Rivincite ampelografiche | Riabilitare il gamay in tre mosse

di Mauro Mattei

Urliamolo a squarciagola: il gamay è sottostimato! Varietà imprigionata nel cliché della macerazione carbonica, è appaiata spesso ad un’idea: quella di generare vini facili, dal consumo approssimativo e frettoloso. Irrompe nelle vite dei più per pochi mesi all’ anno e a causa della sua apparizione fugace ne otteniamo una visione parziale, immaginandola come madre di vini altrettanto fuggevoli: carenti d’intensità, poveri di spessore e incapaci di  imprimere un ricordo duraturo.

Non c’è dubbio, il gamay può dar vita a prodotti con queste  “generalità” ma può prendersi la briga di raccontare ben altro.
E quindi: è vero che quando si parla di gamay, il bicchiere non è profondo, eppure non possiamo evitare di concentrarci sulla densità del frutto, che non manca.
Siamo abituati a bere gamay giovani per godere della loro succulenza? Scelta encomiabile, eppure scoprire che alcuni di questi prodotti possano affinare e che la maturità vada a regalargli note insolite e fini, senza cancellarne la godibilità, è una scoperta ancora più stuzzicante.
E’ sacrosanto, poi, asserire come questa varietà conceda “nasi” espliciti, morbidi e suadenti, ma sarebbe bene sottolineare di come la bocca  – sempre fresca –  crei una dinamica ed un contrasto di quelli che invogliano e non stancano .
Inutile – dunque – negare che in bottiglia convivano caratteristiche uniche, capaci di far felice il neofita e mandare in palla il gurmè.  Il Gamay può generare  vini capaci di sfoggiare un carnet di sensazioni trasversali; vini dal fare democratico, potremmo dire. Per farla breve, ecco a voi una piccola prova su pista.
Tre vini diversi, tre storie, la varietà come un’unica protagonista.

Morgon 2009 Lapierre (S): dalle mani capaci e sensibili del compianto Marcel un gamay, ricco di frutta nera e acidità. Vinificato tradizionalmente con macerazione semi-carbonica, non sfrutta l’ausilio dei lieviti selezionati e rimane lungamente sulle fecce fini. Non viene filtrato, è leggermente solfitato. Lo berresti a tutte le ore. I ricordi di Kirsch, sfociano in note ancora più scure, quasi di mora, e la corrispondenza con la bocca è come l’aspetteresti. Un vino che saltella sulla lingua, freschissimo, mentre l’idea del tannino ti accarezza appena. Delizioso.
Importato da Velier, poco più di 20 euro in enoteca.

Morgon 2008 “Cote du Py” J.Foillard: stesso sistema produttivo e stesso terroir  del precedente (terreni vulcanici ricchi di minerali e granito). “Cote du Py” è un climat eccezionale e si ritaglia un ruolo fondamentale nel bicchiere esprimendo carattere e rocciosità. Rispetto al primo vino il bicchiere esprime maggiore sostanza e un filo di alcolicità in più; polpa e palatabilità guidano la solita freschezza. Le sensazioni olfattive sono capitanate da note di visciola, fragola e viola. Un vino splendido, succulento, dal frutto croccante.
Importato da Cave des Pyrene, intorno ai 30 euro in enoteca

Macon-Cruzille 2006 “Les Rosiers” Clos du Vigne du Mayne: questo bottiglia è un punto di rottura, un estraneo nel gruppo. L’area di produzione, adiacente all’abazia di Cluny, dista poco meno di 50 km dalla precedente eppure il bicchiere parla di anni luce. L’affinamento in vetro ha scaricato un colore che già in partenza sarebbe risultato meno denso, riducendolo a un rosso granato scarico. Il vino non è filtrato ed è evidente una leggera opalescenza. Il naso si apre su ricordi di ribes, melograno, note pepate, succo e buccia d’arancia. La bocca, è ancora freschissima, elegante e gustosamente sottile. Le vigne sono coltivate in biodinamica e non vengono aggiunti solfiti in nessuna fase della produzione.
Importato da Sarfati, intorno ai 25 euro in enoteca

Mauro Mattei

Sommelier multitasking (quasi ciociaro, piemontese d'adozione, siculo acquisito), si muove in rete con lo stesso tasso alcolico della vita reale.

4 Commenti

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Bernardo Conticelli

circa 13 anni fa - Link

Finalmente un'ode (doverosa) ad un'uva troppo spesso disprezzata. Bevete, gente bevete, il buon Gamay (soprattutto quello dei cru di Beaujolais) è solo piacere allo stato puro. Piacere genuino e semplice come la terra e le persone che lo producono!

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tirebouchon

circa 13 anni fa - Link

era ora! sono con te Mauro, il gamay è sottostimato...segnati i tre vini, li proverò quanto prima.

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maxmagnus

circa 13 anni fa - Link

concordo, i cru del beaujolais sono sottostimati il 2009 poi, é stata un'annata eccezionale mi permetto d'aggiungere in quest'annata: -Fleurie e Moulin à vent di Jean Paul Brun, domaine terres dorées(vinificazione burghignona, puo' invecchiare una decina d'anni) - Yvon Metras (tutto, anche il semplice bojo, anche se i prezzi cominciano a diventare salati, senza solforosa) -JC Lapalu (idem) - Jean Marc Burgaud, Morgon cote de PY (stessa parcella che Foillard) - Martine et Pierre Marie Chermette, domaine de vissoux, moulin à vent les trois roches ecc...

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Mauro Mattei

circa 13 anni fa - Link

mi associo al 100%: Terres Dorées è da urlo e poi lavorando senza macerazione carbonica il risultato colpisce! Di Yvon Metras io segnalerei il Fleurie "Printemps". Da berselo subito o da tenere qualche anno in cantina. Bevuto la scorsa estate un 2005, gulp!

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