Birra artigianale, cucina d’autore e grandi vini. Da Massimo Bottura alla Quarta Runa di Montegioco

Birra artigianale, cucina d’autore e grandi vini. Da Massimo Bottura alla Quarta Runa di Montegioco

di Alessandro Morichetti

Ho esplorato più volte la sciatteria di sedicenti gourmet al cospetto del tema “birra artigianale”: alcuni casi sarebbero degni del dr Freud. “Il vino è cosa seria e rischiosa anno per anno, non come la birra che è una ricetta”: che sarebbe poi vero, e quindi?
Terribile il sottinteso: potrebbero farla tutti una buona birra, data la ricetta.

Esiste una ricetta del Risotto oro e zafferano di Gualtiero Marchesi che ha cambiato la ristorazione italiana e nessuno se n’è mai lamentato. A conti fatti, la ricetta della Super Baladin di Teo Musso, che è una birra, ha un destino parallelo.

Un po’ come se l’ultimo dei produttori di Barolo esordisse dicendo: “Eh beh, ma dietro alle Cinque stagionature di Parmigiano Reggiano di Massimo Bottura c’è una ricetta”. Stupido e folle. Anche dietro ai tajarin di Gemma a Roddino c’è una ricetta, ma racconta tutta un’altra storia. E poi, adesso cha hai la ricetta, falle tu le Cinque stagionature, la Super e quei tajarin. Do you know ESECUZIONE?

Il grande birraio CREA ricette e il suo percorso si innesta su un tracciato parallelo a quello del grande cuoco che assorbe e metabolizza. Cambia la natura del prodotto, ben poco il gesto.
Il birraio è un “cuoco della birra”, ragiona di stili e può rivisitarne gli esiti. Ci sono birrai e tradizioni innovative così come contesti più conservatori ed interpreti più ligi. Esattamente come nella cucina, tanti sono i filoni.

L’Osteria Francescana propone le Cinque stagionature di Parmigiano Reggiano (digestione creativa di un territorio) così come Gemma a Roddino ripropone quotidianamente i suoi tajarin o il Birrificio Italiano quello che è unanimemente riconosciuto come un capolavoro del savoir-faire brassicolo italiano: che si chiami Tipopils o Bibock poco importa. Che ha a che fare con la tradizione tedesca migliore e non con una bottiglia di Heineken.

Si possono standardizzare allo stesso modo un piatto e una ricetta: ingredienti + ricetta = prodotto finito (piatto, birra..). Dalla natura dei fattori dipende il risultato.

Perché questa premessa? Perché mentre troppi gourmet guardano il dito, la birra artigianale italiana miete successi nel mondo. Pur essendo un paese non tradizionalmente produttore facciamo gustare grandi pils ai tedeschi, blanche ai belgi e birre creative, spesso alla frutta o alle castagne, a tutto il mondo. Ci sono birrai da esportazione (Musso, Di Vincenzo) e artigiani stanziali, che li trovi praticamente solo dove lavorano: Neive, Montegioco, Porto Sant’Elpidio o qualche altro ignoto comune.

Domenica 15 giugno ho partecipato a un laboratorio molto figo a Terroir Vino, Genova. Invasioni Metabirrarie con Stefano Ricci, l’esperimento di portare la birra in un consesso di enofili. Non molti i partecipanti e meglio per loro, io ripartirei anche domattina. C’era anche Schigi, cioè Luigi D’Amelio di Extraomnes, l’uomo più bannato dai forum di tutta Italia: uno che a cavallo tra birra e vino ha costruito una (web) reputation in cui solo la superficiale antipatia va di pari passo con la competenza. Oggi Schigi è un produttore di birra molto affermato e rispettato, piaccia o meno.

Abbiamo assaggiato insieme 7 birre “speciali”, la più leggera aveva 8% e considerate che io amo le birre leggere da tracanno (session beer) e le birre acide, che di rado sforano i 6%. Eppure. Ascoltare Stefano @beersheriff e lo SCHIfoso LuiGI è stato divertente e mi son dato di gomito con Fiorenzo Sartore alla mia sinistra quando arricciava il naso su alcuni bicchieri.

Ebbene, per tornare al nostro discorso, nella Quarta Runa 2013 (prima a destra nella foto sotto) di Riccardo Franzosi (Montegioco) c’è un’eco dello stesso gesto che guida la mano di Massimo Bottura tra mortadelle e aceto balsamico. Una birra splendida nel restituire il sapore del frutto attorno a cui è stata pensata e costruita. Che le pesche siano di Volpedo poco importa onestamente, è il gesto che qui conta: gialla oro opalescente e dall’aroma di pesca, è un viaggio. A occhi chiusi impossibile negare con certezza si tratti di un cesto di pesche; malto Pils e luppolo semi-assente sia al naso che in bocca restituiscono un sapore delizioso che ad oltre un mese di distanza ho chiarissimo in mente. Che bellezza, che gioia!

Qualcosa del genere avrei detto anche per la BB9 di Barley, altra mia preferita del giorno. Malti chiari e sapa di Malvasia consegnano un naso più rilassato rispetto ad altri della batteria e un gioco di amaro che cresce/dolce che scende dal perfetto equilibrio. Birra di pregevole fattura e più immediata lettura, che suggerirei ad un vinofilo scettico ben più di alcune delle altre proposte.

Giusto per solleticare i cecchini della birra, ecco altre note senza pretesa di attendibilità.

Beerbera – Loverbeer (al centro in foto)
Curioso mix di birra e vino, a fermentazione spontanea grazie ad uva Barbera pigiata e diraspata in tini di rovere da 17hl e tonneax da 5 hl. Color ramato, unghia arancio, attacca vinosa quasi con un filo di cacao, poco luppolata, vira poi sul metallico lasciando dopo molti minuti un odore quasi di crosta di formaggio. Parte bene ma poi risulta più difficile entrarci in sintonia, nel bicchiere semi-vuoto non si emancipa da un sentore formaggioso un po’ invadente sebbene si lasci bere con facilità.

La Luna Rossa 2010, Birrificio del Ducato (a sinistra in foto)
Questa la descrizione: “Nata dal blend di più birre diverse, alcune di queste invecchiate in botte fino a 2 anni con l’aggiunta di amarene e marasche. Di colore ambrato intenso con riflessi rubini, esprime una straordinaria complessità olfattiva: profumi fruttati (marasca e amarena in primis), accompagnati da sottili note eteree e sublimi spunti acetici e lattici, oltre a sfumature di malti ossidati. In bocca è sapida, ampia, persistente e termina con una magnifica ed esaltante acidità. Una birra dalle forti emozioni, dedicata agli innamorati senza tempo e senza limiti”. Non sono riuscito a farmela piacere, con odori acetici più grevi che invitanti. Ci sono tornato sopra più volte e a più riprese, l’odore di frutta misto a biscotto plasmon stuzzica ma rimane in secondo piano. Probabilmente è un mio difetto di allenamento ma ho preferito altri assaggi.

A chiudere la line up, Kerst Reserva 2013 di Extraomnes (buona!), Coffee Brett di Carrobiolo e Xyauyù Oro 2010, apice del percorso creativo di Teo Musso che però non ho molto amato, tra l’altro in discreta sintonia coi relatori: birra piatta, viscosa e avvolgente, di assai difficile esecuzione e certamente un must della brassicultura italiana ma estrema a tal punto da meritare osservazioni critiche. Io ad esempio mi sono chiesto: a che serve una birra così? Perché se cerchiamo qualcosa da fine pasto a 14% allora si entra in campo aperto e si rischiano sberle. Alché uno potrebbe rispondere: ” La birra di Musso è spaziale coi dolci e a fine pasto. Serve una birra così? Al Don Alfonso 1890 sono convinti di si”. Game, set, march per Teo.

Perché signori, va bene tutto ma rispetto per Teo Musso, con dedica speciale per quelli che “ah si, il socio di Farinetti”.

Carinissimo il siparietto tra Giulio Armani (Denvolo, La Stoppa) e SR (Stefano Ricci) sul brett della Coffee Brett: “Voi della birra siete molto più avanti”. Risposta: “Avanti non credo, ma più liberi di sicuro”.

Conclusione? La birra è una cosa meravigliosa e non c’è una vera conclusione.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

8 Commenti

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Carlo

circa 10 anni fa - Link

Il termine "unghia arancio" sulla Beerbera non l'aveva mai usato nessuno... ;-)

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Pietro

circa 10 anni fa - Link

Mah... sono perplesso... io so che quest'anno al mare va di moda la Beck's Green Lemon. Non sono sicuro che queste birrozze stiano bene con la gassosa. Sssiemo :D [a]

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nico spernza

circa 10 anni fa - Link

la "birra artigianale" deve avere lo spazio che si merita, anche nei ristoranti con una propria carta, ma avvicinarla al vino parlando come alternativa, se permetti non riesco a digerire il concetto. Se vidico che: l'ingrediente più importante è l'acqua, e che se quelle velature del suo aspetto e le rifermentazioni che generano odori di ridotto fossero degli aspetti negativi; se si provasse a presentare un vino con quelle caratteristiche non verebbe apprezzato, o forse si!? Un nuovo concetto di birra artigianale, in controcorrente con la tradizione se fosse possibile? L'incontro tra la ricetta dell'artigiano e la tecnica dell'industria?

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Alessandro Morichetti

circa 10 anni fa - Link

Da oggi, BIRRAIO = CUOCO DELLA BIRRA è © ® ™ :D

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Nicola Perra

circa 10 anni fa - Link

Leggo spesso questo blog (anche se non scrivo mai) e non vedo spesso post come questi, dato che qui si discute prevalentemente di vini. Non posso quindi esimermi dal complimentarmi con l'autore del post, giacchè ha (coraggiosamente) affrontato il tema spinoso del confronto tra due mondi (vini e birre) che molti credono parecchio distanti, ma che in realtà hanno tanti punti in comune. Ciò è evidenziato proprio dalle birre che hanno a che fare col mondo del vino, una commistione tanto (apparentemente) strana quanto affascinante, affrontata (mi risulta) brillantemente da Stefano Ricci all'interno di un laboratorio, durante una kermesse prettamente enoica come Terroir Vino di Genova. Pian piano, negli anni, se ne vedranno delle belle :-)

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Federico

circa 10 anni fa - Link

Anche se .... il cuoco aspetta che da cruda diventi cotta e il birraio aspetta che la cotta diventi cruda*! :-D ;-) (*: iniziale nome gergale con cui si identificavano le birre artigianale) Condivido tutto e l'italica sensibilità e creatività, culturale, che sappiamo mettere in tutto ciò che è mangiare e bere è emersa preponderante anche nella birra. In pochi anni sono stati bruciati decenni....e ho il sospetto che il meglio deve ancora venire!

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Federico

circa 10 anni fa - Link

Condivido tutto....escluse ovviamente le emozioni degustative. Di queste birre in effetti ho bevuto solo la Xyauyù. Tra l'altro in abbinamento al panettone Baladin (prodotto utilizzando mi pare la medesima birra). Insieme erano proprio buoni. Un accostamento forse privo di "contrasti" gustativi, ma pieno, di gusto e godimento puro. Da Natale in famiglia. La mia risposta personale quindi è, sì, una birra così con quel panettone in quella serata, a me è servita.....e non pensate strane cose, ero davvero con mia moglie! :-)

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Paolo Erne

circa 10 anni fa - Link

I birrai non fanno le birre ma fanno i mosti ; le birre le fanno i lieviti (i birrai casomai aiutano i lieviti).

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