Come Nanni Moretti in scooter per Genova, visita al vigneto di Gionata Cognata e degustazione compresi

Come Nanni Moretti in scooter per Genova, visita al vigneto di Gionata Cognata e degustazione compresi

di Fiorenzo Sartore

Riconoscete questo ponte? Chi attraversa Genova lungo la A10 avrà visto almeno una volta il ponte Morandi, il nostro scenografico ponte di Brooklyn. Pochi sanno che quel ponte, tagliando l’intera valle del Polcevera, passa sopra una vasta area storicamente segnata dai vigneti: la Valpolcevera un tempo era una zona produttiva di qualche rilievo, e ancora oggi resistono filari di bianchetta, vermentino, rollo. Basta andarli a cercare.

Le vigne di città sono un fatto abbastanza raro, soprattutto se si pensa alle grandi città del nord. Genova però ha una strana conformazione, è una striscia di case lungo il litorale, con due punte che si infilano nell’entroterra seguendo i principali corsi d’acqua, il Bisagno e, appunto, il Polcevera. Questa conformazione fa sì che anche oggi la città cerchi di strappare via spazio alla macchia dei primi rilievi appenninici, per cui non è difficile, salendo a monte, infilarsi in pochi secondi in panorami boscosi, verdi, quasi selvaggi, avendo lasciato le case dietro una curva. Partendo da Cornigliano (il quartiere dell’ex Italsider) si può salire verso la collina di Coronata. Questo nome qui a Genova da sempre significa una cosa: vino. Bianco, per la precisione. E di fatto, le vigne sono in città.

Il Bianco di Coronata, o Coronata semplicemente, è nella fantasia e nella memoria di ogni genovese che abbia mai versato un bicchiere di vino. E come succede ad una rockstar che si ritira per sempre dalle scene, l’assenza accresce il mito: la sua produzione è in gran parte scomparsa, e oggi se attraversate la Valpolcevera vedrete solo installazioni industriali, capannoni, case affastellate e, insomma, i segni di una città. Per questo quando succede di sentire che qualcuno riavvia, tra ogni possibile difficoltà, la produzione di Coronata, a quelli come me si accende qualche tipo di lampadina. L’associazione sommelier locale ha inserito in alcuni incontri il Valpolcevera Coronata di Gionata Cognata. Leggo il bel racconto di Mario de Benedittis, quindi tanto basta: andiamo a vedere. Per avere un’idea più grafica di cosa intendo per vigneto in città, basta osservare quali sono le distanze tra il mio posto di lavoro e quel vigneron con Google Maps: 14 chilometri.

Arrivati a Bolzaneto si sale verso Morego, il quartiere sede dell’IIT. Ben presto sono in mezzo a panorami bucolici che, appunto, rendono un po’ surreale questa transumanza: si passa dalla città alla selva nel giro di una curva, ed è il genere di viaggio che adoro fare in scooter.

Seguendo il satellitare di Google sono riuscito a sbagliare strada, perché la via dove risiede l’azienda, a monte, è uno sterrato. Torno indietro, salgo dal basso, e alla fine eccomi alla porta.

Lungo una riva un vigneto di bianchetta genovese sale ripido e ordinato fino alla casa di Gionata.

Ex studente di farmacia all’Università di Genova, Gionata è un giovane tornato al lavoro della vigna “per una questione di DNA” (dice). Con il padre manda avanti l’azienda agricola, con un vigneto inferiore ai due ettari, per il momento solo impiantato a bianchetta. Un altro fazzoletto di vigna è stato appena piantato a sirah due curve più a valle quindi ancora non produce: Gionata avrebbe voluto mettere un tipo di nebbiolo di cui ha antica memoria, ma questo ormai non rientra tra i vitigni ammessi, quindi un po’ per ripicca un po’ per sperimentalismo, il vigneto nuovo ospita sirah.

La vigna è a conduzione naturale senza alcun tipo di certificazione e anche – va precisato – senza molti talebanismi. Solo bianchetta, senza trattamento perfino in questa annata disgraziata. Passando per i filari Gionata mi mostra qualche segno di malattia, ma – ripete volentieri – “non me ne importa niente”. C’è quel che c’è.

Al momento l’azienda non dispone ancora di una cantina di vinificazione: le uve vendemmiate vengono vinificate più a valle usando la struttura che adopera Andrea Bruzzone, l’altro produttore di Coronata (due produttori in tutto, ve l’avevo detto che ormai questo vino è un incunabolo). Gionata però progetta di ricavare una cantina di vinificazione in azienda, ristrutturando il capanno che si vede al centro del vigneto nell’immagine qua sotto. Dovrebbe essere operativa l’anno prossimo.

In casa, assaggiamo la vendemmia 2013. Gionata mette in vendita il suo Coronata con qualche ritardo sugli standard, dopo l’estate successiva alla vendemmia, e già questo è un piccolo strappo alla regola di questo vino, che nel ricordo si tramanda come un bianco facile e leggero, da bere sui fritti e con la focaccia genovese. Nell’iconografia il Coronata è il bianchino che il portuale beveva alla mattina con la focaccia: altri tempi, altri stili alimentari.

Nel bicchiere il Coronata 2013 ha un colore tonico, non slavato, e al naso ha una fragranza intensa, sa di frutta bianca un po’ macerata; non ha pungenze o caratterizzazioni, ma carattere, quello sì: niente lieviti selezionati, niente interventismi, solo controllo della temperatura in vinificazione, decantazione naturale e filtraggi debolissimi, precisa Gionata. Nell’assaggio colpisce subito la vena salata intensa, affilata, e un sottile amaro finale, così sottile da risultare in definitiva elegante. Sulla denominazione circola la generica leggenda dello zolfo: “il Coronata sa di zolfo”, si dice. Probabile vox populi ereditata da solfitazioni parecchio artigianali, oppure un po’ di mineralità da terroir. Io propendo per la prima. Nel vino in questione la botta sulfurea non c’è, e meglio così, direi.

Meno di duemila bottiglie prodotte: per la gioia di chi ama il prezzo sorgente questo vino viene venduto a tutti (operatori e clienti privati) ad un unico prezzo: sei euro più IVA. Peraltro è reperibile presso le due enoteche del gruppo Squillari, in città, con un ricarico un bel po’ aggressivo (euro 7,95) quindi chi non ha tempo di salire quassù facilmente dovrebbe trovarlo in quei punti vendita.

La collina di Coronata dà il nome al vino della valle ed è a sud del ponte Morandi (la foto di apertura è presa dal belvedere di fronte al Santuario di Coronata). Con Gionata si parla del toponimo: certo ha a che fare con la collina, che è una microzona rispetto alla valle, ma il nome Coronata veniva dato ai bianchi migliori che i contadini producevano fin su a Serra Riccò, che è il comune immediatamente confinante, a nord di Genova. Quella collina, comunque, deriverebbe a sua volta il nome da columnata, le colonne che erano impiantate nei terreni a confine, o a supporto della vigna: ma su questo ormai tutto è un po’ dubbio, la memoria si perde. Per me, che per questioni di parentele sono legato a quella zona, è un viaggio nella memoria duplice. Nella antica tenuta Olivaro, vecchia sede della defunta Cooperativa viticoltori Coronata e Valpolcevera, vissero i loro ultimi anni i miei nonni paterni. Da bambino ricordo ancora le vendemmie. E Domenico Barisone, dominus della cooperativa, è mio cugino.

Sulla strada del ritorno, arrivato in cima a Borzoli devio a sinistra, per le strette strade che riportano su quella collina. Nuovamente, la città si mescola al bosco e alla campagna. Lungo il crinale di Borzoli le serre e qualche vigneto si alternano alle case.

Ma di nuovo, appena si sale la collina il panorama cambia in modo sorprendente, se consideriamo che siamo in città.

Arrivato sul crinale della collina di Coronata, lungo Via Monte Guano, ecco alcune colonne sopravvissute a margine di un terreno. Sono quelle del toponimo? Forse no, ma stanno lì a guardia di una vigna.

Sotto la collina c’è Cornigliano, le fabbriche, e poco più a destra l’aeroporto. La macchia che si vede sul mare al centro della foto qui in basso è un aereo che atterra.

Siamo alla fine del viaggio. Si scende ancora per tre minuti circa, ed eccoci nel traffico, in coda al semaforo di Piazza Massena, all’incrocio con Via Cornigliano: il vigneto era a meno di mezz’ora da qui. Niente male, per una grande città.

Azienda Agricola Gionata Cognata
Via Inferiore Porcile, 6/A – Genova
Telefono: 010/7261155
Cellulare: 393/8502793

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

10 Commenti

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Francesco Garzon

circa 10 anni fa - Link

E' bellissimo. Inoltre, finalmente, si riportano nel mondo reale quelle denominazioni "incantate" che rimangono quasi sempre solo nei libri dei vari corsi di sommelier. Produzioni su cui (finalmente, almeno ogni tanto) è fuori luogo spaccare il capello in quattro su tutte le infinite questioni tecniche ed organolettiche che spesso attanagliano un vino. E poi Genova..... Posso solo aggiungere che quelle poche volte che vado a Genova appena metto fuori il naso dalla stazione di Porta Principe e mi guardo introno, vedo la città, il porto, il mare e le colline alle spalle, RINASCO. Poi mi domando ma cosa ci sto a fare a Milano ?

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francesco

circa 10 anni fa - Link

piazza principe!! :)

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Francesco Garzon

circa 10 anni fa - Link

aggiungo, ... se questo non è un vino legato al territorio ! ....

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Fabio Pracchia

circa 10 anni fa - Link

Bello. Grazie.

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stefano Albenga

circa 10 anni fa - Link

Tu e Domenico Barisone parenti, è la prova che Dio esiste!

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Samuele

circa 10 anni fa - Link

Queste realtà sono la prova che i piccoli non si arrendono e spesso sono custodi di piccoli tesori di territorialità. Molto bene!

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doxor

circa 10 anni fa - Link

E cosa 'concettualmente' simile il vitigno urbano di Brescia (il più grande d'Europa) che da un paio d'anni si è rimesso a produrre e lo si è risistemato da decenni d'abbandono pressoché totale. Vitigno autoctono dell'Invernenga, di secolare memoria, un bello spettacolino tra strade supertrafficate sotto il Castello cittadino

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Gianni Ruggiero

circa 10 anni fa - Link

Ti ho letto questa notte e mi è venuta in mente "ma se ghe pensu" ti ho riletto stamattina e sono andato a fare i biglietti del treno.Se ho tempo passo a prendere un cartone di Gianchin. Bravo!!!

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Simonetta montaldo

circa 9 anni fa - Link

Molto interessante. Anche io ho sempre pensato che il vino di coronata profumasse di zolfo..

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mauro castagneto

circa 8 anni fa - Link

senza un po' di zolfo, il coronata non è coronata

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