10 anni di Vigna Vecchia Ca D’Gal. Qualcuno ripeta ad alta voce cosa può fare un Moscato d’Asti

10 anni di Vigna Vecchia Ca D’Gal. Qualcuno ripeta ad alta voce cosa può fare un Moscato d’Asti

di Alessandro Morichetti

Questa è la storia di un vino forse unico. Moscato d’Asti è il brand di un vino fizzy e dolce, basso d’alcol e nel 90% dei casi di scarso o nullo interesse enologico. Questa è la storia di Alessandro Boido e del suo Moscato d’Asti ambizioso Ca’ d’Gal), molto tipico, di eccellente piacevolezza e capace di sfidare il tempo come solo i migliori vini sanno fare, trasfigurandosi in altro dal sé giovane.

Lo disse magnificamente il nostro Andrea Gori: “È la solita storia che affligge i vini di successo: per inseguire il boom di vendite banalizzi il prodotto, lo svendi e poi, per obbedire alle richieste del mercato, inizi a distruggere un paesaggio e dei vigneti che farebbero invidia ai tedeschi della Mosella: stiamo parlando del Moscato d’Asti, l’uva più internazionale e onnipresente al mondo che solo qui, tra le colline del Piemonte, raggiunge vette di complessità e ricchezza unite a bevibilità e freschezza davvero uniche”.

Risposta alla prima e unica obiezione: perché aspettare un Moscato d’Asti, vino da bersi tipicamente giovane, spesso a 3 mesi dalla vendemmia, pronto per Natale? Perché è più buono. Non tutti lo sono, quasi nessuno anzi, ma il Moscato d’Asti Vigna Vecchia di Ca’ d’Gal sì, lo è di certo e ne abbiamo le prove.
Vino tracannabile anche in ottima quantità senza temere mal di testa residui (il Moscato d’Asti classico è un fallimento empirico evidente di chi associa alcol e mal di testa), vino anche da pasto perché dolce e fresco merita di essere sperimentato a tavola con successo: e se c’è ancora gente che dice di godere con ostriche e Champagne, ci si consenta, vale tutto.

28 luglio 2014, verticale in 10 annate atto II (la prima fu 5 anni fa) di quel Moscato d’Asti Vigna Vecchia che è ormai un canto nel deserto, ricordo di un vino resistente al tempo che si è smesso di fare per arrivisimo, qualcosa che fu tradizione e vanto delle famiglie moscatiste. Vigna Vecchia è un ettaro esposto a sud dei 10 di proprietà + 2 (della sorella di Alessandro Boido) aziendali, con vigne di 50 e 60 anni.

La genesi? Un 5% degli acini viene raccolto in surmaturazione, frutti sanissimi, fermentazione a freddo con ceppi di Uvarum non aggiunti (parentesi agostana per enologi: tipologia di lievito osteggiata in quanto produttrice di acidità volatile e aldeidi, in realtà lavora ottimamente a zero gradi e la sta studiando a Firenze il prof. Massimo Vincenzini), filtrazioni e una lenta presa di spuma finale (20/30 gg) per passare da 3,5 a 5% vol. SO2 messa all’inizio (15 mg/l) poi all’imbottigliamento. Il potenziale alcolico delle annate migliori è 14,5/14,8% vol. mentre l’acidità si aggira sui 5,7/5,8.

Vigna Vecchia esce sempre l’1 settembre successivo alla vendemmia. A inizio anni ’90 le prima sperimentazioni (tra cui un 1991 di cui parlammo), nel 1997 la presa di coscienza. Fino al 2001, delle circa 5.300 bottiglie ne vengono messe da parte 300, poi sempre di più per dare spalle al “progetto Vigna Vecchia” con la vendita di cofanetti misti di più annate.

Questa la degustazione. Realmente sorprendente.

2011: paglierino, CO2 leggera, poca viscosità, fiori d’arancio, zagara e mentuccia, molto pulito, pesca; bocca bella scorrevole, fresca e limonosa, acidità briosa che profuma di sano giovanilismo. 91

2010: clima più equlibrato e potenziale alcolico più basso (14,3%). Il naso è più timido e meno espressivo, scorza di limone, arancio, mentuccia e seltz ci sono. Gamma aromatica meno travolgente e disponibile ma vino assai buono seppur meno disponibile ma molto elegante. 87

2009: paglierino impercettibilmente più carico, mentuccia e salvia sparano al naso, aromaticissimo e fresco. Solo poi scorze di arancio candito e zuccherato, torta Paradiso ed eucalipto. Bocca sciolta e pulita, con una bella linea verde di clorofilla che indica la via. Integrissimo. In termini AIS stiamo ancora parlando di vini pronti, non maturi. 89

2008: paglierino carico, piacevolmente basso di SO2 anche lui. Il primo con un profilo che annuncia leggermente una ossidazione perfetta con cedro candito e miele millefiori, anche un tocco di Vinavil che non disturba ma se non c’era, meglio (Grammar Nazi, come on). Medio corpo, rotondo, la dolcezza è buona e mai eccessiva ma non il migliore della prima batteria. 86

2007: dorato scarico, bolla più grande all’inizio, pesca matura, erbe aromatiche, mentuccia. Naso buonissimo, penetrante. Asciutto, rotondo, bello a appagante, voluminoso di dolcezza e nervosità quanto basta per ritmare il tessuto. Il naso poi si ferma un po’ nel bicchiere ma la bocca è stentorea. 94

2006: dorato sereno (?), torta allo yogurt, pan carrè, rosmarino, bella paletta espressiva. Di medio corpo con un centro bocca non impressionante, più semplice e scarico. 87

Intermezzo culturale: i vecchi bevevano il Moscato d’Asti con cose salate, non dolci.

2005: dorato pieno; caramellina d’orzo, mazzo di erbette e tè al limone. In bocca è largo, pervasivo, e il profilo lascia leggere i principi di una trasfigurazione ossidativa buona, succosa. Perlage sottilissimo, compiuto, maturo. Grande vino. 92

2004: miele, fieno, menta. Bell’attacco di polpa, dolcezza e buona tensione disegnano un sorso compiutissimo, dal finale rilassato. 90+

2000: dorato carichissimo; arriva il tè coi biscotti, albicocche sotto spirito, pesca matura, torta allo yogurt che nel 2006 domina mentre qui viene dopo (ma poi cresce nel bicchiere e non mi piace). Miele di corbezzolo e genziana per Alain Graillot che era presente alla verticale. Una delle evoluzioni più interessanti, ha la cremosità del 2005 ma non è il mio preferito per una nota amarognola di mandorla che trovo calcata. Vino da Comte e poi vedi come si gode.

Pausa Slogan: Vigna Vecchia è un vino antico nell’intento e moderno nell’esecuzione.

1999: dorato vivace e continuo, tè, biscotto, bellissimo naso di caramella d’orzo, cannella, frutta secca, albicocca. Bocca integra, evoluta, godibilissima, è la quadratura del cerchio. Un Moscato d’Asti di 15 anni che stupisce e ammalia, coinvolge con una quota di ossidazione che lo rende maturo lasciando a bocca aperta. 93

 

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

4 Commenti

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Il chiaro

circa 10 anni fa - Link

Il moscato più grande che ci sia, senza dubbio. Al vinitaly portare dei produttori ad assaggiare il vigna vecchia di Alessandro e vederli da scettici a entusiasti fino a chiedere di poter portare via un bicchiere per la moglie che presidia lo stand, non ha prezzo.

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gdf

circa 10 anni fa - Link

"Intermezzo culturale: i vecchi bevevano il Moscato d’Asti con cose salate, non dolci." Usavano anche bere brut secchi con la pasticceria molto dolce, e i vecchi Barolo alla fine di tutto, con nulla.

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Francesco Annibali

circa 10 anni fa - Link

ostriche, carbonara & parenti (cacio e pepe, ecc)

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Francesco Garzon

circa 10 anni fa - Link

Mi fa piacere leggere questi post. Personalmente avavo già avuto modo di ricredermi sulle potenzialità di espressività di questa topologia di vino. Devo dire che non sempre viene " insegnato" per quello che può essere ma piuttosto per quello che emerge dal mercato più comune.

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