Dom Pérignon 2003 | Quando il gioco si fa duro

di Fabio Cagnetti

E’ finalmente uscita la nuova versione della Cuvée Prestige per antonomasia, e potevamo noi di Intravino, che lo Champagne lo berremmo anche a colazione, farci scappare l’occasione per assaggiarlo e raccontarlo? Ovviamente no, ma prima di parlarne in dettaglio, spenderò due parole per inquadrare l’annata e il presente della maison.

Il 2003 in Champagne. Diciamolo subito: è stata un’annata difficile. Per cominciare, la primavera è stata inclemente, con gelate (-11°C in aprile) e grandinate soprattutto in Côte des Blancs: parliamo di un raccolto inferiore del 50% alla media, con punte di 70-80% in meno per la vendemmia dello Chardonnay nelle zone più vocate. Poi, come molti sanno, è arrivata l’estate più torrida che memoria d’uomo ricordi. La vendemmia è iniziata il 21 agosto: abbiamo dati a partire dal 1822, e mai raccolto fu più precoce. In cantina arrivarono uve estremamente mature, con bassa acidità e un pH da record. Una bizzarria è che il bouvreu, il secondo raccolto, che a volte si sviluppa dopo il gelo primaverile ma quasi mai giunge a maturazione e che in genere viene lasciato “per gli uccelli”, ha dato uve mature quanto quelle del primo, ma con più acidità. Nella storia moderna della Champagne, gli unici secondi raccolti vendemmiabili furono quelli del 1989 e, in misura minore, del 1990. I vins clairs, normalmente quasi imbevibili per l’acidità, erano particolarmente gradevoli, secondo i più troppo gradevoli, per le uve eccessivamente mature da cui provenivano. Però riflettiamoci un attimo: le annate più calde del Dopoguerra furono 1947, 1959, 1976 e 1989, e tutte hanno dato grandi Champagne che nei casi migliori hanno retto splendidamente al peso dei decenni, checché ne dicessero le Cassandre di turno. Fatto sta che buona parte dei produttori si sono astenuti dal dichiarare il millesimo 2003. I vini di chi l’ha fatto, ricchi di zucchero ed alcool, appaiono ben attrezzati a resistere all’ossidazione, hanno un profilo aromatico particolarmente seducente e lascivo, in cui dominano la frutta tropicale e i toni di pasticceria, sono bizzarri ma non necessariamente da criticare. In particolare lo Chardonnay, quel poco che si è riusciti a salvare, partendo con più acidità di Pinot Noir e Pinot Meunier, ha dato origine ai vini più interessanti, come il Blanc de Blancs di Roederer (che non ha prodotto il Cristal e che di riflesso è uscito con dei millesimati “base” ben sopra la media), il millesimato di Pierre Peters o il Vieilles Vignes de Cramant di Larmandier-Bernier. Nelle cuvée a base Pinot Noir, si è comportato bene Egly-Ouriet. Insomma, in quest’annata sui generis bisogna prima assaggiare, poi giudicare.

Dom Pérignon: dove eravamo rimasti? La farò breve: Richard Geoffroy è lo chef de cave che tutti vorremmo avere. Essere responsabili della più celebre cuvée prestige al mondo e dover accontentare bevitori esperti e clienti non enostrippati è un compito difficile, ma ci sta riuscendo egregiamente. Geoffroy ha preso una posizione molto chiara nel definire il gusto contemporaneo dello Champagne: sotto la sua guida, Dom Pérignon è passato da 10 a 6 grammi per litro di dosaggio, e come direttore dell’enologia di Moët & Chandon è difficile non leggere la sua mano dietro la decisione di abbassare da 12 a 9 grammi/litro il dosaggio del Brut Imperial. Questo mentre l’Oenotheque, destinato a un pubblico di enofili, rimane sempre con livelli di liqueur prossimi all’extra brut. Alcuni mercati, oggi molto importanti per la maison, vorrebbero più dosaggio, gli appassionati ne rimarrebbero sgomenti: Geoffroy resiste e generalmente si rifiuta di rispondere a domande in merito. Un uccellino, però, ci ha detto che il Dom Pérignon 2003 ha ancora solo 6 grammi di zucchero per litro. Altra domanda da “no comment” è il numero di bottiglie prodotte: in genere si narra che ogni annata di Dom Pérignon sia tirata in circa due milioni di bottiglie, ma per la difficile 2003 voci di corridoio dicono la metà.

Dom Pérignon 2003: l’assaggio. Va bene, ma a parte le chiacchiere com’è questo Dom Pérignon 2003? Meglio di quanto mi aspettassi. Il naso è abbastanza accessibile ma meno di quanto si possa pensare, piuttosto compatto ma al tempo stesso davvero complesso; parte con fiori bianchi, frutti rossi freschi, buccia di limone, pasta sfoglia e pinoli, poi arrivano note più complesse, silicee, salmastre e iodate. In bocca è sapido e succoso, assai glicerico e di rara intensità; cremoso e maturo, ma mai sopra le righe, non è dominato dall’acidità come molti Champagne che vanno per la maggiore oggi, ma vince in armonia, non avendo alcuna componente che prende il sopravvento sulle altre. E la persistenza, oh, la persistenza, diciamo che l’ho avuto in bocca finché non sono uscito dalla sala dove è avvenuta la presentazione. Ora come ora gli darei 92 punti, ma ha margine di miglioramento.

Forse non sarà il più grande Dom Pérignon di sempre, ma per lo chef de cave che l’ha creato è forse il più importante traguardo di una carriera: assemblare Dom Pérignon, in un’annata così difficile, è stata una sfida, e il risultato è una cuvée che è il perfetto ritratto dello stile della casa e al tempo stesso del millesimo che l’ha generato. Un Dom Pérignon diverso da tutti gli altri, e per cui è facile prevedere una lunga e positiva evoluzione, consci che non è solo l’elevata acidità a far invecchiare bene un vino: l’estratto è quantomeno altrettanto importante.

[Immagine: HauteLiving.com]

25 Commenti

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Daniele

circa 12 anni fa - Link

Non penso di avre mai letto recensione migliore di questa

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Sara Porro

circa 12 anni fa - Link

Lo "berremmo" a colazione? Cosa sarebbe questo condizionale? ;-)

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Carema86

circa 12 anni fa - Link

"in genere si narra che ogni annata di Dom Pérignon sia tirata in circa due milioni di bottiglie" Non vorrei dire una cagata ma in genere si tratta di 5 milioni di bottiglie...

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Fabio Cagnetti

circa 12 anni fa - Link

come volevasi dimostrare, non ci sono cifre precise se non il totale di tutta Moët & Chandon che è circa 30 milioni di bottiglie, ovviamente con un più che discreto margine di variabilità. A Bordeaux è la stessa storia con i Premier Cru: Chateau Lafite produce 200,000 oppure 500,000 bottiglie l'anno a seconda di chi vuoi ascoltare.

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Andrea Gori

circa 12 anni fa - Link

la cosa più ganza e che se la tirano e lo centellinano come se ne facessero solo 200mila di bottiglie... in champagne siamo stati tra i pochi a poter visitare Hautvillers ed entrare nel sancta sanctorum, l'ex biblioteca di carlo magno ora studiolo di Geoffroy, ma non ci hanno dato neanche una goccia di Dom!!! mitici

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Olimarox

circa 12 anni fa - Link

Mitici finché ci sono i grulli che se li bevono e soprattutto se la bevono. Viva il lambrusco. C.B.V.S.O.Q.C.A.I.T.S.C. (COMITATO PER IL BOICOTTAGGIO DEI VINACCI SOFISTICATI D'OLTRALPE E DELLE QUINTE COLONNE (ANZI INTRACOLONNE) TRADITRICI CHE NE SOSTENGONO LA CAUSA)

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claudioT

circa 12 anni fa - Link

Grande!

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zakk

circa 12 anni fa - Link

ogni tot annate ne fanno una veramente buona (l'ultima è la 96). Per me con cristal e ruinart blanc des blancs è uno degli champagnes più sopravvalutati che ci siano.

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Andrea Gori

circa 12 anni fa - Link

zakk lasciami pure a me il cristal e il ruinart, li bevo con comodo..

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GiacomoPevere

circa 12 anni fa - Link

Se a te non da noia smezzo volentieri! :)

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Zakk

circa 12 anni fa - Link

Come al solito la comunicazione risulta ancora essere il piu' grande problema di questo mondo. E chi a detto che cristal non e' buono? Ho solo detto che cristal e' sopravvalutato. In un Q/P tra cristal, DP, clos des goisses, winston churchill, BE, fute de chen, salon, ruinart bdb, dom ruinart, cosa ti sembra meglio? E cosa peggio?

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Giacomo

circa 12 anni fa - Link

Personalmente non e' una bottiglia da comprare....rapporto qualita' prezzo non buono. Su quei livelli bevo sicuro altre cose tipo una Clos de Goisses di philiponnat.....per esempio.

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Zakk

circa 12 anni fa - Link

Per esempio.

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Montosoli

circa 12 anni fa - Link

Il 80% di chi lo beve e per puro trofeo di etichetta.....ma se fosse alla cieca ......chissa le facce lunghe ..... Se non era per il nostro frate benedettino Francesco Scacchi a passare i segreti a Dom Perignon del metodo champenoise, ben 46 anni prima di lui, publicato con tanto di libro, sette copie al mondo (che naturalmente i francesi hanno cercato con tutti i modi di farli sparire) i Francesi si sognavano lo champagne. Ma questo e solo uno dei piccoli schippi Nazionali che la nostra patria ha subito......Viva Napoleone !

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Pietro Stara

circa 12 anni fa - Link

Forse non è andata proprio così con Scacchi: http://vinoestoria.wordpress.com/2012/02/07/sullannosa-questione-della-primogenitura-nella-spumantistica-che-vede-italiani-inglesi-e-francesi-contendersi-il-primato/

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esperio

circa 12 anni fa - Link

Non capisco del perche si continui ad insistere su questa trita storiella; non puo che ulteriormente danneggiare la nostra reputazione. Morale della favola : Francesi sveglie ed attivi, contro italiani incapaci e fanfaroni. La storia ne e' piena di questa situzioni, Charmat-Martinelli,e' unaltra e cosi via.

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Riccardo Campinoti

circa 12 anni fa - Link

Si alla cieca, con qualche bolla italiana magari. Ma fatemi il piacere, noi ci dobbiamo solo togliere il cappello...

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Zakk

circa 12 anni fa - Link

Su questo non posso che concordare!

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Giacomo

circa 12 anni fa - Link

Bah, alla ceca sicuramente con un italiano no, per carità.Ma con un Fallet Prevostat BdB extre brut si, e ne uscirebbe clamorosamente con le ossa frantumate. Clamorosamente non per me che non mi faccio abbindolare dall'etichetta, lasciamo sta roba ai russi, indiani, cinesi e ignavi del vino. Lo status symbol è una cosa, l'amore per il vino un'altra.

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ivan

circa 12 anni fa - Link

ma l'enofighetto postmoderno può dire che il dom perignon è buono? o deve ancora dire che è sopravvalutato?

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Zakk

circa 12 anni fa - Link

O forse puo' dire che a quei soldi si compra molto meglio, magari non uno champagne calamutande come DP, ma di qualita' maggiore si.

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ivan

circa 12 anni fa - Link

ogni vino che costa più un foglio verde, avrà sempre una nemesi che vale molto di più e con meno spesa.

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Pietro

circa 12 anni fa - Link

Concordo con Daniele. Gran bel pezzo Fabio: come sempre sai unire linguaggio, storia e tecnica come pochi. È un piacere leggerti.

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Francesco Fabbretti

circa 12 anni fa - Link

Ma l'enofighetto lo sa o no delle partite di chardonnay che vengono da romania e meridione dell'inghilterra destinate a uno sconosciuto gruppo industriale che tra l'altro produce un centinaio di milioni di bocce? p.s. adesso anche gli inglesi ci vanno di metodo classico autoctono proprio nelle stesse zone... e le prime marze chi le ha piantate, una quarantina di anni fa, secondo voi???

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Lime

circa 10 anni fa - Link

con sconosciuto gruppo industriale intendi LVMH? se sì, una delle maggiori holding del mondo, sarà sconosciuto forse per chi si occupa di vendere al dettaglio articoli di giardinaggio.... Comunque la tua affermazione su Romania e Sud Inghilterra è fuffa se non porti almeno uno straccio di prova.

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