I Barolo di Cavallotto e il rotomaceratore al servizio del bene

di Andrea Gori

Come si fa a gestire in maniera artigianale un cru storico come il Bricco Boschis in Langa? Per esempio lavorando senza dogmi e preconcetti. Con il continuo confronto, interrogandosi sui mezzi possibili che la tecnologia mette a disposizione, senza precludere nessuna via che consenta di lavorare in maniera umana, e di governare 24 ettari come se fossero mezzo: ovvero con il cuore. L’ingresso di casa Cavallotto sta su un piccolo tornante proprio di fronte al Castello di Falletto, e il Bricco Boschis si allarga abbracciando una collina bellissima ed un anfiteatro su cui si affacciano cru rinomati e affascinanti. Il cuore del Bricco sta quasi a metà con il cru San Giuseppe. Vigne storiche (40 anni e oltre), capaci di impeti straordinari, circondate da altro nebbiolo, freisa, dolcetto e barbera. Tutti parlano la lingua comune, che è quella del Bricco Boschis. Dall’altra parte vedo, lontano, a sorpresa una vigna di pinot nero, nata per l’Alta Langa (il metodo classico locale) e ora destionata ad un bianco sorprendente. Sotto il Bricco, in cantina, botti spettacolari anziane e quasi senzienti, da foreste di Slavonia appositamente scelte, incutono riverenza. Sotto ancora, il terreno, fatto di varie argille; arancione, rossa, gialla (quelle migliori) molto povere in elementi poi quella blu molto in profondità. Sabbia e marna stratificate, per una complessità difficile da ritrovare: la sabbia è importante per gli aromi. L’andamento climatico premia con la piogga i terreni più sabbiosi, mentre l’argilla richiede meno acqua.

Senso di riverenza e soggezione. Fortuna che Alfio, esperto e sensibile nel coltivare la terra in maniera naturale senza dogmatismi esagerati, passeggia in mezzo a tutto questo con naturalezza e confidenza e ti permette di scioglierti dopo un impatto iniziale forte e quasi religioso. La cosa che più sorprende sono i rotomaceratori, pietra della scandalo dalla generazione dei Barolo Boys. Qui piegati (con brevetto personale) al servizio del nebbiolo e capaci di effettuare una macerazione lunga e completa come una assistita manuale ma su volumi più importanti. Le macerazioni lunghe, tipiche di Langa, impongono una gestione complessa del cappello delle vinacce la cui rottura è fondamentale, perché le bucce del nebbiolo tendono a fondersi e lasciarsi attraversare dal mosto solo in certi canali, riducendo di molto l’estrazione. Ecco che la pala del rotomaceratore, finemente manovrata e non utilizzata a manetta per forti estrazioni in breve tempo, diviene una grande mano dell’artigiano, capace di assecondare il nebbiolo e coccolarlo quanto basta. Ed ecco i risultati:

Langhe Bianco 2009
Pinot nero vinificato in bianco, quasi rosato, vigneti del 1975, est nordest dai 220 ai 340 mt slm. Lieviti francesi, come per lo chardonnay. Naso bianco floreale e fragola accennata, corbezzolo e nocciola, sapido; tantissimo. 83

Freisa Langhe Rosso 2009
Fruttato pieno molta ciliegia, bergamotto, verde molto poco, appena di talco, bocca freschissima con note verdi più marcate, speziature fine e tipica. Bella complessità e godibilità per la tipologia. 80

Barbera d’Alba Vigna Cuculo 2007
Affilata ma sempre Barbera, la Langa l’asciuga ma il frutto è interessante: molto ribes nero e prugna, accenno di gomma, bocca asciuttissima con tannino vivace, grande sapidità e acidità, finale agrumato. 83

Barolo Bricco Boschis 2007
Floreale, ampio, fruttato, pasta di mandorla e coccoina, ribes rosso e mora, glicine e lavanda. Bocca elegante, dritta, di soddisfazione, ritorna tanto in bocca anche se ovviamente tra un annetto in bottiglia sarà molto più godibile. 88

Barolo Bricco Boschis 2006
Fruttato e aperto, fragola e lampone, solare e ricco, la bocca è già godibilissima e splendida, ariosa e appagante. Un equilibrio notevole. 92

Barolo Bricco Boschis Riserva 2005 Vigna San Giuseppe
Uscito a settembre; lavanda, glicine, lacca, mentolato fine. Bocca ricca di rivoli e sfumature solo in parte espresse, in nuce. Finale sontuoso, balsamico torrenziale, un vero vino godimento. 95

Barolo  Riserva Vignolo 2005
Carattere più etereo e meno fruttato, liquirizia e ginepro, bocca più equilibrata, più secco; concede meno alla voluttà ma ha un carattere particolare che invita alla scoperta continua. 90

Barolo Riserva San Giuseppe 2004
Appuntito, balsamico e glicine, appena canforato con frutta sottospirito fantastica, mandorla, terriccio, bocca sontuosa e felpata, integra e compatta. Allunga e appaga anche se è in una fase di chiusura momentanea. Non. Abbiamo. Fretta. 93+

[Qui altre immagini della visita a Cavallotto]

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

5 Commenti

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alvaro pavan

circa 12 anni fa - Link

molto ribes nero nella barbera?! Ma è Barbera o cabernet sauvignon... un profilo aromatico che mi lascia alquanto perplesso... lieviti francesi anche qui... mah Saluti, Alvaro Pavan

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Andrea Gori

circa 12 anni fa - Link

anche se la mia esperienza di Barbera è molto limitata, io direi che il ribes nero è un sentore parecchio comune, ma non credo sia dovuto al taglio con altri vitigni, solo una grande concentrazione

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Gianpaolo Paglia

circa 12 anni fa - Link

scusa la domanda ovviamente scema, perche' ribes nero? quale altro ribes esiste?

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Andrea Gori

circa 12 anni fa - Link

almeno anche ribes bianco e rosso! http://www.agraria.org/coltivazioniarboree/ribesnero.htm

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Simone e Zeta

circa 12 anni fa - Link

Bevuti proprio oggi, ad una manifestazione fiorentina, i Baroli confermano quello che tu hai scritto. Vivo è ancora il ricordo dei meravigliosi etteri, di proprietà e conduzione Cavallotto, dall'enorme e intuibile equilibrio dell'ecosistema. Una delle mie aziende preferite, complice anche la signorilità di Alfio Cavallotto.

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