Cognac, il figlio più illustre del vino ma anche il meno bevuto

di Thomas Pennazzi

Su Intravino il posto d’onore tra i distillati deve spettare di diritto al figlio del vino. Come non cominciare a raccontare del più noto brandy al mondo, che prende il nome dalla sonnacchiosa cittadina di Cognac?
Quando ho iniziato a scriverne sul mio blog ho intitolato uno dei primi articoli “il cognac, questo sconosciuto”. Se è vero, infatti, che tutti conoscono il nome cognàc, non tutti sanno bene di cosa si parla: in Italia, infatti, la competenza sul cognac è tutto sommato scarsa, e se per altri spiriti possiamo vantare esperti di rango mondiale, sul web, anche tra i siti dei professionisti della vendita, si incontrano spesso svarioni ed un’informazione a dir poco approssimativa.
Tutto nasce purtroppo dal declino nei consumi: il nostro Paese ormai importa a malapena meno di 1 milione di bottiglie; peraltro la maggior parte è di modesta qualità.

Le cause di questo oblio sono remote e nascono principalmente dal cambio delle abitudini di consumo e dalle mode, ma anche dal costo elevato del cognac: oggi i protagonisti sono gli spiriti chiari, pensiamo alla gin craze di questi ultimi anni, ed alla supremazia della vodka nel consumo giovane e sbevazzante, mentre tra i brown spirits, whisky e rum/ron la fanno da padroni, complici le agguerrite strutture commerciali delle multinazionali che stanno dietro questi distillati. L’Italia non è più interessante come mercato per i produttori di cognac, che ormai puntano decisamente oltreoceano.

Per queste cause il cognac ed in generale i brandy sono caduti nell’oblio nei paesi mediterranei, e vivacchiano: perfino in Francia il consumo non è più come ai bei vecchi tempi, quando il drink più popolare nei caffè era la fine à l’eau.
Eppure il cognac è stato il padrone del mercato alcolico fino alla seconda guerra mondiale; ancora oggi il primo cliente europeo è l’Inghilterra, per secolari ragioni storiche e per i legami commerciali intessuti con l’Aquitania anche dopo il ritorno di questa regione al Regno di Francia, a lungo possesso inglese. Così è stato anche per il bordeaux. Del resto la nobiltà inglese sapeva il fatto suo: con le proprie navi faceva esportare scotch, ma importava e beveva ‘Coniack brandy’.

I più antichi commercianti di cognac, attualmente i marchi più importanti per volumi e notorietà, non erano francesi: Jean Martell era originario dell’isola di Jersey, ed il concorrente Richard Hennessy un ex militare irlandese fulminato dal brandy charentais. La vocazione internazionale del cognac era perciò già presente ai primordi settecenteschi del grande commercio.

Come mai quindi interessarsi ancora a questo spirito così poco à la page, afflitto da un’aria seriosa, e forse un tantino spocchiosa? Perché il cognac è ancora il re dei distillati, nonostante l’aria di vecchiume che si porta dietro. Suo padre il vino è la bevanda più nobile creata dal lavoro del vignaiolo: non meno nobile sarà perciò il forte figlio, partorito dal fuoco e dall’ingegno umano.

Un cognac ben fatto e adeguatamente invecchiato (non sono necessari decenni) dona al naso ed al palato sensazioni irraggiungibili da qualunque spirito; nessun altro distillato, con l’eccezione, forse, dell’armagnac, può emozionare tanto: l’ampiezza aromatica, la persistenza del gusto e la finezza di un cognac di qualità rendono evidenti i suoi titoli sovrani anche al bevitore sprovveduto. Bisogna però imbattersi in una bottiglia dignitosa.

Il mercato del cognac ha forti analogie con quello dello champagne: le grandi Maison, ormai multinazionali, seguono le logiche del lusso e guardano più ai volumi di vendita ed al conto economico che alla qualità dell’acquavite. Ma il cognac è nonostante tutto un prodotto artigianale, e chi vuole capirlo per davvero deve andare a cercarsi il vignaiolo produttore in proprio, prima che la ditta nota anche in Cina.
Si tratta di un vero viaggio iniziatico, e se amate un buon distillato come amate il buon vino, vale la pena di mettersi idealmente in cammino verso le due Charentes con un tulipano tra le dita. Sarà la riscoperta di un passato che sa donare ancora immense soddisfazioni.

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto fatica a ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito (il cognac), e per qualche anno ne ha scritto in rete sotto pseudonimo.

6 Commenti

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Paolo A.

circa 9 anni fa - Link

Lodevole post, ma pubblicarlo a luglio con 40 gradi all'ombra...

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Thomas Pennazzi

circa 9 anni fa - Link

Sono d'accordo. Per i reclami rivolgersi all'editore, please :)

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Paolo

circa 9 anni fa - Link

Siete fortunati, tutti e due. Possiedono una ditta specializzata in smaltimento estivo dei cognac che le anime candide non possono soffrire. Potete inviarmi il materiale per pacco assicurato. Vi fornirò a 90 giorni documentazione di regolare smaltimento, unitamente alla fattura per il servizio. Prezzi modici. Max discrezione, è ovvio!

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Montosoli

circa 9 anni fa - Link

Grazie per gli aggiornamenti... Anni fa ho comprato alcune bottiglie di Cognac artigianale.....e talmente diverso da quello industriale...grezzo....che le bottiglie sono ancora in vetrina. In ogni caso alzo la mano per l'Armagnac..

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Luca

circa 9 anni fa - Link

Qualche indicazione di produttori meno noti da assaggiare e magari anche dove reperirli senza recarsi alla mecca?

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Morrisoff

circa 9 anni fa - Link

https://www.cognac-expert.com/cognac-brands C'è una buona lista di produttori etc... Prosit!

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