia chiaro: non mi permetterei mai di contestare la Sua buona fede, né tampoco il messaggio del Suo corsivo odierno. Solamente, non è detto che solo un gamberoglosso abbia titolo a scoprire, gustare e descrivere bontà. Intravino parla di vini naturali da sempre, ma il nome da ricordare è soprattutto un altro, quello di Sandro Sangiorgi, che con dedizione e spirito critico affrontava la questione già molto prima di noi e di Lei, al tempo in cui molti lo spacciavano per alieno e alienato.

C’è di più. Nella breve lista delle citazioni, dopo quelle logiche di Jonathan Nossiter e Angiolino Maule ne capita una che dice: “Il vino non va liberato solo dalla chimica ma anche dai finti esperti, dai fondamentalisti, da bottiglie che costano troppo o troppo poco, dal packaging inquinante.” Questo è di sicuro Valentini – ho pensato – oppure Gaspare Buscemi; oppure la Foradori, dopo due maschi e per ovvie ragioni di quote rosa. Risalgo due righe e leggo: Oscar Farinetti. Gulliver? Che ci fa lei, qui?

E sia. Benvenuto a Lilliput.

 

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

23 Commenti

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Cosimo Errede

circa 11 anni fa - Link

A Cesare ciò che è di Cesare (o meglio, a Sandro ciò che è di Sandro). Bravi !

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vittorio cavaliere

circa 11 anni fa - Link

Molto bello il richiamo a Gulliver.

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Gian Piero Staffa

circa 11 anni fa - Link

Concordo con Intravino e poi oggi informarsi prima di scrivere editoriali ( e non parlo solo di Repubblica) non e' poi cosi' difficile. Un mese fa di vino naturale ( al di la' delle specifiche legali) ne ho parlato per ore con Corrado Dottori e Alessandro Bonci, e poi durante il week end scorso con Walter Massa, Piero Cella e Filippo Scienza, e degustando vini straordinari compreso un vermentino a solforosa zero. E' un mondo che avanza e che deve fare riflettere ed esige informazione prima che qualcuno si possa permettere di emettere sentenze.

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Wineroland

circa 11 anni fa - Link

Forse bisognerebbe iniziare a tenere qualche degustazione divini naturali anche nei mercati contadini sparsi per la città. Lì ci vanno persone che non conosco, mentre agli eventi enologici vedo sempre gli stessi visi. È naturale? Bene, sia commercializzato anche nei posti naturali come i mercati.

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Giorgio Battilani

circa 11 anni fa - Link

Il vino naturale è un falso problema: esiste il vino buono ed il vino cattivo. Tutto si sente col palato dalla quantità di solforosa, all'influenza dei pesticidi sul metodo di vinificazione. Non esistono protocolli. Con queste teorie boccereste anche lo Chateau d'Yquem per un brodo biologico fatto da un astemio potenziale.

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Emanuele - Eleutherius

circa 11 anni fa - Link

Concordo con Lei/te sul cappello: il vino naturale è un falso problema. Infatti è una possibile soluzione. Concordo sul "tutto si sente col palato". Aggiungo solo: allenato. Dissento sulla bocciatura dello Chateau d'Yquem. Ho un palato, non un gabinetto d'analisi.

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Alessandro Bertinelli

circa 11 anni fa - Link

Maule e Farinetti si battono per la stessa causa ! ? Grande il nostro Tonacci.

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Francesca

circa 11 anni fa - Link

Per favore leggere: Luigi Veronelli di Gian Arturo Rota e Nichilismo Stefi e poi ne riparliamo a proposito di chi ha scoperto qualcosa. Grande, anzi unico Veronelli 50 anni almeno avanti a tutti il resto copioni.

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cristian

circa 11 anni fa - Link

Confermo ma aggiungo, forse anche di poco anticipatore, Soldati...

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K-pax

circa 11 anni fa - Link

Chapeau al grande Veronelli!! Ma a Sangiorgi devono molto lo stesso.

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zakk

circa 11 anni fa - Link

"le grandi aziende: è marketing" Questa è la più bella di tutte, da che pulpito si parla di marketing?!? Ma per piacere, signori delle grosse aziende (che "grandi" ha un significato diverso) ma li bevete i vostri vini omologati? Li bevete quei liquidi plastificati che proclamate aderenti al territorio? Accusare di marketing aziende da poche migliaia di bottiglie farebbe scompisciare dal ridere se non fosse che l'intento è quello di tenere nell'ignoranza enoica la massa, quella che fa i volumi e che vi svuota i magazzini. Siete senza vergogna.

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Maria Beresicuro

circa 11 anni fa - Link

Io piu` che Veronelli direi Mario Soldati! Lui si che era avanti! Il povero Veronelli ha sostenuto tanta chimica e tanta industria, anche! Ma sono quisquiglie! Alessandro, che ci trovi di male ad accostare Maule a Farinetti? Troppo commerciale forse Farinetti, arrivato dopo di sicuro...ma qualche punto in comune magari ce l'hanno, no?

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Francesca

circa 11 anni fa - Link

Soldati grandissimo cronista, per il resto enologicamente parlando un tantinello approssimativo, per carità non lo diciamo. Gino Veronelli un gigante, visionario, illuminato, da lui hanno appreso tutti, compresa l'ultima fase della svolta anarcoide da cui discendono tutti i vinoveristi ecc.ecc.

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Nic Marsél

circa 11 anni fa - Link

Più che chi ha fatto o fa divulgazione (fondamentale, ci mancherebbe), citerei piuttosto chi si è reso artefice del cambiamento sul campo come Teobaldo Cappellano, Gravner o Angiolino Maule.

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Emanuele - Eleutherius

circa 11 anni fa - Link

Giusto.

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francesco vettori

circa 11 anni fa - Link

"Sandro Sangiorgi, che con dedizione e spirito critico affrontava la questione già molto prima di noi e di Lei, al tempo in cui molti lo spacciavano per alieno e alienato." E oggi, qui ed ora, giusto per battere la stampa quotidiana sul suo campo, approfondendo la questione senza fermarci alla sua superficialità, OLTRE I VINI NATURALI, mi chiedo quali vini ci farebbero precorrere i tempi e giudicare alieni e alienati?

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Emanuele - Eleutherius

circa 11 anni fa - Link

Forse la risposta è nell'inversione dell'ordine dei fattori: il problema è che i tempi/la temperie ci vorrebbero far precorrere i vini. File under: moda, status, culto, cartolarizzazione del gusto... E' noto che il più grande assemblatore mondiale di beveraggi e concozioni abbia definito il proprio mercato potenziale "la sommatoria di tutti gli stomaci del mondo". E' noto che il Direttore Marketing di una grande Maison de Champagne, parte della maggior corporazione francese del lusso, abbia dichiarato a una giornalista statunitense che "...selling face cream or Champagne is the same thing, a little product and a lot of dream... ". Se non ti accontenta questa risposta, per fortuna non ne ho un'altra da proporre. A me basterebbe sapere che molti vini o prodotti alimentari non rispecchiano semplicemente il tentativo di precorrere i miei gusti.

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ale235

circa 11 anni fa - Link

Sangiorgi docet e doceva tempo immemore fa. E ci ha rimesso soldi, sangue e salute (3 esse) per il suo credo e sentire il "liquido odoroso". E con lui, anche se in misura minore chi, come me, l'ha frequentato e vissuto. Ed ha bevuto e degustato ...anta calici di vino che mai ci hanno fatto male. Ed anzi, qualcuno ci è pure piaciuto!!! Allora a chi vuole, ORA, salire sul suo carro. E quello di Veronelli. E di Soldati. E quello di chi è una vita che propone e beve questi vini alienati ed alienanti che sono così brutti e torbidi a vedersi... ad maiora.

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francesco

circa 11 anni fa - Link

A mio avviso il discorso va spostato dalla contrapposizione vini naturali vs vini omologati o industriali. Si sta cavalcando una moda e si stanno elevando a vini "ottimi" dei vini spesso puzzolenti, acetosi o ossidati solo perchè naturali. La realtà è che bisogna spostare l'attenzione sul lavoro della vigna, sul terreno, sull'attenzione a mantenerlo vivo perchè è da lì che nasce tutto. Uva sana perchè cresciuta su suolo sano, non avrà bisogno di "correzioni di acidi, gomme varie, e solforose a palate". E poi c'è l'artigianalità manuale che è il secondo passo fondamentale: la cura, l'attenzione, la pulizia sono essenziali e non hanno nulla a che vedere con l'eccesso di integrità che porta vignaioli a non usare nemmeno bassissime dosi di solforosa per ideologia, con conseguenti ossidazioni dei loro vini. Il vino non è un bene che ci ordina il medico di bere; se lo facciamo dobbiamo averlo pulito e buono e non accettare palesi difetti in nome della bandiera "della naturalità", oggi tanto osannata. Diamo il giusto merito a quei vignaioli che trattano la terra in modo esemplare, hanno cura in cantina e usano nulla o solo l'indispensabile, ma fanno vini ottimi. Condanniamo chi invece dice di produrre vini "naturali" che seppur sanissimi, fanno male all'umore del consumatore perchè non riesci ad ingurgitarli.

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FruFru

circa 11 anni fa - Link

A proposito di Vini Naturali e Piccoli Produttori e di un'altro vino è possibile... che ci fa la pubblicità di VAL D'OCA di fianco all'articolo. Poi che Farinetti abbia a cuore qualcosa di diverso dall'interesse economico è tutto da dimostrare al di la dei proclami televisivi che poi l'idea di Eataly sia geniale è un'altro discorso, non c'è dubbio, ma l'evoluzione di Eataly non lascia dubbi... col nome dell'Italia si fanno sempre un sacco di soldi nek F&B, altra cosa è portare la giusta redditività ai produttori e premiarli per gli sforzi qualitativi che hanno deciso autonomamente di fare.

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gp

circa 11 anni fa - Link

Riguardo a Gulliver-Farinetti, nell'articolo di Repubblica c'è di peggio rispetto alla frase citata qui da Giannone: testualmente, "Tra i sostenitori del vino naturale, c'è anche Oscar Farinetti, il fondatore di Eataly. Qualche mese fa ha lanciato l'iniziativa Vino Libero, a cui hanno aderito 12 cantine tra cui il "big" Fontanafredda in Piemonte". A proposito dei furbetti di Vino Libero, che in base alle regole che si sono dati possono usare tutti i prodotti di sintesi che gradiscono purché non si tratti di concimi e diserbanti, torna utile la categoria di "pseudonaturale", che ci riporta direttamente al marketing. Comunque l'articolo di Repubblica è notevole: nel suo pressappochismo, riesce a rendere (illusoriamente) univoca una galassia che lo è ben poco, come quella dei vini naturali, e a proporre un'inedita misura della distanza rispetto al neonato "vino biologico" (quello che sostituisce il "vino da uve biologiche"). Cito: "Quest'ultimo può contenere fino a 130 mg/l di solfiti (per proteggere la fermentazione del mosto) e avere una quarantina di sostanze aggiunte, tra azoto, cellulosa, colla di pesce, caseina, tannini, sali minerali, enzimi e acidi. Nel vino naturale tale limite si abbassa a 50 mg/l e si eliminano erbicidi e pesticidi nella coltivazione". Incredibile cocktail di inesattezze, dato che (1) non esiste alcun limite codificato per la generalità dei vini naturali riguardo alla solforosa, (2) gli erbicidi e pesticidi di sintesi sono ovviamente vietati anche per le uve destinate alla produzione di vino biologico (soggette peraltro a controlli obbligatori, mentre nel campo naturale i controlli sono tuttalpiù previsti da singole associazioni), (3) il limite di 130 mg è un parto della fantasia del giornalista, i limiti veri sono 100 per i rossi e 150 per i bianchi (in entrambi i casi 50 mg in meno rispetto ai vini convenzionali). Sono limiti non a caso fissati a livello europeo, comprendendo i paesi nordici in cui la viticoltura è più problematica: da un vino biologico italiano ci attenderemmo tutti valori più contenuti, come era già previsto in passato da parte di alcuni organismi di controllo.

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Andrea Andreozzi

circa 11 anni fa - Link

In seguito all'articolo "Zero additivi e pesticidi la battaglia dei vini naturali per farsi spazio a tavola" pubblicato da La Repubblica il 22 gennaio scorso, in cui è stata fornita un'informazione incompleta e fuorviante sulla differenza tra vino biologico e vino naturale, AIAB ha deciso di scrivere una lettera di replica al giornale, ad oggi non ancora pubblicata. Nello specifico, abbiamo elencato i principali aspetti che andrebbero riportati ai lettori in modo da permettere loro di comprendere il tema e, di conseguenza, farsi una propria idea: 1. il vino biologico si ottiene esclusivamente da uve biologiche certificate. Ciò significa che sono state ottenute da vigneti dove non si utilizzano pesticidi di sintesi (nemmeno gli erbicidi), nè fertilizzanti di sintesi. Per poter dichiarare le uve biologiche bisogna, inoltre, sottostare ad un periodo di conversione di almeno due anni che, in pratica, vuol dire che tra l'inizio dell'applicazione del metodo biologico in vigneto e la vendita della prima bottiglia di vino biologico devono passare almeno 3 anni per i vini di pronta beva e ben di più per quelli da più lento affinamento. Tutto ciò nello schema di pag. 19 non è nemmeno riportato, potrebbe così apparire che ciò che contraddistingue il vino biologico siano le tecniche di cantina, mentre la caratteristica principale è la differenza delle uve. 2. il vino libero non è biologico e nemmeno naturale, giacchè ottenuto da aziende convenzionali ed una integrata, il che significa che vengono utilizzati insetticidi, fungicidi, ad esclusione di erbicidi e fertilizzanti di sintesi. 3. se si deve parlare di "boom" non si può trascurare la crescente realtà dei viticoltori biologici che al 31 dicembre 2011 risultano comporre un vigneto bio italiano pari a 52.812ha. Nello schema riportato dall'articolo questi dati, che sono i più significativi, non sono citati. 4. molti dei produttori di vino naturale (quelli di VinNature, ad esempio) sono produttori biologici regolarmente certificati. Essi sono, anzi, una delle parti forse più interessanti ed innovative del movimento biologico e partecipano all'evoluzione del settore. Sono questi i dati e le informazioni che riteniamo corrette fornire ai consumatori. Negli ultimi anni infatti AIAB ha dedicato molte delle sue energie all'informazione scientifica enologica, orientata a produttori e consumatori con la pubblicazione "Piacere Bio" e Orwine il progetto sulla viticoltura e sull'enologia biologica per lo sviluppo di tecniche ecologicamente sostenibili, il miglioramento della qualità del vino biologico e una normativa di riferimento basata su dati scientifici. Alla luce di queste conoscenze, ci permettiamo, pertanto, una valutazione in merito alla questione: perché ci sono produttori che non vogliono rispettare le regole del biologico, ma dichiararsene al di sopra? Probabilmente solo per usare la sensibilità ormai matura dei consumatori sui temi ambientali e della salute, ma senza sottoporsi a controlli, in modo tale da essere liberi "dalla burocrazia", come spesso sostengono. Non vorremmo, invece, che il fine sia "essere liberi di fare ciò che si vuole" e sfruttare, senza temere di provocare danni ai produttori biologici onesti e rispettosi delle regole, il momento di attenzione del mercato. C. Micheloni

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Emanuele

circa 11 anni fa - Link

Grazie Andrea. La tua previsione: verrà mai pubblicata?

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