Il Viré Clesse Cuvée Thevenet 2004 Domaine de La Bongran non è uno chardonnay toscano

di Danilo Ingannamorte

Che lo chardonnay sia un reuccio dell’enologia planetaria è un fatto incontestabile. Lo si pianta un po’ ovunque perché dà sempre dei risultati soddisfacenti. Il legno piccolo è il suo compagno di bisboccia di sempre, come Watson per Sherlock Holmes. Il problema è che non tutti i produttori di vino sono appassionati di gialli e ogni tanto si dimenticano chi sia l’aiutante tra i due. Il colpevole la fa franca e noi ciucciamo spesso delle gran spremute di vaniglia. Per riconciliarsi con il nostro amico cosmopolita il saggio consiglia di andare a vedere come se la passa a casa sua, precisamente nel Mâconnais, dove si ipotizza sia proprio nato. Alcuni mesi fa sono andato a farmi un giro e mi sono imbattuto in un bel personaggio che fa vini a dir poco interessanti.

Monsieur Jean Thevenet è molto famoso in Francia e nel mondo anglosassone. Osannato da Robert Parker, il cui generoso giudizio sui vini in questione campeggia sulla homepage del domaine. Che mi sia da lezione: se avessi consultato il web prima, davanti a cotanta sponsorizzazione forse avrei skippato e mi sarei perso delle belle bevute. Nel vino i pregiudizi sono una brutta compagnia, meglio tenerseli per il Fantacalcio.

Vignaiolo con le idee chiare: biologico non della prima ora, ma il più puntuale della seconda. Se gli parli di lieviti indigeni lui fa spallucce e con una tipica pernacchietta francese (“mais, pfu…”, avete presente?) ti dice: “perché dovrei usarne di diversi? I miei funzionano benissimo”. Mentre se introduci il discorso solforosa, la risposta è altrettanto tranchant: “Non credo a cose esotiche come la solforosa zero, per me è come tenere il pesce fuori dal frigorifero e poi convincersi che è ancora buono”.

Con la stessa nonchalance, guardando la mia sudata opera del sabato pomeriggio – un bel piattazzo di linguine con le cicale – ho deciso di stapparmi il suo Viré Clessé 2004 e sono rimasto spiazzato. Un vino ruffiano da manuale, talmente ruffiano che sentendo tutti quei profumi dolci da chardonnay bello maturo (Thevenet vendemmia sempre per ultimo) ho pensato inizialmente a uno stile troppo moderno, come se il mio cervello mi facesse sentire in automatico anche i tipici sentori di rovere perché troppo abituato a registrarli in abbinamento a quel bouquet. Ma nasata dopo nasata, tutto questo legno non si percepiva mentre mi convinceva sempre di più l’eleganza dei singoli accenti. La vaniglia c’è, intendiamoci, ma rimbalza e si rincorre col miele, la confettura di pesche e una bella nota leggera di caramello. Controllo la scheda tecnica e constato che il buon Jean usa prevalentemente tonneau molto grandi ereditati dal nonno, in combinazione con fusti nuovi. E allora capisco, lo chardonnay nostrano bello grasso, maturo e legnoso ha preso il sopravvento nella mia memoria nasale: invece che in Arno, urge una risciacquatura dei panni in Saone. Il secondo schiaffo morale infatti me lo dà in bocca con un’acidità da campionato, altrettanto inaspettata perché preceduta dal naso di cui sopra e da una grassezza degna di una scarpetta col pane. Inutile dire che presto ho visto il fondo della bottiglia, finita più in fretta di una Bonarda!

Rammaricato alquanto dal fatto di averne acquistato un solo esemplare, decido di consolarmi presto con l’altro souvenir che mi rimane: una vendemmia tardiva (anche qui chardonnay in purezza, forse l’unico esempio in zona) che promette sensazioni orgasmihe. Ma prima temo di dover passare dal mio pusher di zola erborinato…

14 Commenti

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TERROIR

circa 13 anni fa - Link

grosso errore comprare una sola bottiglia...non conosco il prezzo ma l'abitudne all'acquisto di almeno 2 esemplari cad. deve essere acuisita da qualsiasi bevitore consapevole... Consiglio vivissimo una visita alle aziende del Saint Aubin sempre più piccola Montrachet...

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TERROIR

circa 13 anni fa - Link

*acquisita

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Danilo Ingannamorte

circa 13 anni fa - Link

Hai ragionissima, ma allora la macchina era già strapiena e inoltre mi aveva detto che l'importatore italiano era ben fornito. Purtroppo non è vero ma l'ho scoperto solo un mese fa...

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Fabio Cagnetti

circa 13 anni fa - Link

Se l'altra bottiglia è la Cuvée Botrytis è da lacrime, costa cara ma vale tutti quei soldi. In ogni caso, se piace lo stile rotondo e glicerico dei suoi vini secchi, concordo si tratti di un gran bel bere (il prezzo di questo dovrebbe essere più o meno quello di una Cuvée Bois di Les Crêtes, o un terzo di Gaia e Rey).

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Danilo Ingannamorte

circa 13 anni fa - Link

E' quella! Il Viré Clessé dovrebbe uscire a circa 30 euro sullo scaffale. Il problema è che tutti e due gli importatori che conosco hanno interrotto i rapporti. tu che sei il più informato di tutti sulla Borgogna sai se qualcun altro ha preso il loro posto?

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Fabio Cagnetti

circa 13 anni fa - Link

Ahimé no. Tuttavia so perfettamente dove andarlo a prendere...

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gianpaolo

circa 13 anni fa - Link

si arriva al paradosso per il quale ogni chardonnay in barrique è deprecabile, anche quando arriva da una tradizione lontanissima come quella della Borgogna. Un mio amico distributore di vini che era ad una fiera per presentare i suoi prodotti, si è visto criticare un vino bianco di un produttore della borgogna (tra l'altro, giusto cosi' per dire, biodinamico) perche' "non se ne puo' piu' di questi chardonnay passati in barrique" !

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kenray

circa 13 anni fa - Link

"finita più in fretta di una Bonarda!" ragazzi va bene tutto ma oltre che di lambrusco anche del bonarda mi parlate? un altro vino che dire ignobile sarebbe un complimento sullo chardonnay ho le idee confuse. a volte lo trovo buono a volte talmente iperfruttoloso che mi viene spontanea una domanda...ma come lo fanno. usano davvero l'uva? il ca del bosco comunque è in testa alla mia personale classifica

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Gabriele

circa 13 anni fa - Link

Così su due piedi le prime che mi vengono in mente: prova il "Ghiro Rosso d'inverno" dell'azienda Martilde, oppure il "Fatila" di Vercesi del Castellazzo, o "La Picciona" di Lusenti nei colli piacentini, oppure le versioni frizzanti di Fausto Andi e, diverse, dei Fratelli Agnes. Quando hai fatto riparliamo assieme della bonarda, ok?

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Nelle Nuvole

circa 13 anni fa - Link

@Gabriele, la Bonarda, questa semisconosciuta, si merita più notorietà se non altro per lo sforzo creativo nella scelta del nome dei produttori da te indicati.

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kenray

circa 13 anni fa - Link

gabriele farò questo ennesimo sforzo. assaggio quello che mi hai consigliato, se lo trovo dal solito pusher. ma dopo la accetti anche una "velata" critica.. giusto?

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Francesco Fabbretti

circa 13 anni fa - Link

tendenzialmente gli chardonnay di borgogna hanno una integrazione con il legno spaventosa. provati un banale santenay clos de tavannes di vincent girardin. stappalo, scaraffalo, annusalo, metti mezz'ora la caraffa in frigo e poi bevilo .... come per magia i sentori tipici di legno, PUFF! sono spariti. se invece vuoi fare le cose in grande stile vai di pouligny montrachet Ier cru les folatieres sempre di vincent.... altro che frutto:kimmeridge, quarzo, note vegetali, richiami da pompelmo rosa e un impressionante equilibrio fra corpo e acidità. Se invece vuoi il legnone di lotta buttati su verget.... ma a quei vini devi dare almeno 10 anni prima di stapparli, altrimenti è come ciucciare una doga porosa di legno inumidita con del vino

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Danilo Ingannamorte

circa 13 anni fa - Link

Già fatto mannaggia. Verget è stata un'altra delle tappe di quei giorni. Ho un paio di bottiglie a maturare, certo ad assaggiarle così vien da pensare che neanche dieci anni basteranno... Comunque questo esperimento lo volgio fare:)Grazie delle dritte!

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paolo

circa 13 anni fa - Link

il cà del bosco è in cima alle tue preferenze per lo chardonnay? francia compresa? ah! stai scherzando, che buontempone, stavo per cascarci...

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