Biodinamica e design, Philippe Starck insieme a Roederer per il Brut Nature 2006

di Andrea Gori

In casa Louis Roederer non nascono nuove cuvée tutti i giorni, anzi l’ultima volta fu quarant’anni fa. Quindi quando creano una nuova etichetta ci devono essere delle buone ragioni. Per esempio un’annata particolare come la calda 2006, oppure la fissa di Jean Baptiste Lecaillon (chef de cave) per la biodinamica in alcuni village come Cumières. O forse perché il designer francese Philippe Starck ha effettivamente messo qualcosa di suo nella cuvée che in casa Roederer non si aspettavano. In ogni caso l’evento è stato sottolineato in molti modi e soprattutto salutato con un entusiasmo davvero raro che ci sentiamo però di sottoscrivere per vari motivi, alcuni ripresi da Lecaillon nel suo intervento di apertura.

Innanzitutto non è il classico Brut Nature che entra nella gamma della maison: si tratta di un vino che nasce da un’annata e da un sito speciale nel village Grand Cru di Cumières, vicinissimo ad Epernay. Le vigne sono per la quasi totalità in regime biodinamico (secondo Lecaillon semplicemente il sistema di allevamento definitivo per la vite) e sono piantate su argille scure, che prevalgono sul varietale dando un’uniformità di gusto ed espressione in cui il terroir specifico conta più di pinot nero e chardonnay. Il pinot nero conferisce vinosità, eleganza e tanta speziatura con una maturità delle uve impressionante ogni anno: lo chardonnay è molto ampio come aromi, puro e diretto ma molto rosso e ricco, tanto che diviene difficile distinguerlo dall’altra varietà. Il vino nasce praticamente senza assemblaggio perché la vendemmia viene fatta in contemporanea per le due parcelle tenendo molto maturo lo chardonnay e meno il pinot, con il risultato che il bilanciamento viene appunto ottenuto senza bisogno del dosaggio grazie anche al fatto che viene abbassata la pressione, 5  atm invece delle consuete 6,5. In ogni caso il vino, se non avesse soddisfatto le richieste di Starck in termini di immediatezza, sarebbe uscito come semplice millesimato. Ci pare coraggioso il fatto che nonostante l’investimento di marketing e comunicazione l’etichetta sia destinata ad uscire solo in certe annate particolari: dopo la 2006 è previsto il 2009 e poi forse il 2014. Come dire che è il clima e l’annata a indicare quando non si deve dosare. Si parte cioè dal non voler dosare ad ogni costo, un ragionamento tipico di un RM più che di una grande maison (e del resto Roederer lo è praticamente su tutta la gamma, Brut Premiere escluso).

L’intervento del designer risulta alla fine molto più dentro la bottiglia che fuori, tanto che l’etichetta e l’habillage in generale sono estremamente basic per riaffermare che l’atto creativo umano è all’interno, mentre l’etichetta serve solo a racchiuderlo e a descriverlo nel modo più semplice possibile: un aspetto che Starck sottolinea come capacità di astrazione del vino rispetto al resto del mondo. Lo stesso Starck nel suo intervento racconta anche di un altro aspetto che rischia di essere sottovalutato: quanto sia importante pensare al piacere e al gusto prima ancora che al dosaggio, alla tecnica e a tanti fattori che sembrano dominare la nostra attenzione, quando sarebbe infinitamente meglio dedicarla al piacere.

Di seguito le nostre note che potranno apparire molto più entusiastiche di altri assaggi precedenti (l’Italia è l’ultimo paese in cui viene presentato) ma che beneficiano anche di un tempo sensibilmente maggiore in bottiglia. Questo ha contribuito a definire molto meglio il vino. In enoteca costerà circa 90 euro, distribuito come sempre da Sagna di Torino.

Louis Roederer Philippe Starck Brut Nature 2006 è composto all’80% da uve biodinamiche; al naso presenta agrumi e mandarino, balsamico e carnoso intenso e incalzante, giaggiolo e pesca gialla, canditi e lime, zenzero; la bocca è di una cremosità impressionante (anche grazie alla carbonica da crèmant) e carezzevole con sorso incalzato in ogni dove da schegge sapide e calcaree; il finale è secchissimo ma allo stesso tempo fruttato maturo vivo. Ampio senza essere pesante, un prodigio di equilibrio e durezza come una carezza nascosta in un pugno, un vino davvero diagonale come Starck voleva creare. 93

 

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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Landmax

circa 9 anni fa - Link

L'archichampagne.

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