Centopercento Grechetto, l’Italia Centrale e la sua naturale vocazione bianchista

Centopercento Grechetto, l’Italia Centrale e la sua naturale vocazione bianchista

di Redazione

All’inizio di settembre la cantina Roccafiore di Todi, in Umbria, ha organizzato una giornata dedicata al Grechetto in Italia. Intravino era presente con due dei suoi editor, dalle impressioni di Emanuele Giannone e di Jacopo Cossater (che ha anche moderato la tavola rotonda successiva alla degustazione) è nato questo lungo pezzo.

[Jacopo Cossater] Dedicare un post al Grechetto può sembrare per alcuni versi cosa abbastanza eccezionale. Non perché non meriti attenzione – anzi, questo post vuole dimostrare proprio il contrario – ma perché è tipologia dai contorni forse un po’ sfumati, così confusa tra i tanti vini bianchi dell’Italia Centrale. Ah, tra l’altro mentre inizio a scrivere queste poche righe mi sovviene che proprio a Montefalco con alcune recenti modifiche ai disciplinari della zona è stato introdotto il Montefalco Grechetto DOC. Che stia cambiando qualcosa quindi? Che i tempi siano maturi per scoprire le potenzialità non solo del Grechetto ma anche di tanti altri bianchi finora considerati come “minori” sparsi lungo la Penisola?

Chissà. Quello che è certo è che non si sta parlando di una varietà coltivata magari a macchia di leopardo, anzi: è per ettari vitati, molto oltre i mille, il terzo vitigno più diffuso in Umbria dopo sangiovese e trebbiano. A questi se ne aggiungono un centinaio nell’Alto Lazio, nella Tuscia, zona che oggi si identifica con la provincia di Viterbo. Avete mai sentito parlare di Sergio Mottura e del suo “Latour a Civitella”? Ecco. L’occasione per affrontare a viso aperto il Grechetto nelle sue tante sfaccettature è stata resa possibile grazie a un bell’evento dedicato alla tipologia organizzato presso Roccafiore, cantina che a Todi vuole essere sempre più protagonista nel panorama che lo caratterizza.

Una giornata, quella voluta da Luca Baccarelli, che prevedeva tra le altre cose la più ampia degustazione dedicata alla tipologia mai realizzata fino ad ora. Un momento di approfondimento condotto con mano sicura dal bravissimo Giampiero Pulcini durante il quale è stato possibile confrontarsi con i tanti aspetti di cui questo bianco è capace. Giampiero in particolare si è voluto soffermare su tre delle sue peculiarità più importanti. Sulla sua originalità per esempio, il Grechetto (una volta per tutte: la varietà, qualsiasi essa sia, si scrive con la minuscola, il rispettivo vino sempre con la maiuscola) è infatti sempre riconoscibile. Si tratta di un bianco che fa della sapidità e del calore le sue caratteristiche più importanti, a volte strutturato fino a esprimere una certa tannicità. Un vino, come ama sempre sottolineare Antonio Boco, profondamente legato all’Italia Centrale proprio per questo suo essere terragno, ostico e generoso al tempo stesso.

La sua duttilità è la seconda. Il Grechetto è vino capace di esprimersi con dignità nei modi più diversi. Ci si può imbattere nella materia di vinificazioni a contatto con le bucce come nella finezza di quelle più tradizionali. In grandi vini lasciati maturare tanto in acciaio come in legno (certo, per quanto con quest’ultimo materiale una certa attenzione sia d’obbligo, è vino che per le sue più intime caratteristiche impone una certa sobrietà). Non solo: è una grande base per vini passiti e per vini muffati, a Orvieto ne sanno qualcosa.

La sua longevità è la terza, è possibile trovare bottiglie con diversi anni sulle spalle ancora in uno straordinario stato di forma. Tutt’altro che sfibrate ma anzi fresche e reattive, come se a parlare di Grechetto il tempo tendesse a scorrere più lentamente.

[Emanuele Giannone] In retrospettiva, il Grechetto è un caso tipico di amore ai tempi del com’era quando le guide guidavano: apparì un suo campione, fu elogiato e premiato, io mi allineai al giudizio dei figli di Giove, lui conquistò d’emblée le mie grazie, poi s’immerse nel grande mare premiale e presto le perse per confusione. Io non gli dedicai più attenzione e lui, almeno nella personale cosmologia enoica, tornò a Nettuno inabissandosi nell’oceano dell’Orvieto – un oceano vasto e piatto, di bonacce e vele stracche, con poche e improvvise correnti a gonfiarle e sparute, bellissime isole. Insomma: del Grechetto e di quel che fosse in cottura oltre la pentola di Mottura sapevo poco. Proprio per questo, immaginando anche di non essere il solo poco consapevole, la ricognizione di Todi è stata tre volte utile: nella presentazione, nella degustazione e nella discussione che le è seguita.

L’Umbria, Orvieto docet, ha una vocazione bianchista non esclusiva ma acclarata. Il grechetto, seconda varietà a bacca bianca per diffusione, avrebbe potuto costituirne naturalmente una delle espressioni più riconosciute. Ma a partire dagli anni ’80 la regione ha visto emergere un rosso, il Sagrantino, e un altro bianco, il Trebbiano Spoletino, a portabandiera della produzione vinicola. Il secondo, in particolare, è stato oggetto di un’efficace e meritoria azione di recupero e rilancio, non scevra da applicazioni del ricettario biancomulinista di confezione del gusto secondo le preferenze del feticcio-consumatore, o del feticcio-mercato, annacquamento di identità e compiaciuto, ancorché strumentale sfoggio dei titoli di tipicità, artigianalità, etc.

Perse le prime due batterie, al Grechetto potrebbe toccare la terza. E può correrla bene se non s’impone di stupire con gli effetti speciali, invece di convincere con gli argomenti naturali: innanzitutto il suo profilo organolettico, connotato da acidità piuttosto basse, sapidità spiccata, nettezza delle note erbacee, una ricorrente nota amarognola in chiusura e, per certe versioni, presa e presenza tattili diverse da quelle del bianco abituale; quindi la sua duttilità, cioè la capacità di esprimersi con tratti e tonalità non omologhi e tutti plausibili nelle diverse zone, secondo le diverse interpretazioni e sia in ruolo primario, quindi in purezza, sia da gregario negli uvaggi. A questo proposito, rileva a titolo esemplare il convincimento diffuso della maggior semplicità del Grechetto di Orvieto rispetto a quello di Todi.

Da citare ancora tra gli argomenti: la capacità di invecchiamento e la resa di tutto interesse di alcune vinificazioni a contatto con le bucce, più o meno prolungato: esse possono, se ben gestite, aumentare la caratterizzazione del vino. I dodici campioni scelti sono serviti a evidenziare ed approfondire questi argomenti e molte loro implicazioni.

Umbria IGT Grechetto 2014 Fattoria Le Poggette (Montecastrilli, Tr)

[Emanuele Giannone] Erba tagliata, fava, argilla, pesca, salagione, miele e un tratto che spicca, non del tutto coeso, tra lattico e organico. Verde e sapido al gusto: freschezza e tenui riflessi agrumati in esordio, buona progressione, ricorrono le note erbacee e quelle fruttate. Un poco declive e scorrevole in chiusura, ma la coda amarognola è piacevole.

[Jacopo Cossater] Paglierino chiarissimo, note fermentative affiancate alla mela verde, alla pesca bianca, al fieno. Dall’acidità sapida, a tratti ferrosa, è asciutto e amarognolo in chiusura. Rigido ma al tempo stesso brillante, con il passare dei minuti regala un’inaspettata crescita in termini di serbevolezza. Non magro ma sottile, da bere.

Colli Martani DOC Grechetto 2014 Fratelli Pardi (Montefalco, Pg)

[Emanuele Giannone] Note erbacee (agave, erba tagliata), di fiori e frutta bianchi, coerenti nell’espressione d’insieme. Bocca di presa immediata, buona tensione e buon passo, con marcante, cristallina sapidità, diritta e magra, non precisa nei riscontri aromatici. Chiusura un poco mordente.

[Jacopo Cossater] Paglierino intenso, attraenti note fruttate ben bilanciate tra pesca, albicocca e agrumi. Caldo, piacevolmente minerale, quasi sapido, tipicamente amarognolo in chiusura è tra i vini in assaggio che meglio coniugano corpo e dinamicità gustativa. Un Grechetto per tutti i gusti, molto centrato.

Umbria IGT Grechetto 2014 Raína (Montefalco, Pg)

[Emanuele Giannone] Il naso apre nel segno della riduzione, poi si distende in un quadro complesso e originale: creta, acque termali, oliva, ostrica, tè verde, camomilla e in un secondo tempo le più consuete tracce erbacee. Bocca centrata, ben assestata. Buona presenza gustativa connotata dalla sensazione di carnosità, dalla vivacità tattile, da una progressione coerente e continua, dall’apprezzabile definizione aromatica e dalla sapidità infusa. Nitida persistenza salata con cenni d’erbe amare.

[Jacopo Cossater] Paglierino carico, inizialmente ridotto con il passare dei minuti esprime note agrumate e salmastre, addirittura vegetali. Caldo, riesce nel non facile compito di coniugare un certo “peso” a un sicuro slancio: impattante, al palato dimostra ritmo grazie a una lieve sapidità che incalza e che lo accompagna con armonia verso una chiusura di sicura freschezza. Tra i più completi in assaggio, vino da seguire anche sulla distanza.

Umbria IGT Grechetto “Grek” 2014 Palazzone (Orvieto, Tr)

[Emanuele Giannone] Impronta erbacea e agrumata complessa, coinvolgente per freschezza e definizione (erba falciata, sedano, mela verde, verbena, pompelmo, lime). Al palato è di impregnante sapidità e di freschezza infusa e convettiva, che corrobora e conduce lo sviluppo gustativo in una progressione ordinata, dall’apertura con erbe e agrumi al finale con la frutta bianca e gialla più dolce (pera, mela, susina) e le armelline. Sensazione tattile leggera e nettante.

[Jacopo Cossater] Paglierino chiaro, note floreali spiccatissime, ma anche agrumi, mela verde e solo in chiusura albicocca. Fresco, al palato denota sicuro equilibrio ma un finale più largo, quasi sfibrato. Impossibile non pensare agli Orvieto di Palazzone, tutti vini che hanno un altro passo, maggiore slancio e definizione (non è un caso: lo stesso Giovanni Dubini ama sottolineare quanto per lui il grechetto sia un ottimo componente d’orchestra, non un solista).

Umbria IGT Grechetto “Anticello” 2014 Cenci (Marsciano, Pg)

[Emanuele Giannone] Naso didascalico con erba falciata, malva, cenni d’erbe e agrumi amari e note più delicate di fiori freschi. Bocca “piccola”, di impatto dosato ma diritta e di buon equilibrio, essenziale nello sviluppo e coerente al naso nei riconoscimenti. Persistenza non particolarmente lunga, sottile e di grande pulizia. Conciso e preciso.

[Jacopo Cossater] Paglierino, non un campione in ampiezza ma di piacevole precisione: fieno, glicine e mela verde (con un leggero richiamo idrocarburico) aprono a un assaggio pulito e rinfrescante, sbarazzino per struttura e convincente per confezione. C’è vita nei Colli Perugini.

Umbria Bianco IGT “Fiero” 2013 Cantina Margò (Perugia)

[Emanuele Giannone] Da una vigna di 40 anni. Cerfoglio, timo, rabarbaro e cedro canditi, infusi d’erbe, frutta gialla, cera d’api, un tocco fumé. Bocca carnosa, gustosa e sapida, di grande e vivace presenza, caratterizzata da freschezza connaturata e immediatezza delle sensazioni tattili, coinvolgente nello sviluppo e dal lungo finale amarognolo, animato da tannini robusti, non sgraziati.

[Jacopo Cossater] Ramato chiaro, è tra quelli in assaggio quello in cui la macerazione sulle bucce sembra affrontata con maggior decisione. Frutta secca e candita, incenso e miele, al palato è pieno, grasso, materico (e davvero gustoso). Chiude più largo, non prima di aver mostrato la propria forza anche attraverso una certa trama tannica.

Umbria IGP Grechetto “Ametistas” 2013 Fattoria Mani di Luna (Torgiano, Pg)

[Emanuele Giannone] Da vigne di 35-45 anni. È il vino che, forse più di tutti, si attira l’antipatia degli amici del sistema metrico varietale. Cracker, fiori secchi, pesca sciroppata, arancia candita, propoli, rosmarino e, alla distanza, una nota emergente di caucciù e gelatine medicinali. Al palato spicca per impressione tattile, energia, trama serrata, corpo e sapidità. Semplice e badiale nello sviluppo aromatico, determinato più dalla potenza d’impatto che dalla definizione. Fa della personalità, senz’altro più che della finezza, la sua cifra. Ma è gioviale, non rozzo, e ben risolto nella lunga chiusura asciutta (per i tannini e per il sale).

[Jacopo Cossater] Ramato (più) chiaro, al naso attrae grazie a un’originalità che richiama l’oriente. Arancia candita e camomilla, zenzero e tè verde. Nel bicchiere è profondo e dinamico, caratterizzato da una bella scia sapida e da un bell’allungo. Più greve che lieve è Grechetto goloso e piacevolissimo (tra quelli preferiti dal sottoscritto).

Colli Martani DOC Grechetto “Alissa” 2012 Terre della Custodia (Gualdo Cattaneo, Pg)

[Emanuele Giannone] Spezie bianche, miele, lokum, pesca sciroppata e ancora creme, caramello e tostature (ma non vede legno). Risulta di primo acchito molto caldo e ronde, a seguire lo solleva la vena salata che amministra lo sviluppo gustativo rievocando frutta gialla, cera e la punta di spezie. Torna il calore in chiusura, insieme a note di mandorla e salagione.

[Jacopo Cossater] Aranciato chiaro. Non c’è legno, e già questa è una notizia: decisissime note di vaniglia tostata e di caramello potrebbero far pensare il contrario. Albicocca candita (ma anche sotto spirito), pesca e miele. Al palato è grosso, caldo, impattante, ancora teso nonostante una decisa ossidazione. In definitiva, assai faticoso.

Narni IGT Grechetto “Colle Ozio” 2014 Leonardo Bussoletti (Narni, Tr)
Narni IGT Grechetto “Colle Ozio” 2014 Leonardo Bussoletti (Narni, Tr, 12 ore di macerazione prefermentativa)

[Emanuele Giannone] Ad accomunarli è l’impressione globale all’olfatto, compiuta e articolata: note nitide ma ben assiemate di sale fumé, miele, frutta bianca e gialla mature, erbe aromatiche, cappero e albedo di cedro. Al palato aprono similmente per spiccata sapidità e buona presa, mentre lo sviluppo evidenzia i caratteri differenziali: più svettante, teso e croccante nel frutto il primo, più cristallina e immediata la sua sapidità; più risolta e piana la tensione gustativa nel secondo, più infusa e “dolce” la sapidità, con una presenza tattile di converso più delineata.

[Jacopo Cossater] Paglierino chiaro, fresco, gustoso, mai eccessivo, distinto come nessuno dei precedenti il primo. Più carico, più complesso, più articolato e in definitiva più completo il secondo. Due vini che condividono quasi tutto -ci mancherebbe- la cui più grande differenza si ritrova nella diversa dinamicità gustativa che riescono ad esprimere. Più sottile quella del primo, più generosa quella del secondo.

Umbria IGT Grechetto “Fiorfiore” 2013 Roccafiore (Todi, Pg)

[Emanuele Giannone] Naso complesso e leggiadro, di intensità composta nelle note floreali molto nitide, in quelle di frutta gialla, verbena, felce, mandorla acerba, arricchite dalla dolcezza del melone d’inverno e da cenni di tè al gelsomino. Un fondo salmastro che richiama l’ostrica. Molto equilibrato al palato: freschezza sottesa come un basso continuo, piana, non svettante ma congeniale allo sviluppo gustativo; sapidità impregnante a condurre il sorso e amministrare calore e rondeur in progressione, specie nell’effusione finale.

[Jacopo Cossater] Paglierino, didascalico nell’esprimere tracce di pesca bianca e gialla, note floreali di grande pulizia, una punta ammandorlata. Al palato è fresco e piacevolmente appagante, tutto è dove dovrebbe essere. C’è finezza e gran beva, e tanto basta.

Lazio IGT “Latour a Civitella” 2010 Sergio Mottura (Civitella D’Agliano, Vt)
Lazio IGT “Latour a Civitella” 2005 Sergio Mottura (Civitella D’Agliano, Vt)

[Emanuele Giannone] Il Grechetto secondo Mottura è l’esegesi colta di un vitigno poco considerato nel suo profilo identitario, prima che Latour a Civitella assurgesse al riconoscimento che meritava: la sfida e il coraggio di allora sono il classico di oggi. Il 2010 ammicca agli Chardonnay d’Oltralpe – richiama alla mente il Marsannay di Jadot gustato qualche tempo fa – nella chiarezza dei richiami ad agrumi e frutta a polpa bianca, tostature ben gestite (brioche, nocciola) ed erbe fini. È rettilineo, tracciante, forse un po’ rigido al palato, dove la progressione è bifase per lo stacco a centro bocca tra freschezza agrumata e morbidezze. Un ghiacciolo al limone guarnito di miele e toffee, con sale e spezie bianche a rendere la persistenza quasi piccante. Appena più risolto il 2005, dal fruttato più ampio e maturo, soprattutto dalla mineralità avvolgente e più coesa alle note di spezia dolce e tostatura – vaniglia, croccante, burro fuso – e solo un poco più corto in persistenza.

[Jacopo Cossater] Paglierino intenso, solo all’inizio una certa tostatura tende a coprire un profilo olfattivo invero ricco di piacevoli richiami fruttati, erbacei e lievemente speziati. Al palato è più compresso, piacevolmente minerale ma ancora non completamente disteso. Un’articolazione che emerge con nitidezza nel 2005, così piacevolmente pieno, morbido e slanciato tra quelle note di vaniglia e di pepe bianco che ne caratterizzano in modo inconfondibile lo stile.

[foto: Pier Paolo Metelli per Roccafiore]

2 Commenti

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lucawine

circa 8 anni fa - Link

Sicuramente iniziativa di grande livello, di questa batteria proposta , ne conosco alcuni, e di diverse annate, i miei preferiti ma da sempre, è come un amore, Latour a Civitella, e per eleganza ed espressione Fiorfiore di Roccafiore.

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Roberto

circa 8 anni fa - Link

Anche se difficile trovarlo in Italia per me uno dei migliori vini a varietà Grechetto lo fà Paolo Montioni a Montefalco ! provare per credere .

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