Caro Matteo Renzi, sai chi ha inventato la parola “vino”? Sorpresa: l’Iran

Caro Matteo Renzi, sai chi ha inventato la parola “vino”? Sorpresa: l’Iran

di Pietro Stara

Gran parte della vulgata presente nei testi scritti su supporti cartacei o informatizzati riduce l’etimo della parola ‘vino’ al valore fonetico del termine greco-miceneo: wo-no (pronunciato woinos), che si ritrova nel dialetto eolico Fοἶνος, nell’omerico οἶνος, nel siculo viino-, nel latino vinum, nel falisco (i Falisci sono una popolazione stanziata sulla riva destra del Tevere) uino(m), nell’etrusco vinum, nell’umbro vinu, uinu, nel volsco uino, nel leponzio (o Lepontico, trae il nome da una popolazione che, secondo le fonti antiche, abitava la regione meridionale delle Alpi durante il primo millennio a.C.) uinom, nel retico viinu-.

L’ipotesi di un’origine europea del termine ‘vino’, così come ricorda puntualmente Emilio Sereni¹, lascia più di un dubbio sia per quanto riguarda la fase storica della sua costituzione, assai disomogenea dal punto di vista cronologico e culturale, sia per quanto attiene il suo significato che, per lo più, rinvia a generiche sostanze inebrianti dissimili da quelle prodotte dalla vite (a quel tempo in prevalenza selvatica). Sereni invita, quindi, a guardare più in là, ad est, nei più antichi centri caucasico-asianici della viticoltura.

Nell’antichissima civiltà sumera², posta nella terra (Mesopotamia ) tra i fiumi (Tigri ed Eufrate), una delle prime ad avere una scrittura cuneiforme a noi tramandata e conosciuta, i  termini ‘vite’ ‘vino’ e ‘vignaioli’ sono ben presenti e ben documentati. Il lemma più diffuso nella lingua sumera a designare il vino da uva è gesštin, da cui alcuni studiosi avrebbero riconosciuto il valore fonetico della rappresentazione stilizzata della ‘foglia di vite’ nel suffisso ‘-tin‘. Nonostante alcune incertezze su tale identificazione, la cultura sumera, oltre 3000 anni avanti Cristo, fornisce altre attestazioni della parola vino, identificatasi nella sua variante rossa con il ‘sangue’, anche attraverso le parole kur, kuru, kurum, kurun, legate alle voci kurûnu, karânu, a loro volta usate nell’altro gruppo delle lingue mesopotamiche, il semitico accadico (Assiri e Babilonesi). Lo stesso vocabolo si ritroverà nell’aramaico talmudico (qreyna’), nel greco σίραιον, nel latino tardo caroenum, carēnum e nell’Italiano antico del 1300 carèno, ovvero ‘mosto cotto’.

Con eguale passione Patrick E. McGovern³ arriva a stabilire la presenza di vino, derivante da fermentazione d’uva allevata (vitis vinifera sativa), in antichi otri, risalenti a 7000 anni a.C., ad Hajji Firuz, un sito neolitico nei Monti Zagros settentrionali, a sud ovest del lago Urmia (Iran settentrionale-Kurdistan iraniano ai confini con l’Iraq), grazie ad un approccio metodologico improntato al rilevamento di alcuni campioni di dati e alla loro analisi:

1. La presenza di acido tartarico, poiché la vite è l’unica fonte nota di questo acido, che si produce durante la maturazione del frutto e uno dei suoi sali. Il più importante è il bitartrato di potassio. Vengono utilizzati sistemi di cromatografia liquida-spettrometria e la spettrofotometria UV-visibile.

2. Stabilire lo stile di fabbricazione nonché d’uso di un recipiente e definire se il contenuto è in forma liquida, semiliquida o solida.

3. Definita la presenza di acido tartarico e dei suoi sali si suppone che l’uva sia fermentata in vino e successivamente in aceto (l’etanolo fermenta ulteriormente in acido acetico). La presenza di acido acetico conferma l’evoluzione naturale e incontrollata del processo.

4. L’intenzionalità dello sforzo compiuto, con tappi ermetici di ceramica relativamente impermeabili, per eliminare le infiltrazioni d’aria ed evitare così la trasformazione del vino in aceto.

5. La presenza negli otri di lieviti dell’uva, che favoriscono la fermentazione alcolica, tra cui il più importante è il Saccharomyces cerevisiae.

Fino a prova contraria la meravigliosa storia del vino parte da quelle terre per poi innalzarsi nelle montagne Anatoliche, nelle pietraie Siriane e Palestinesi, per lambire gli argini del Nilo e attraversare montagne, mari, tempi e persone. Fino a noi.

Piaccia o meno a qualche fanatico  religioso.

Note al testo
1. Emilio Sereni, Terra nuova e buoi rossi e altri saggi per una storia dell’agricoltura europea, Einaudi, Torino 1981
2. 
Recenti scoperte, ancora da verificare, dell’archeologo italiano Massimo Vidale e dell’iraniano Youssef Madjidzadeh raccontano di una civiltà antichissima, contemporanea a quella sumera, residente sull’altipiano dell’Iran sud-orientale, lo stato di Marashi, tanto potente che i regnanti di Ur mandavano le loro figlie come spose per cercarne l’alleanza.
3. Patrick E. McGovern, L’archeologo e l’uva. Vite e vino dal neolitico alla Grecia arcaica, Carocci editore, Roma 2006

 

 

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Pietro Stara

Torinese composito (sardo,marchigiano, langarolo), si trasferisce a Genova per inseguire l’amore. Di formazione storico, sociologo per necessità, etnografo per scelta, blogger per compulsione, bevitore per coscienza. Non ha mai conosciuto Gino Veronelli. Ha scritto, in apnea compositiva, un libro di storia della viticoltura, dell’enologia e del vino in Italia: “Il discorso del vino”.

11 Commenti

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Maurizio Gily

circa 8 anni fa - Link

non ho capito però il nesso con Matteo Renzi

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Marco

circa 8 anni fa - Link

clickbaiting

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Pietro Stara

circa 8 anni fa - Link

Non sono quasi mai il titolista dei miei articoli. E neppure in questo caso. Sono, però, fortemente contrario alle rimozioni, alle cancellazioni, ai colpi di spugna. Simboliche ancor prima che materiali. E ravvedo in questo, alla pari del titolista (ma anche come dice Rossano), una responsabilità politica a monte (diretta e indiretta).

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Francesco

circa 8 anni fa - Link

Piove, governo ladro!

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Rossano

circa 8 anni fa - Link

penso che il nesso indiretto sia rappresentato dal fatto che mentre Renzi ha vergognosamente calato le brache mettendole alle statue ignude a Roma, Hollande ha annullato la cena di protocollo perché era stata avanzata la richiesta di non avere vino a tavola nesso non proprio ferreo, ma a mio parere sostanziale ringrazio invece Stara per avere indirizzato la critica al responsabile diretto, Renzi, e non all'italianità degli Italiani, come fanno puntualmente la maggior parte dei giornalisti di maggior visibilità, che ve ne sia un qualche motivo oppure no

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Alessandro Morichetti

circa 8 anni fa - Link

Al titolista duole essere d'accordo con Rossano ma così è: anzi, "nesso non proprio ferreo ma sostanziale" è perfettamente rappresentativo della questione.

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michele fino

circa 8 anni fa - Link

Ottimo Pietro. Hai consultato il dizionario etimologico di Giovanni Semerano? Secondo me ti divertiresti!

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Pietro Stara

circa 8 anni fa - Link

Grazie Michele. Tra le altre cose, Giovanni Semerano è stato uno dei sostenitori della derivazione semitica (accadica) delle lingue appartenenti a ciò che, sempre secondo lui, è stato definito erroneamente come indoeuropeo: "Esiste l'indoeuropeo?...L'esito perentorio qui scandito è che l'indoeuropeo, entità linguistica dal nome errato, non esiste, non è mai esistito. Il complesso lessicale ossificato nei tomi accademici appartiene all'eredità delle lingue e delle inarrivabili civiltà del Vicino Oriente; esse, dal III millennio a. C., hanno acceso il loro lume sul nostro incolto Occidente. E non si può respingere una sonora realtà: che quelle lingue sono di ceppo semitico" (La favola dell'indoeuropeo, Mondadori Bruno , Milano 2005, pag. 84)

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Rossano

circa 8 anni fa - Link

Pietro Stara prevede il futuro.

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Rossano

circa 8 anni fa - Link

Mi accorgo mò-mò che se il titolista non è Stara ma il Moricchia, i miei conplimenti per il titolo indirizzato a Renzi vanno a finire a lui. Posso però invocare la preterintenzionalità, signor giudice.

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Andreuccio

circa 8 anni fa - Link

Pietro Stara ti stimo sempre di più

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