Chi è l’assaggiatore déjà vu e perché stressa (voi, produttori al tavolo d’assaggio)

di Pietro Stara

Un’altra figura onnipresente durante le fiere vinicole è quella dell’assaggiatore déjà vu (già visto). In questo caso non stiamo analizzando un problema specifico dell’assaggiatore in quanto tale, poiché egli non si riconosce come “già visto”, ma come una difficoltà dei produttori e dei mescitori al di là del banchetto. Il fenomeno dell’assaggiatore déjà vu si accentua in maniera nociva durante i momenti di calca e di ressa, quando il popolo dei degustatori si assembra pericolosamente, rumorosamente e fisicamente allo stand prescelto. Ed è proprio in quei momenti che il produttore vinicolo, l’enologo, il sommelier viene afflitto dall’esperienza del déjà vu: a loro sembra, cioè, di aver già vissuto quel preciso momento e di aver servito proprio quel tizio con quel determinato vino.

L’esperienza del déjà vu si collocherebbe quindi tra un’epilessia del sistema nervoso collocata la sede nella corteccia paraippocampale e un esercizio parapsicologico legato a presunti fenomeni di precognizione, chiaroveggenza e percezioni extrasensoriali.

Questa forma di ricordo erroneo viene associato a dei disturbi psichici strettamente connessi all’ansietà e, nei casi più gravi, ai disordini del pensiero o del linguaggio, quali le allucinazioni o i deliri persecutori. Alcuni produttori, infatti, sono stati visti, alla fine delle giornate fieristiche, “sentire la voce” del proprio commercialista e litigare con lui/lei, in sua assenza, per una buona mezz’ora. Gli assaggiatori déjà vu più consci del loro potere contrattuale giocano sul falso ricordo, per cui, senza alcuna remora, usano presentarsi allo stesso banchetto a distanza di alcune ore, che tendono progressivamente a raccorciare alla fine della fiera vinicola, quando la stanchezza avvolge il mescitore come se fosse una mummia imbalsamata.

Sono stati raccontati dei casi, ancora molto rari, in cui alcuni assaggiatori déjà vu sono diventati i migliori amici dei produttori.

[Nella puntata precedente: l’assaggiatore paranoico].

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Pietro Stara

Torinese composito (sardo,marchigiano, langarolo), si trasferisce a Genova per inseguire l’amore. Di formazione storico, sociologo per necessità, etnografo per scelta, blogger per compulsione, bevitore per coscienza. Non ha mai conosciuto Gino Veronelli. Ha scritto, in apnea compositiva, un libro di storia della viticoltura, dell’enologia e del vino in Italia: “Il discorso del vino”.

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