Quante (e quali) cose si capiscono leggendo le tue note di degustazione
di Alessandro MorichettiSarò breve tagliando con l’accetta ma leggendo le note di degustazione di un vino si capiscono molte cose, ben più di quelle che immagini. Si intuisce, anzitutto, se quel vino lo hai capito e quanto ci sei entrato in intimità, facendolo tuo e stabilendo una connessione con chi lo ha prodotto. Si capisce anche dove hai studiato, come e con chi, cosa hai letto e quali parole hai iniziato a maneggiare con cosciente dimestichezza. Si capisce che tipo di lettore pensi di avere davanti – se mia mamma, il produttore, i tuoi amici o un gran calderone confuso – quanto pensi di scrivere cose rilevanti e se hai o meno fiducia del tuo giudizio.
Si capisce se ti ritieni autorevole o se stai solo svolgendo il compitino, e sappiamo tutti che nell’80% dei casi trattasi di compitino in stile scheda Ais, senza lode di sicuro e con una spruzzatina di infamia. A volte emerge pure se pensi quel che scrivi o se invece stai solo abilmente manipolando la lingua per evitare rogne di qualsiasi natura.
Perché poi alla fine della fiera ciascuno di noi legge poca gente e si fida di ancora meno, e a buon diritto.
Diffido di chi sommerge la prosa con troppa poesia, analogie assurde e ipotassi a nastro, di chi democristianamente trova un po’ di buono ovunque e di chi soprattutto non si prende mai il rischio di un giudizio, non si sbilancia, non dice davvero cosa pensa temendo le conseguenze di un pensiero. Diffido delle schedine abbastanza precompilate e ben più che abbastanza noiose, diffido anche di chi ricaccia fuori ogni volta iperboli poco credibili a proposito di un vino qualsiasi.
Le paroline di circostanza Instagram orientede degli influencer monocellulari che hanno capito come trarre giovamento dal sistema qui non le consideriamo neanche per manifesta paraculaggine ma questo andrebbe spiegato a quel circo di produttori compiacenti che per 1k di like venderebbero la moglie al mercato delle vacche. Niente di personale, s’intende, anche perché sarebbe un’implicita ammissione di colpa.
Insomma, a scrivere note di degustazione son capaci tutti. A saperle leggere molti meno.
8 Commenti
Tommaso Ciuffoletti
circa 5 anni fa - LinkBello. Tutto. Ma una chiusa da applausi! DA APPLAUSI.
RispondiVincenzo Busiello
circa 5 anni fa - LinkMorichetti , hai ragione in tutto. Ma molti dei tuoi scrivono così. Molti dei tuoi , dei writers acquisiti negli ultimi anni, scrivono cose che non capisco (come lettore medio) ma che cerco di capire come lettore istruito. Il vostro é un sito che diventa sempre più elitario e meno disponibile per chi vuole avvicinarsi al vino con abiti da san Francesco. Forse è premeditato da parte vostra. Volete che il lettore si evolva. Ma le vostre basi non sono quelle della maggior parte del comune sentire. Chissà quale è la strada (di intravino) giusta da percorrere. Con gratitudine da chi ha molto imparato da voi in passato, e affetto.
RispondiDaniele
circa 5 anni fa - LinkApplausi
RispondiDapo
circa 5 anni fa - LinkDovrebbero prendere esempio dal blog di Fabio Rizzari. Senza fronzoli, lucido, sempre stimolante. Mai noioso.
RispondiEmanuele
circa 5 anni fa - LinkGrazie. Era dal novecentotrentaquattro che non mi veniva rivolto il Voi. Grazie in anticipo per una richiesta di spiegazione: che cosa sono i fronzoli?
RispondiCristian Di cicco
circa 5 anni fa - Linkconcordo in pieno.. si leggono molta recensioni che potrebbero essere applicate ad ogni vino.. a me quando capita di descrivere un vino non uso parole già sentite tanto per fare una descrizione.. dico solo che sensazioni mi ha dato e come lo trovato.. proprio per dare un idea del giusto valore di quel vino.. molti mi chiedono:li vale veramente quei soldi?..a volte si, a volte no.. semplicità prima di tutto.. mica siamo tutti enologi.....
RispondiLeonardo
circa 5 anni fa - LinkBene così: non si fa in questo modo, quell’altro è sbagliato, l’atro Ancora è troppo Instagram, quello è troppo Facebook.... Si ma alla fine della fiera non abbiamo capito come dobbiamo ‘scrivere’ sul vino, perché non ce lo dici? 😂😂😂
RispondiAlberto
circa 5 anni fa - LinkA me pare solo l'ennesimo passo verso l'autoreferenzialità di un mondo che si è staccato dalla realtà. I divulgatori, quelli che avevano il dono della competenza divinamente infusa, quelli che dovevano avvicinare il vino alla gente, hanno creato, alla fine, il fenomeno degli "io non ci capisco niente", consegnando il pubblico al marketing, piuttosto che stimolarne la curiosità... A scuola mi insegnavano che quando scrivi o parli, se non ti capiscono, hai un problema, tu, non gli altri, ed in fatti, il risultato netto è che il pubblico segue ciò che capisce più facilmente... Mi sembra di assistere allo psicodramma di pink... Il muro è quasi completo...
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