Chateau Olivier e quegli ettari di vigneto rubati al bosco: la seconda vita di un Cru Classé

di Andrea Gori

Siamo a pochi chilometri dal centro di Bordeaux, verso le Graves, nella sua parte più nobile e preziosa: quella che si è staccata come Pessac Leognan nel 1953 per dare rilievo all’eccezionalità di alcuni suoi vini, come La Mission Haut Brion, La Louviere, Domaine De Chevalier e altri che negli ultimi anni riescono a battere denominazioni storiche dell’Haut Medoc quanto a qualità, e spesso prezzo. Chateau Olivier deve la sua fama, come molti dei vini della zona, soprattutto ai bianchi qui prodotti dal Medioevo. Ma l’attributo Cru Classé è stato conferito, quasi da sempre, anche al rosso.

Appartenuto a Eduardo di Woodstock, il Black Prince dell’Aquitania (1330-1376), fu acquistata da Alexandre de Bethmann poco dopo la sua elezione a sindaco di Bordeaux nel 1867, aggiudicandosi l’asta della tenuta il cui bando è esposto nella sala degli ospiti per la cifra non trascurabile di 50 mila franchi dell’epoca. Ancora oggi sono i discendenti di Alexandre a condurre la tenuta con l’attuale Alexandre de Bethmann che l’ha da pochissimo ereditata dal padre Jean-Jacques (morto nel 2012), ritornando in patria dagli Stati Uniti dove si occupava di sanità. Il suo arrivo ha coinciso con ingenti investimenti in cantina e soprattutto nei vigneti, in un momento dove fare un vino semplicemente “buono” non basta più, neanche a Bordeaux. Accanto a lui come direttore c’è Laurent Lebrun, agronomo e enologo affiancato da Damien Bielle, cantiniere, e Miguel Fisac Ramon che segue in prima persona i vigneti.

Proprio nella gestione del vigneto (solo 60 ettari all’interno di una proprietà davvero sconfinata e sontuosa che arriva quasi a 1000) sono arrivate le principali novità qualitative per il rosso di Chateau Olivier, in questo momento il vino più importante perché i nuovi mercati (Cina e Oriente in genere) da qui esigono il rosso più che bianchi – impeccabili ancorché storici.

In una mappa del 1760 sono state ritrovate tracce di un vigneto in località Bel Air, (modesta collinetta di 55 metri, che da noi non sarebbe tale ma qui sì, eccome); era una località completamente boscosa fino a pochi anni fa. L’analisi del sottosuolo condotta con Denis Dubourdieu ha rivelato quasi 8 ettari di sassi e ghiaia compatta, un substrato ottimo per rossi, povero e con argilla che regola l’umidità. In realtà la varietà dei suoli è una costante di questa zona e della proprietà, e l’analisi è stata estesa a tutta la tenuta portando a diversi cambiamenti nella definizione dei vigneti e dei vini.

Ecco quindi i nostri assaggi, sparsi tra la tenuta e i suoi diversi cru. Col piacere di capire come nasce il grand vin assemblando in maniera ottimale per il rosso Cabernet Sauvignon e Merlot, e per il bianco Sauvignon e Semillon, i quattro vitigni principali coltivati in zona che in effetti nel nuovo cru promettono meraviglie a venire. I vini senza punteggio sono i vini base che finiranno negli assemblaggi, e non sono in vendita.

2013 en primeur: molto preciso e balsamico, con grande mirtillo e lamponi freschi, tannino appena polveroso ma di bella stoffa. 86+

2013 merlot (40% del Grand Vin): da terreno di ghiaia e ghiaia misto ad argilla, ha mirto e balsamico, frutto scuro e polpa bella, tannino un poco bizzoso.

2013 cabernet sauvignon (58% del grand Vin): pere e cacao, peperone arrostito e cassis, in bocca il tannino è potente e profondo, tabacco e liquirizia.

2013 cabernet sauvignon da Bel Air :dalla zona più alta, vigneti a 9 anni di età; meno concimi, vigne dalla vita più complicata, con tostatura più evidente, oliva e mirtillo, finale con sottobosco molto persistente.

2013 bianco en primeur (68% sauvignon 30% semillom 2% muscadelle). Bianco citrino e minerale, bosso e mandarino tardivo, bocca in evoluzione ma con tanta sostanza e piacevolezza futura, sapidità e lime; fermentazione in legno, non ha fatto la malolattica. 90+

2013 sauvignon: pesca bianca e floreale, bosso e talco, bocca un po’ strozzata dall’acidità.
2013 semillon: melone bianco, resina e mirabelle, nespola, lychees, bocca energica e rabbiosa.

Spazio poi ad un generosissimo assaggio dei due Grand Vin, con una bella verticale comparata.

Chateau Olivier Rouge 2012: ha naso mediterraneo maturo ma non esagerato, bocca sapida e ancora fresca, bella prova del merlot che tiene banco. 87

Chateau Olivier Rouge 2005: peperone e macis, cacao e sandalo, ancora tanta giovinezza e forza in bocca, mandorla e nocciole, finale croccante e sapido, con tanta vita davanti a giudicare dal tannino. 91

Chateau Olivier Rouge 2007: è croccante di nespola, prugna, rafano e coccoina, bocca con tono un poco smaltato, agrumi rossi, tannino un poco ispido. 84

Chateau Olivier Rouge 2008: entra nel Grand Vin il cru Bel Air; sarà un caso ma la sensazione è di un vino con più frutta rossa e nera, polvere da sparo e mandorla, bocca citrina e fresca con più volume, dal vivace tannino discreto e abbondante. 85

Chateau Olivier Rouge 2009: si presenta dolce e vanigliato, note di durone, spessore e sostanza, accenno di tostato, minerale e iodio, alloro; tannino preciso e succoso, gran finale luminoso (ma vi devono piacere i vini piuttosto carichi). 92

Chateau Olivier Rouge 2011 :ginepro e camemoro, mirtillo e lamponi freschi, bocca giovanissima, tannino in affinamento, finale scuro ma molto ricco, pepe nero e cannella. 89

Chateau Olivier Rouge 2012: luminoso e solare, lamponi e fragole, odore di smalto leggero, tannino un poco aggressivo, finale molto fresco, ottima la frutta. 87

Questa, infine, la nostra verticale di Chateau Olivier Blanc.

Chateau Olivier Blanc 2012: è floreale e preciso, naso di arancio candito, fumé delicato, bocca croccante e forzuta ma senza esagerare, dal bel finale con talco e menta. 91

Chateau Olivier Blanc 2011: muschio e pepe bianco, legno e menta, tropicale e canditi, bocca un poco scomposta con acidità un po’ fuori scala con il resto. 84

Chateau Olivier Blanc 2010: minerale e floreale di pesco e sambuco, bocca sapida e di soddisfazione, finale di gesso e mandarino. 87

Chateau Olivier Blanc 2009: confetto e canditi, camomilla e pepe bianco, minerale e sapido di ghiaia bagnata, finale di arancio giallo e melone maturo, ancora ben ricco e fresco nonostante l’alcol. 85

Visti anche i prezzi, la longevità sorprendente e le buone prospettive, si tratta certamente di uno Chateau da tenere d’occhio.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

1 Commento

avatar

andrea jermol groppi

circa 10 anni fa - Link

Che meravilglia! Grazie. Pour parler: il camemoro....io il ( o la ) lakka l' ho assaggiato in Finlandia, fresco, in confettura,sotto forma di bevanda fermentata e in discutibile liquore dolce. Così su due piedi se penso ad un vino con sentore di camemoro mi viene in mente un bianco con lunga macerazione come una Malvasia di Zidarich, magari con qualche anno passato in cantina, o alcuni pinot grigi sempre con lavorazioni importanti zona Cormons o ancora alcuni sgn o all' estremo dei Tokaji aszu....ma vini rossi proprio no. E' un profumo che ritrovi spesso a Bordeaux? E lo attribuisci a cosa: cru, blend, stato evolutivo...? Altri rossi che ti hanno suggerito queste note così caratteristiche? Grazie ancora!

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.