Abbiamo assemblato la nostra Grande Cuvée Krug per scoprire che assomiglia parecchio a quella di Eric Lebel

di Andrea Gori

Per molti sembrerà una metafora sclerotizzata, ma in realtà non ne esiste una migliore per definire la complessità della Grande Cuvée Krug: la creazione di una sinfonia. Per essere precisi parliamo dello Champagne che ogni anno viene assemblato, e che quasi 10 anni dopo arriva sugli scaffali come Grande Cuvée. L’erede perpetuo dell’idea-progetto di una vita di Joseph Krug rivive ogni anno per mano di Eric Lebel e un team ristretto di assaggiatori, enologi ed agronomi, che perfezionano la composizione dopo l’assaggio di circa un centinaio di vin clairs provenienti da tutta la Champagne, più la gamma di vin de reserve che la Maison conserva gelosamente nelle sue caves di Reims.

L’avventura durante i Krug days ci ha portato non solo ad apprezzare le meraviglie dei solisti di lusso, Clos du Mesnil e Clos d’Ambonnay, ma anche ad assaggiare i vini singoli che ogni anno confluiscono nella cuvée dell’annata. Soprattutto, ci siamo cimentati a creare la nostra cuvée, divisi in quattro squadre per interpretare l’assemblaggio usando come base la vendemmia 2014. Benché la Grande Cuvée esca non millesimata, in realtà da tempo con il Krug-ID (e applicazione apposita) è possibile sapere tutto di uno Champagne Krug, compresa la composizione esatta della Cuvée che si sta assaggiando: ciascuna è sempre composta da un 50-60% di vino dell’ultima annata vendemmiata, più il restante che utilizza i vin de reserve.

Gli assaggi dei vini dell’annata si effettuano tra marzo e aprile, il momento in cui è finita la fermentazione e i vini sono “clairs” per effetto della precipitazione delle fecce nelle botti. E’ allora che il team di assaggiatori guidati da Eric Lebel si mette al lavoro per ripetere il “miracolo” della Grande Cuvée: noi giornalisti presenti (suddivisi in quattro tavoli di lavoro) eravamo chiamati con una parte dei vini a disposizione tra quelli presenti in maison (22 in totale su un totale di quasi 2009) a fornire la nostra versione dell’assemblaggio.

Di seguito i vins clairs 2014 assaggiati; per capire di cosa parliamo specifichiamo che le prime due o tre lettere individuano il village o il vigneto (per esempio: ML = Mesnil, VM = Villers Marmory), le altre indicano il numero di pressature di 1000 kg ciascuno che viene fatto (es: 1-8) e l’ultimo codice alfanumerico con due lettere e tre numeri è il numero di vasca dove vengono conservate prima dell’assemblaggio.

Chardonnay
Cml (Clos du Mesnil!) 1-8 mlc16: ha note di pera e sedano, mela gialla e mandorle, fine e delicato; bocca forte e aspra ma con un grado di maturità impressionante, 8.4 di acidità.
Cml 1-12 m073: mandorla e nocciola, arancio, susina e ribes bianco, caldo e piccante, meno acidità ma grande corpo sapido e gessoso, balsamico e mentolato.
Ml1-10 mlc12 Mesnil  floreale e gessoso, menta e erbe, 8.2 di acidità; bocca piacevole e arcigna, limonosa.
VM 2-20 ca414 Villers Marmory, in genere pinot noir: dolce, vaniglia e sambuco, speziato, pinoteggia molto, confetto, 8.2 in acidità, 10.5 %: fruttato rosso e arancio, fragola, già più pronto ma dalla complessità notevole.

Pinot noir
AM 2-30 ca020, uno dei 27 pinot noir fatti ad Ambonnay in quest’annata: presenta lamponi e pepe, spezie dolci, canditi e zucchero; bocca con sale e Charmes agli agrumi, grande maturità, persistenza di ciliegia.
W 4-20 ca228 Verzenay: menta e pioggia su ghiaia, contratto e meno espressivo ma roccioso; bocca salata e acidissima, lungo e preciso ma snello con fragola e amarena, analiticamente molto simile ad Ambonnay, ma sono caratteri diversi (più solare Ambonnay).
SC 4-10 ca 228 Sacy: molto riconoscibile alla cieca, al naso crostata agli agrumi, kumquat, mandarino, fruttato enorme (grande player se vuoi il fruttato nella Cuvée); non ha struttura e acidità altissima ma tanto sapore e anche persistente, sembra un rosato provenzale con acidità con gli steroidi.
RCY 5-20c jq122 Riceys nella Aube: originalissimo e mentolato, coccoina e lamponi, mandarino tardivo e fico maturo, 10 in acidità e 10 gradi alcolici; bocca piacevolissima di mandorle e pompelmo rosa.

Meunier
LY 2-20 ca 429 Levrigny, da una cooperativa della valle della Marne verso ovest: cedro e canditi, timo e asparagi, floreale rosso e giallo.
SG 1-20 ex005 Saint Jean, altro valle de la Marne, cooperativa, 9.4 zucchero, 8.7 in acidità, rosa gialla e giacinto, opulento e gommoso, più frutto e generosità, il meunier è molto importante quest’annata.

Vin de Reserve 1998-2013
2008 Og Oger: dolce, ricco, con poca spinta ma ha spezia talco e vaniglia, acidità esagerata.
2010 Vm: incenso menta e sapidità, confetto ed erbe aromatiche, bella spinta e corpo.
2000 ML Mesnil: vinsanto e rhum, acidità alta e poco corpo ma con profumi speziati incalzanti e buonissimo.

Pinot Nero
VZ 2013 Verzy: acidità enorme e sapidità, frutto rosso bello e pieno.
BZ Bouzy 2012: fantastico e avvolgente, frutta rossa e cassis, menta e balsamico, acidità contenuta.
2008 AM Ambonnay: etereo e balsamico, lampone e fragola, acidità incalzante e citrina, quasi esagerata ma naso stupendo.
2001 Ay: ciliegia e incenso, cardamomo e rabarbaro, pepe e resina; bocca precisa con bella acidità ed evoluzione.

Meunier
2013 CA Courma: naso neutro ma floreale giallo, pesca e pompelmo; bocca precisa, netta, con poco corpo ma bella acidità.
2009 SG Saint Jean: confetto e incenso, sabbia, pepe nero e iodio, acidità sempre alta e complessità.

La nostra versione è partita sullo schema classico di assemblaggio, ovvero ipotizzando che l’annata 2014 (giudicata molto buona in genere) potesse reggere il 60% del totale e che dovesse essere composta in stile classico Krug: circa 50% pinot nero, 35% chardonnay e 15% pinot meunier. Abbiamo operato in maniera da avere per il pinot nero tanto Ambonnay e Riceys e un po’ di Sacy e Verzenay; per lo chardonnay Villers Marmory in evidenza e gli altri in proporzioni simili e infine un saldo di meunier da Saint Jean che ci aveva davvero colpito. L’assaggio dimostrava un vino decisamente sexy con un frutto molto deciso e intenso, tanto confetto, acidità incalzante e piacevolissima.

Per i Vin de reserve (40% del totale) siamo andati in cerca di corpo e struttura quindi siamo partiti dall’idea di usare un 50% di pinot nero con Bouzy e Verzy in evidenza, e la solita buona dose di Ambonnay. Per il 35% di chardonnay abbiamo usato lo splendido Mesnil 2000, il sublime Villers Marmory 2010 e giusto un poco del fantasioso Oger 1998. Per il meunier quasi tutto Saint Jean e giusto un’idea di Courma 2013.

Dopo averla assemblata nelle giuste proporzioni per ottenerne un litro l’abbiamo assaggiata e ci pareva niente male, confermato anche dai sussurri di approvazione e gli sguardi incuriositi del team di Krug. Orgoglio e soddisfazione erano davvero ai massimi, se non che dopo qualche istante ecco arrivare nei nostri bicchieri la “vera” Grande Cuvée appena assemblata in maison.

Si trattava della Krug grande Cuvée base 2014 con 195 vini dal 1998 al 2014 di cui 55% 2014 e 45% vin de reserve con percentuali di vitigni pari a 51% pinot nero, 38% chardonnay, 11% pinot meunier. L’assaggio è stato qualcosa di annichilente con una impressionante complessità al palato, un vino fresco ma non esagerato: note di pasticceria, pompelmo, fragola e lamponi, dal volume tridimensionale; corpo sostanza e piacevolezza incredibile con una profondità inusitata. Finale di mandorle, cassis e arancio giallo, lunghissimo. Uno dei vini bianchi più profondi e incredibili che abbia mai assaggiato, capace di rinnovarsi ad ogni sorso (acidità totale 7.8 gr/lt), una sinfonia alla quale mancavano solo le bollicine per essere completa. Un po’ come se togliessimo la componente ritmica ad un’orchestra.

A pensarci bene si dimostra ancora una volta che, prima di essere un grande Champagne, la Grande Cuvée è soprattutto un grande vino che riassume in sé il sogno di un uomo, la storia di un territorio, la definizione di terroir al suo massimo e allo stesso tempo paradossalmente il più grande artefatto umano in campo enoico: l’assemblaggio, l’arte che l’abate Dom Perignon ha lasciato al mondo, e a tutti quelli che cercano di renderlo un posto più piacevole dove vivere attraverso un calice di Champagne.

(Da gustare magari seguendo uno degli brani musicali suggeriti…)

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

2 Commenti

avatar

Sergio

circa 9 anni fa - Link

Caspita, metà di questo Krug può venire dai vini di riserva? non lo sapevo, incredibile come mantenga invece una freschezza impareggiabile. Comunque comincio ad odiarti (cioè: siamo oltre l'invidia!) per questi post: mi spieghi come hai fatto a partecipare e quali altri erano i partecipanti?

Rispondi
avatar

Andrea Gori

circa 9 anni fa - Link

In effetti è un mezzo segreto nel senso che se lo dicessero la gente magari non lo comprerebbe perchè penserebbe di trovarsi di fronte ad un vino maturo e "vecchio" mentre Krug mette la freschezza allo stesso livello della complessità come importanza. L'evento di cui ho fatto parte sono i KrugDays, ritrovo annuale con stampa da tutto il mondo per festeggiare la nascita della nuova cuvèe e assaggiare insieme prodotti di qualche anno prima nonchè per conoscere meglio e intervistare il team di Krug. C'erano in tutto circa 25 giornalisti da tutto il mondo (Giappone, UK, Germania, Italia, Francia, Belgio, USA le nazioni più rappresentate) selezionati tra quanti si occupano in maniera costante di champagne e lifestyle.

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.