I Mandorli | La paura ha mille occhi e vede persino sottoterra

di Emanuele Giannone

La gente dei Mandorli è giovane e guarda liberamente al passato che ha davanti, esito di culture e colture plurisecolari: quelle che hanno custodito e nobilitato una terra predestinata alla bellezza, nondimeno quella più facile e scontata da celebrare nel ruolo di ammiratori, turisti-hobbysti, spacciatori di menù turistici, truci romanziere americane e agenti immobiliari. Ai Mandorli questa celebratissima Toscana 2.0, fatta di romitori e di buenos retiros per piccoli e grandi plutocrati, ma anche quella calcata da suole e pneumatici a milioni ogni estate, resta fuori. Qui si va, per l’appunto, in libertà: l’andamento è tortuoso, come annuncia la strada che sale dall’abitato di Suvereto verso Belvedere, un pugno di case su un contrafforte della Val di Cornia.

Nomina sunt consequentia rerum: la visione, davvero emozionante, abbraccia il Golfo di Baratti e le isole del basso Arcipelago Toscano. L’entroterra sbuffa qualche pennacchio di fumo, sono le fumarole boracifere, verso la Val di Cecina e Larderello. Per il resto, l’intorno è tutto un intarsio sfaccettato di gropponi e valli.

Di questa gente mi piace molto il coraggio di avere paura e il sorriso nel dichiararla. Han paura che il vino non gli riesca abbastanza buono e pulito, nonostante un debutto duplice – un Sangiovese e un Cabernet – di vera grazia e coinvolgente bontà. Adesso li spiazza una seconda vendemmia d’esito meno immediato, più ombroso rispetto alla prima ma comunque promettente. Io ho provato a usare la maggior modestia possibile nel suggerirgli che loro, giovani, come le loro giovani viti sembrano aver acquisito una virtù essenziale: il saper coltivare la vocazione del luogo. La paura non guasta, ha mille occhi e può perfino vedere sottoterra. E loro, fin qui, hanno dimostrato di vederci bene, se da impianti tanto recenti hanno tratto vini tanto espressivi.

Qui esistono premesse importanti, tra le quali la conduzione secondo i principi dell’agricoltura biodinamica. Auguriamoci che vengano salvaguardate: è cosa difficile tener fermo il giudizio contro le opinioni comuni. Al di là dei gusti personali, nei due vini dei Mandorli si riconosce e va apprezzato l’approccio non-creativo: non siamo di fronte a prodotti di fabbricazione, ben assemblati e addizionati di territorio-quanto-basta in forma di eccipiente o souvenir, campionatura o citazione. Non si riscontrano alchimie o astuzie, né il ricorso a ricettari e stilemi.

Siamo intorno ai 300 metri di altitudine e in zona poco piovosa. La Vigna al Mare si affaccia a ponente ed è un impianto del 2003 di cabernet (sauvignon e franc) su terreno abbastanza sciolto, argilloso-calcareo. La Vigna alla Sughera, di pari età, è ricca di scheletro, va digradando verso levante ed è interamente piantata a sangiovese. Affiora il galestro, quindi siamo su roccia marnoso-argillosa, e puntualmente si sfalda in buona terra galestrina.

In 12 mesi ho riassaggiato più volte il Sangiovese 2008 (Toscana Rosso IGT Vigna alla Sughera 2008), che mi piacque fin dall’impatto per slancio, tensione e per l’eleganza nel condurre una materia ricca e vibrante. Molteplici e profondi i profumi, frutto rosso e sottobosco, le foglie e il galbulo del cipresso, lavanda e mirto, pepe e noce moscata. Al gusto lo sviluppo è progressivo: la freschezza tocca subito, poi si allunga e dispiega un ventaglio di sapori, sangue e carne, il ritorno del frutto, liquirizia e catrame, fino al codice elementare di questa terra, la traccia terrosa, amara e salata che si ritroverà nelle due annate a seguire. Abbastanza lungo, regala una chiusura lenta e scalare, senza le cesure di certi tannini staffilanti. In occasione della visita di fine giugno il risultato è ancor più coeso, veridico nei profumi terziari sviluppati (terracotta, cuoio, tabacco, hennè). Il mare resta qui sullo sfondo, mentre torna in primo piano nel Cabernet 2008 (Toscana Rosso IGT Vigna al Mare 2008), assemblaggio di Sauvignon e Franc, più intenso e spigliato del Sangiovese: all’olfatto sa di mollusco, nero di seppia, frutto scuro e grafite, mirto, salvia e origano, tutto ben dinamizzato e veicolato da un cenno di giusta volatilità, vezzoso e non ingombrante. In bocca è vigoroso e fresco, molto sapido, suggerisce il frutto (durone di Vignola, prugna e cassis) e le erbe aromatiche, scanditi da tannini vivaci e senza gravami legnosi. Molta materia, il corpo è di rilievo ma non ridondante. A distanza di un anno è cresciuto in rotondità, ampiezza e complessità senza nulla cedere in esuberanza e freschezza. Si è approfondito nei sentori di macchia marina (pino, ginepro, foglia d’ulivo), mentre la mia madeleine da ex tabagista dice Balkan Sobranie.

I 2009 raccontano un’annata diversa: più oscuri e inquieti, di equilibrio meno facile e immediato, riflettono il differente andamento climatico, le asperità che ne sono derivate e le scelte che ha determinato. Il Sangiovese (Toscana Rosso IGT Vigna alla Sughera 2009) è fitto e potente, meno aereo del 2008, più impegnativo nell’espressione tattile e per la maggior connotazione “organica” della componente olfattiva: terra, bacca d’alloro, mitile e alga, oltre al frutto scuro. Vino di macchia, anche per gli accenni agli animali che la popolano. Stratificato, eppure non ingombrante, continuo nello sviluppo e dai riconoscimenti puliti e diffusi. A tre mesi dalla prima prova denota un sensibile guadagno di unità espressiva. Il Cabernet (Toscana Rosso IGT Vigna al Mare 2009), ridotto e quasi riottoso quattro mesi fa, è ora spesso e lento, ripiegato su di un estratto potente e ancora in evoluzione. Al primo assaggio procedeva per accumulazione, come se tutti i sapori si affastellassero arrivando insieme e troppo presto. I mesi di riposo ne hanno modulato lo sviluppo, ora più disteso: si ritrovano rovo, felce, aghi di pino, bacca di ginepro e foglia di mirto, anche incenso e alghe. Più del Sangiovese rischia di spiazzare i fan della prima ora, che pretendevano nulla più che la semplice ripetizione dell’esordio. Per questi patiti del giro di do, se i 2008 spiccavano per l’espressività in modo maggiore, i 2009 vanno ascoltati senza pregiudizi e forse solo con maggiore attenzione: presentano, certo, alcune dissonanze, ma calibrate in modo efficace a molti elementi consonanti.

Di grande slancio, in conclusione, gli assaggi dalle botti dei due 2010: tensione e coesione – quest’ultima ovviamente in fieri – ricordano gli esiti della prima vendemmia. Spicca l’acidità molto netta, persistente e infusa alla materia, che conduce impressioni gustative già nitide e apprezzabili.

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

8 Commenti

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gianpaolo paglia

circa 13 anni fa - Link

sono veramente invogliato ad assaggiare questi vini, spero di trovarli a Grosseto. Qualche indicazione su chi li vende?

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Alessandro Bandini

circa 13 anni fa - Link

Mi sa che si fa prima ad andare a Suvereto...

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Emanuele

circa 13 anni fa - Link

Purtroppo non saprei dove trovarli, se non a Roma e in Emilia-Romagna. Io li contatterei per avere da loro indicazioni.

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Mauro Rainieri

circa 13 anni fa - Link

fatevi un bel giretto, la cantina è in un posto da favola.

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Giulia Angela

circa 13 anni fa - Link

Caro Emanuele, hai una tale capacità espressiva nel raccontarci le tue impressioni sul vino che leggendo le parole quasi si riesce ad immaginare ed a sentire in bocca quelle sensazioni, quei sapori, così come tu li descrivi. .."la freschezza tocca subito, poi si allunga e dispiega un ventaglio di sapori, sangue e carne, il ritorno del frutto, liquirizia e catrame, fino al codice elementare di questa terra, la traccia terrosa, amara e salata che si ritroverà nelle due annate a seguire". Bellissimo articolo, come mai qui ad Intravino? Ho sempre intuito ed immaginato un tuo rigore intellettuale, forse dovuto anche alla scuola del maestro Sandro Sangiorgi, ma le tue qualità sono autentiche, "tue", personali, credimi. un caro saluto, Giulia

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Emanuele

circa 13 anni fa - Link

Grazie Giulia, ti rispondo appena torno dalle ferie e in camera caritatis :)

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