Vinidamare 2012. Breve ma intenso (come una sveltina)

di Fiorenzo Sartore


Le fiere le ho viste quasi tutte. Quelle grandi e quelle piccole, quelle lunghe e quelle corte. Quelle che durano una settimana, e quelle che durano un giorno. La fiera sveltina, quella che dura quattro ore, ancora mi mancava. Vinidamare, “rassegna dei vini liguri” edizione 2012, apre le degu al pubblico alle 15,30 del 7 maggio, e chiude alle 19,30: bisogna fare veloce. E per rendere l’esperienza più energetica, ospita l’intera kermesse in una sala del Cenobio dei Dogi (hotel in Camogli) che si rivelerà tragicamente piccola per contenere la folla. Poco tempo, ressa spettacolare: una sfida, una palestra per l’assaggiatore skillato.

Serve presenza fisica, scatto, lingua saettante, serve centrare sputacchiere distanti nella calca parossistica. In breve tempo abbiamo sperimentato come si assaggia in metropolitana all’ora di punta: organizzereste mai una fiera in un vagone della subway di Tokio? L’Ais Liguria c’è riuscita. A modo loro, hanno stabilito un record. Tra una strusciata di assaggiatrici accalcate (ma quanto profumo avete addosso?), tra produttori che si lamentavano (pure loro) per il rumore assordante, ecco cosa salvo di una degu memorabile. Non esattamente per i vini.

Date le premesse, ho scelto di dare l’assalto ai tavoli di produttori che ignoravo del tutto: inutile rivedere quelli che amavo e veneravo, ho preferito girovagare tra etichette sconosciute. Anzi, ho cominciato da quella Riviera di Levante che, soprattutto nei Colli di Luni, ho sempre ritenuto (a torto, dài) figlia di un dio minore: troppo poco Liguria, troppo tanto toscaneggiante. Le Cinqueterre avevano qualche rappresentanza – ho trovato rilevante il 2010 di Vétua, dal colore giallo carico, profumo intenso di macchia mediterranea, pieno e salmastro, promettente: 86+, prezzo in enoteca (d’ora in poi i prezzi si intendono “in enoteca”) almeno 18 euro. Uno Sciachetrà interessante è quello di La Torre – che purtroppo presentava un bianco secco dimenticabile (un Cinqueterre 2010 declassato vino da tavola). Il loro passito invece è niente male, solo segnato dal piglio ossidativo e vinsantesco. Se vi va di tirare fuori almeno un’ottantina di euro per la mezza bottiglia. 87/100.

L’aspetto di maggiore difficoltà, negli assaggi, non è stato solo il caos orgiastico della folla; c’era la difficoltà a valutare i molti (troppi) bianchi 2011 freschi di imbottigliamento. E’ stata una batteria d’assaggio fatta di valutazioni gustative, più che olfattive. Ciò premesso, alcuni produttori sono riusciti a farsi notare, nonostante tutto. Date le circostanze, quel risultato vale doppio.

Per esempio, Monticello: che si presenta come bio – anzi, “biodinamico” – eppure nel descrivere i suoi vini non smette un attimo di parlarmi di controllo delle temperature in vinificazione e tecnologia, al punto che, un po’ per scherzo un po’ no, gli chiedo: ma che razza di bio sei? Lui, un ingegnere elettronico prestato alla vigna, spiega che i bio che puzzano sono sostanzialmente “pigri”, perché non intervengono per tempo. Quindi, sentiamo un po’ questi bio-techno: il Vermentino 2010 Poggio Paterno ha una nuance lasciata dalla barrique, ma sottile ed elegante; è di grande soddisfazione, è attrattivo. 85/100, per circa 12 euro: complimenti. Merita la menzione il Serasuolo, un rosé delicato e morbido, 84/100, sui 10 euro. Stesso prezzo e pure miglior performance (86/100+) il rosso Rupestro 2011, intenso e profondo al colore: deriva da sangiovese (piede franco) al 60%, in bocca è un ciliegione intenso e appetitoso. Concludo con il Passito dei Neri, solo per segnalare il grandioso rapporto prezzo qualità: sotto i venti euro la mezza bottiglia avete un passito moderno, mieloso, elegante, senza le rassegnazioni ossidative così facili da trovare nei passiti a levante (il genere di vino difficile da sputare, per intenderci). 88/100.

A Levante c’è forse l’entroterra, che più di altre aree si presta alla scoperta originale, visto che la Riviera di Ponente (Vermentino, Pigato) o Dolceacqua hanno qualche notorietà. Se da Sestri Levante prendete la strada che porta al valico di Velva, e poi in direzione Parma, la zona della Val di Vara propone alcune piacevoli sorprese. Devo pure dire che questa parte di Liguria è, in sostanza, il mio natìo borgo selvaggio, dove prima o poi mi ritirerò quando smetto questo mestiere. Pure al netto di ogni possibile madeleine proustiana che compromette il mio giudizio, voglio segnalarvi, a Missano, Pino Gino (la prima azienda che troverete, prima di valicare del tutto l’Appennino). E’ una delle mie cantine del cuore, fa testo la foto del mio frigo. Bene il Bianco del Genovesato 2011 IGT, meglio il Ciliegiolo della stessa annata, con un inaspettato corpo alcolico e frutta in abbondanza. Il Bianco in particolar modo, sui 7 euro, merita da solo il viaggio. Dopo Velva, verso Carro, I Cerri col suo rosso Fonte Dietro il Sole 2011 (merlot e sirah, e non fate commenti acidi, c’è pure il ciliegiolo) ha frutta rossa e succulenza: 84/100, circa 10 euro; altrettanto esemplare il bianco Cian dei Seri, fresco ed acidulo, 83/100. Cornice, a Sesta Godàno, aveva un altro curioso blend cab+merlot erbaceo, espressivo, bello ed invitante (ho segnato 84++, deve essermi piaciuto parecchio).

Gli assaggi si sono susseguiti in modo serrato, ma probabilmente ha ragione Luca quando scrive, ben più severo di me, che “è inutile disquisire sui vini che sono risultati nella quasi totalità dei casi ingiudicabili”, sia a causa dello stato evolutivo di troppi 2011 non equilibrati, sia a causa della mai abbastanza esecrata ressa. Io invece segnalo solo un’ultima (a me) sconosciuta etichetta, il Pigato Riviera di Ponente 2011 di Deperi: lungo, pieno, appassionato: 85/100 e prezzo non disumano, sui 10 euro. Come detto, ho saltato tutti quelli che già conoscevo. Poco prima di uscire, a causa di un Ormeasco deprecabile, mi sono volutamente consolato (benché non mi servisse riassaggiarlo) col Rossese base di Maccario, che è (chettelodicoaffare) sempre più commovente.

Peccato, tutto sommato, per la lochesion inadeguata. Immagino che i ragazzi dell’Associazione Italiana Sommelier (colonna ligure) per l’anno prossimo aggiusteranno il tiro. E già che siamo in vena di lagne, fatemi dire: un sito che si occupa di promuovere la rassegna (qualsiasi rassegna) non può riportare, in calce ad ogni pagina “VIETATA la riproduzione anche parziale dei contenuti”. Gente, questo è il 2012, c’è l’internez, sapete, la condivisione, la libera circolazione delle informazioni. Levate quella robaccia (che ovviamente, col fischio che linko). E andiamo.

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

5 Commenti

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Flachi10

circa 12 anni fa - Link

Vedo che dopo le bacchetate dell'ultimo posto i voti sono saliti!! pero' salire sopra 88 proprio non ti riesce eh? :D il piu' alto dei rossese del cuore arrivava ad 83... dopo questo post e questi voti forse occorre rivederli!

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Fiorenzo Sartore

circa 12 anni fa - Link

i liguri sono compressi (sara' il terroir)

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Gianni Ruggiero

circa 12 anni fa - Link

Hai ragione ma il ricordo salmastro di mare ,i nostri vini e il sigaro accarezzato dalla brezza sullo scoglio 'camugin' mi hanno distratto dal traffico di stamane sulla Tiburtina . ps:Roma e' la città più bella del mondo. Fiorenzo mi piace molto il tuo modo di scrivere.forza Genoa!

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Roberto Dal Ponte

circa 12 anni fa - Link

Ne avevo avuto notizia ieri, le foto di Fiorenzo lo confermano. Un plauso agli organizzatori per la scelta della sede: spaziosa e fresca, sicuramente nessun problema di calca, temperature ideali e condizioni perfette per valutare i vini con calma. Complimenti davvero!

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