11 cose da sapere sui ristoranti negli Emirati Arabi, dove il lusso non conosce limiti

di Cristiana Lauro

Dobbiamo essere pregiati e costosi per esercitare degnamente l’arte dell’ospitalità? L’accoglienza attiene al lusso? Esiste un mondo del lusso che leggiamo sulle riviste pattinate (no, non è un errore di battitura: per rifuggirle faccio prima quando indosso le rotelle) che molti di noi hanno avuto modo di visitare almeno una volta nella vita. Abu Dhabi, Dubai, Doha, Muscat sono città faraoniche del Golfo Persico, luoghi dove il lusso non conosce limiti. Soldi qui ne girano davvero tanti per business ma non solo. Soldi sprecati, fumati, dilapidati, letteralmente buttati nel cesso.

Ma se da un lato sarebbe sciocco accostare il nostro ad un mondo che galleggia sul petrolio (Abu Dhabi ricchissima e, fra poco, grande capitale culturale con il Louvre in costruzione o Dubai che vive su finanza, turismo e immobiliare di alto livello, passeggiando in Rolls Royce), dall’altro non possiamo non rilevare differenze enormi nella proposta e nel rapporto col pubblico. E, insieme a questo, purtroppo, un livello di accoglienza e buona educazione decisamente superiori ai nostri.

Parlo di servizio, locali, ristoranti, di chef stellati, cucine, qui principalmente fusion, con forte influenza asiatica e mediterranea. La ristorazione di lusso in questi paesi, purtroppo, è complessivamente un’altra storia. Lasciamo stare il concetto di bello che è soggettivo e a casa mia coincide con un posto semplice come il Clandestino di Moreno Cedroni, più che col mastodontico circo Orfei che è il Burj al Arab (La Vela), dove manca solo il domatore di tigri.

Basti pensare che nella prima classe Emirates, dove si bevono Lynch Bages e Dom Perignon a volontà, il pubblico ha una Spa a disposizione. Perché quando ti prende un desiderio incontenibile di Hammam sei peggio di una donna incinta e non è che puoi resistere cinque ore e mezza, il tempo di arrivare dall’altra parte, diamine!

Per realizzare tutto ciò servono un pozzo di quattrini e francamente, potendo, cercherei di spenderli meglio. Ma non è questo il punto. A parità di livello di ristoranti, da noi manca spesso qualcosa che non ha a che fare coi soldi ma, principalmente, con insane abitudini. Costumanze difficili da superare, pessima tradizione per chi ha una storia così interessante da raccontare.

Ci manca qualcosa che non si paga e semplicemente non ci interessa, in quanto avvezzi al sacrificio di sedere sul bello. Salvo poi trattarlo malissimo perché tanto a ripulire ci pensano gli altri, sempre che ci siano i soldi per farlo. Il gusto pacchiano è dominante nei luoghi di cui parlo ma la buona educazione, l’ospitalità e il rispetto reciproco fra staff e cliente sono canoni inderogabili.

Nei ricchi paesi del Golfo, entrando in un ristorante, di certo potete contare su:

1. Accoglienza sorridente da quando scendi dal tassì e uguale per tutti: se un alimento non è fresco, il piatto esce dalla carta. Non viene sconsigliato ad amici o habitué e sbolognato agli avventori.

2. Mise en place impeccabile, cura delle luci quasi maniacale. Mi riferiscono della controversa, possibile candidatura di Storaro quale prossimo assessore alle luci nei ristoranti di Dubai. Poltrona apparentemente sciocca quanto sinceramente ambita dai light designer di tutto il mondo. Storaro, non senza polemica, avrebbe dichiarato: “Famolo strano: spengo tutto”.

3. Non esiste indicazione in carta di piatti o vini non disponibili. Nel caso si ristampa la pagina, non ci vuole molto e si può far anche senza il ciclostile.

4. Acqua minerale e una salvietta di cotone umida per rinfrescarsi le mani sono serviti quasi contemporaneamente alla vostra seduta. Ho visto coi miei occhi una S. Pellegrino andarsene indignata per via di un tavolo in ritardo clamoroso di 5 minuti.

5. Tempi di attesa molto contenuti fra una portata e l’altra col paradosso, francamente eccessivo, di un bellissimo ristorante dove al telefono, in fase di prenotazione, mi hanno chiesto il conto e offerto un limoncello.

6. Bagni così puliti che ci puoi mandare i bambini in vacanza. Se poi si tiran dietro anche la mamma e prolungano il soggiorno, hai svoltato e batti il cinque.

7. Mancia gradita ma non obbligatoria. Niente musi lunghi se sei uscito di casa senza spicci e nessuno ti biasima se sembri il taccagno che sei.

8. Carta dei cocktail sempre disponibile e aggiornata. Di solito preferita dal pubblico visti i ricarichi sui vini che non stanno né in cielo né in terra. E meno male che qualcuno scrive che da quelle parti non si beve!

9. Nessuno si sogna di rifiutare le carte di credito e non esiste il conto scritto a mano su un bloc notes.

10. I camerieri non raccontano i loro pani fatti in casa in endecasillabe mentre cerchi di baciarla rimediando, goffo e a stento, la marachella della sera prima.

11. I cuochi non si mettono la cipria.

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Cristiana Lauro

Cantante e attrice di formazione ma fortemente a disagio nell’ambiente dello spettacolo, che ha abbandonato per dedicarsi al vino, sua più grande passione dopo la musica. Lauro è una delle degustatrici più esperte d’Italia e con fierezza si dichiara allieva di palati eccellenti, Daniele Cernilli su tutti. Il suo sogno è un blog monotematico su Christian Louboutin e Renèe Caovilla, benchè una rubrica foodies dal titolo “Uomini e camion” sarebbe più nelle sue corde. Specialista di marketing e comunicazione per aziende di vino è, in pratica, una venditrice di sogni (dice).

16 Commenti

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WOW!!!!

circa 10 anni fa - Link

Quasi quasi evito di pagare il mutuo per un paio d'anni e poi vado a Dubai , e ordino una bella San Pellegrino fresca fresca e poi faccio un saltino nel bagno e ci rimango una settimanina.......::)))) Sono post che ti cambiano la vita ...GRAZIE DI CUORE

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Stefano Cinelli Colombini

circa 10 anni fa - Link

Non mi è mai capitato di visitare i resort di super lusso degli Emirati, però per lavoro ho frequentato tanti posti simili in giro per il mondo e quanto ho visto mi deprime. D'accordo che siano kitsch, pacchiani e tutto quello che volete, però sono un mercato dove si potrebbe vendere tanto e noi italiani siamo quasi tagliati fuori. Onestamente non credo che ci sia un gap di qualità, temo che il problema stia nell'immagine troppo bassa e nei prezzi; può apparire folle, ma per quei mercati i nostri prezzi sono troppo bassi. Tristemente vera anche la constatazione su alberghi e ristoranti, ormai nel mondo gli standard di qualità di servizio, igiene e cortesia sono più alti di quelli italiani, e questo purtroppo è vero anche in posti non così costosi come gli Emirati.

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Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

Sì Stefano, sono un mercato che per i nostri vini potrebbe essere interessantissimo. Al di là delle critiche sterili e spicciole della sora Franca del terzo piano che concentra sulle rate del proprio mutuo l'economia mondiale, senza rendersi conto che un produttore di vino in Italia che produca più di 100.000 bottiglie, per mantenere in piedi l'azienda deve (e lo stanno facendo tutti) aumentare la quota estera, aprire più mercati possibile. Se i produttori italiani dovessero fare il conto sui consumi interni, allora stiamo freschi. E per aprire mercati voi produttori avete da affrontare tante spese in più a fronte di guadagni nettamente inferiori, viaggi continui, tempo sottratto alla vita privata, sballottati tra un fuso orario e l'altro. Eppure negli Emirati siamo quasi tagliati fuori come giustamente dici tu che sei uomo di mondo. Segnalo una buona presenza di Gaja, come in Cina del resto, altro mercato che Angelo ha affrontato vent'anni fa e con lui erano pochi gli italiani. Ma il problema dei ricarichi sui vini in questi posti va ben oltre le follie degli stellati europei, della Cina e delle tasse interne. Non si spiegano, accidenti. Consideriamo che Dubai ha un turismo italiano impressionante che cerca vini italiani ma non se li può permettere perché, ripeto, il ricarico non è in linea coi prezzi generali, è molto ma molto superiore.

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Jovica Todorovic (Teo)

circa 10 anni fa - Link

Vorrei essere il più provocatorio possibile. Permettetemi di rispondere a WOW con MOM. Intrevento brillante. Che aggiunge noia, tanta. Al di la dello stile, delle spesso discutibile scelte estetiche il Middle East deve essere guardato con estremo interesse e attenzione. Il motivo più ovvio sono i soldi, ma non è l'unico. Il Middle East è una grande opportunità. Il problema è che noi non ci arriviamo neanche per secondi. L'Establishment, anche se può sembrare paradossale, molto vicino all'Inghilterra. Di fatto le nuove classi dirigenti del Medio Oriente preferiscono di gran lunga il Vecchio continente agli Stati Uniti. L'Inghilterra e in particolare Londra è il principale Hub economico, culturale, politico dell'intera regione. Questo è un piccolo problema per noi. Spero di non offendere, non ne faccio una questione di preparazione o bravura. Non si parla di storia e tradizione. Qui si parla della capacità di infondere negli altri il senso di professionalità, precisione. In questo gli inglesi sono i veri maestri al mondo. Nella vita non conta solo essere bravi, noi italiani lo siamo. Ci manca un pizzico di quell'Allure che fa la differenza. Non arrabiatevi non serve a nulla è così. Se leggi il payoff di Emirates non ci sono scritte cose fantasmagoriche c'è scritto "Committed to the highest standards in everything we do". Come si dice a Roma "du cose pare l'abbiano fatte"

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Stefano Cinelli Colombini

circa 10 anni fa - Link

Vero. Sui mercati del lusso (che non sono poca cosa, tutt'altro) a noi italiani non manca la qualità dei vini, ma paghiamo un serio deficit di immagine. L'allure, appunto. È un limite storico italiano, siamo artigiani di straordinaria bravura in quasi ogni settore, ma quello stesso individualismo competitivo che ci spinge a primeggiare ci impedisce di collaborare con il collega e di riconoscere quanto è bravo. Anzi, cerchiamo in tutti i modi di distruggerlo. E così non riusciamo mai a costruire quelle aziende leggendarie e ricche di allure che fanno ricca la Francia, per il semplice motivo che ognuno che emerge ha intorno mille che non hanno pace finché non l'hanno atterrato. La costruzione del prestigio è un fenomeno lento e delicato, però se riesce porta utile a anche tutti coloro che stanno intorno; ma vallo a spiegare ai troppi fenomeni che appestano le nostre vigne, tutti convinti che il loro vino è l'unico buono e che tutti gli altri fanno solo porcherie!

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Paolo Cianferoni

circa 10 anni fa - Link

Sì, l'invidia è un fattore troppo negativo in Italia.

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carolain cats

circa 10 anni fa - Link

sull'emirates chiedo alla mia mamma che se n'è andata in australia. per il resto non ho idea, io più in la della bellussera non vado, però se ti avanza un sedile vengo anche io a dubai :)))

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Flachi10

circa 10 anni fa - Link

tagliati fuori? io vivo ad Abu Dhabi da 2 anni 1/2 e il vino italiano riempe i vari alcool shop alla parti degli australiani, neozelandesi, francesi e sud americani. Ma siete sicuri di essere ben informati?

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Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

Sì amico, piuttosto sicura. Come ben saprai, vivendo lì, si tratta di una città di business internazionale che vive e frequenta ristoranti e alberghi di lusso. Per ogni albergo ci sono la media di dieci ristoranti e sempre pieni. Strutture gigantesche e lussuosissime. Tutto si svolge lì. Gli alcol shop di cui parli sono piccoli bazar che vendono prevalentemente birre e spiriti di bassa lega. Per maggiori chiarimenti puoi domandare ai nostri produttori di vino che esportano proprio ad Abu Dhabi. Chiedi quanto vendono. Lo stesso vale per Nuova Zelanda e Australia. Champagne e qualche Bordeaux vincono su tutti ma dove vivi tu si consuma tanto alcol e poco vino. Su questo non temo smentita, nemmeno la tua

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Flachi10

circa 10 anni fa - Link

Amica ma se non temi smentite allora lascio perdere !! Sicuramente dall'alto della tua settimana di vacanza a Dubai avrai piena conoscenza dell'argomento... Pero' due parole fammele ancora dire, poi chi vuol capire capisce. Sul fatto che ci sono alberghi di lusso (giganteschi, sfarzosi, etc. etc.) e si frequenta esclusivamente quelli non ci piove e penso lo abbiano capito anche in Burkina Faso. Definire gli alcohol shop "piccoli bazar che vendono prevalentemente birre e spiriti di bassa lega" ti giuro che e' la piu' grossa cazzata che ho mai sentito dire da qualcuno che parla degli Emirati. I piccoli "bazar" (bazar ovviamente e' un termine appropriato per descrivere la piazze centrale di Marrakesh) di cui parli sono catene di negozi con fatturati di milioni di euro (che in alcuni casi oltre al alcohol shop hanno annesse catene di ipermercati e supermercati). Per farsi una cultura vedere: http://spinneysauh.com/ http://www.africaneastern.com/ Per quanto riguarda i prodotti, ovviamente i prezzi sono maggiori che in Italia e ci mancherebbe altro fosse differente, ma ci sono ottimi vini per tutte le tasche che si possono acquistare mostrando regolare alcohol license (rilasciata da un ente governativo apposito). Per citare qualche esempio (se interessa posso continuare fino a domani): Argiolas Turriga 250 AED (molte volte in sconto. 50 euro) Granato Foradori 240 AED (48 euro) Cappellaccio Aglianico Riserva Rivera 80 AED (16 euro) Morellino di Scansano Bellamarsilia Poggio Argentiera 60 AED (12 euro) Pietracupa Bolgheri Tenuta Moraia 120 AED (24 euro) Gavi Chiaro Le Marne 70 AED (12 euro) Per non parlare del fatto che, sopratutto Spynneys, presenta una vastissima gamma di Premiers Crus bordolesi (trovi tranquillamente Château Ducru-Beaucaillou, Château Palmer, Château Sociando Mallet, Château Petrus, Château Kirwan per citarne alcuni) e che che a Ras Al Khaimah c'e' uno shop che si chiama "Barracuda" che occupa una superficie ampia quanto 2 campi di calcio al cui interno puoi trovarci QUALSIASI alcohol esistente al mondo (dall' Highland Park 30 anni fino ad arrivare alla grappa al mirtillo di Bassano del Grappa).

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Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

Chiariamo subito Flachi che provo un'irresistibile antipatia per le affermazioni sul mio privato. Chiaramente per te una donna che scrive sugli Emirati deve essere per forza di ritorno da una vacanza magari a scrocco perché in fondo si fa prima a fare una marchetta che a lavorare sul serio. Ma facciamo che decido di fottermene delle cagate che dici tu compreso il fatto che ho parlato di ristoranti de non dei negozi o bazar dove ti rifornisci tu, pertanto i ricarichi di cui parlo sono riferiti ai ristoranti di lusso. Ad Abu Dhabi (perché per lavoro mi muovo nella tua città, a Muscat, Doha e Dubai) come saprai, gli incontri di affari avvengono in hotel di lusso tutto si muove in hotel e ristoranti di lusso. I ricarichi sui vini, nei suddetti luoghi di lusso sfrenato, sono da capogiro e infatti si consumano pochi vini e molto altro alcol, soprattutto cocktail e spiriti in generale. Potresti dare un'occhiata ai fatturati di Diageo, cosa che io mi son presa la briga di fare visto che mi trovavo per questioni di lavoro. Oppure far caso a un piccolissimo particolare: ci sono un sacco di locali da cocktail e zero enoteche o wine bar. P.S tornerò presto ad Abu Dhabi, magari passo a salutarti così con l'occasione se ti va mi porgi le tue scuse per aver tratto conclusioni affrettate sul mio privato. Confesso che una giornata di sole e qualche bagno me li sono permessi, visto che c'erano solo 42 gradi e anche una bella visita a quel capolavoro che è la vostra moschea ma spero che questo non faccia di me una lavativa.

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Flachi10

circa 10 anni fa - Link

Carissima Cristiana, vedo che a permalosita' siamo messi bene!! Ovviamente la mia introduzione (ironica) sulla vacanza a Dubai era da intendersi una frecciata di ampio respiro (non solo a te personalmente) e generale. Volendo intentende che prima di considerarsi massimi esperti su un posto occorre qualcosa in piu' di una/due/tre vacanze o viaggi di lavoro di 1/2/3 settimane. Chiariamo anche che nessuno ha parlato di vacanze a scrocco/marchette o quanto altro perche' in primis non ti conosco e in secondo luogo e' un aspetto che nemmeno mi interessa. La mia risposta si riferiva ai negozi perche' sei stata tu a definirli bazar che vendono prevalentemente birre e spiriti di bassa lega. Il che come dimostrato (anche con link specifici) non e' assolutamente vero. Ripeto nuovamente che mi trovo in accordo sui ricarichi nei ristoranti, tuttavia trovandoli normali per il paese (mussulmano), la clientela (agiata) e gli hotel dove vengo bevuti (di extralusso). Infine sara' un piacere chiarire i diversi punti di vista davanti ad un bicchiere di vino all'Emirates Palace (ci vivo davanti) e, perche' no, porgere scuse se il mio commento e' stato percepito come un attacco personale.

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giovanni

circa 10 anni fa - Link

se posso permetterni un consiglio, eviti di ribattere punto punto, di aggiungere offese alle offese, di scendere sullo stesso piano, di motivare.... svanisce tutto il suo fascino ;-P

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Flachi10

circa 10 anni fa - Link

@Jovica Todorovic complimenti davvero. Ti assicuro che hai carpito in toto l'essenza degli UAE e il modo di pensare degli emiratini. Questo dovrebbe essere lo spunto per un ottimo articolo.

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stefano bonilli

circa 10 anni fa - Link

Negli ultimi cinque anni ho battuto Asia ed Oceania in modo professionale volando Emirates, facendo tappa all'hub A380 di Dubai all'andata e al ritorno, un'esperienza che ha pochi eguali nel mondo. Dati i punti - miglia accumulati spesso ho usufruito in bassa stagione dell'upgrade dalla business alla prima classe, specie quando ho volato verso Sydney e ritorno e quindi ho bevuto lo Champagne servito come benvenuto, il Dom Perignon 2002, e ho goduto della carta dei vini, da restare senza fiato. A Dubai nel ristorante della First si pranza e beve gratis e la carta dei vini è da ristorante tre stelle, ci sono anche gli italiani ma francesi, australiani e neozelandesi la fanno da padroni. Certo, penserete, con quello che paghi un volo in prima... In bassa stagione A/R Roma-Sydney in business è costato € 3400 e grazie all'upgrade la First è stato una vincita alla lotteria. Certo, tutto è possibile se hai volato molto e accumulato punti come frequent flyer.

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Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

Caro Stefano, devo dire che in fatto di up grade ultimamente mi gira bene che tradotto nella lingua di Dante significa: c'ho culo! ;-) Mi pare che l'offerta dell'up grade, laddove possibile, per chi viaggia molto come te, me e tanti di noi, è molto meglio del piatto del buon ricordo. Me lo ricordo, me lo ricordo, hai voja se me lo ricordo :D

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