Chianti classico | Lamole è un vezzo della storia

di Emanuele Giannone

Lamole è un vezzo della Storia, fascino e memoria: qui alligna l’Iris Florentina o giaggiolo, il fiore di maggio cui si deve la primigenia fama di questa frazione di Greve. Dal suo rizoma opportunamente trattato, i frati domenicani ricavavano l’essenza profumata che fu la preferita di Caterina de’Medici e che la regina consorte di Enrico II rese celebre in Francia.

La degustazione di Lamole è un segno sottile e indelebile nella memoria. Complice, forse, l’abbacinante pomeriggio di giugno: lassù il solleone e su tutta la terra le sue mescolanze ottiche, un aerografia di ombre puntiniste. Atmosfere come questa possono obnubilare i migliori propositi e insieme a quelli i dati scarni della ragione. O della degustazione. Lamole, oltretutto, è lieta e lirica. Questa scheggia del Chianti risulta di primo acchito più verace e borghigiana, meno allestita. I suoi volti, più ancora dei paesaggi, sono le immagini da cartolina. Che non si tratti di una messinscena lo chiarisce anche il tratto di sterrata che, si badi, è parte di una Strada Provinciale, non di un vico; e che predice all’avventore occasionale il fio da pagare per la sua colpevole ignoranza del luogo: dovràmangiar la polvere prima di bere il vino. Su quella strada, infatti, la prima cartolina me la recapita un grugno vernacolo e adusto dall’interno di un vetusto abitacolo, una Fiat gorgogliante, più o menocoeva dell’occupante, che sbircia, svolta e nel precedermi solleva un turbine denso di biacca.

Sul fascino del luogo e nel tentativo di renderlo in forma di alcolica, strampalata bucolica termina l’introduzione; termina con i dovuti ossequi e le scuse a Seurat e ai giaggioli di Caterina. Tanto più che nessun pittore puntinista è mai passato per Lamole. Tanto più che il tempo dell’iris è solo memoria.

Lamole è un Chianti a sé: agli occhi lo suggeriscono i diffusi terrazzamenti e i boschi, qui risparmiati dalla decimazione che altrove ha infierito. Agli altri sensi lo indicano i profumi acuti e stagliati, la struttura snella e aerea come altri toponimi del Classico non la conoscono, quand’anche scelti tra i limitrofi crus di Greve (Panzano, Montefioralle, Sugame, Ruffoli, San Polo, Verrazzano et al.). La cifra è austera, di finezza e florealità, agli antipodi di potenza e grassezza. Ciò spiega la definizione proposta da alcuni per questo lieu-dit: la Borgogna del Chianti. Qui i vigneti arrivano a quota 650,la maturazione è più tarda e le escursioni termiche assai pronunciate. Le forme di allevamento comprendono un nonpareil: il tradizionale alberello di Lamole, che si trova ad esempio da Castellinuzza e Piuca nella parcella del 1974 che dà la Riserva. Il sottosuolo, infine, è di matrice prevalentemente arenacea – il cosiddetto macigno toscano – con inserti scistosi e quarziferi, alternata a quella calcarea (alberese).

Questi elementi convergono a fondare la peculiare connotazione dei vini locali; le note a seguire tentano di restituirla. Si riferiscono a cinque batterie di cinque vini ciascuna, preparate nell’ambito della rassegna I Profumi di Lamole tenutasi a giugno.

1.

Chianti Classico Selezione 2010 Le Masse di Lamole. Freschezza acidulata di frutta rossa (fragolina, lampone, ciliegia rossa), sottigliezze di fiori e una nota tra legno e coke, forse l’impronta aromatica del castagno. In bocca è di acidità svettante e corpo snello; tono, tensione e sviluppo sono regolati, come circoscritti dal tannino e dalla sua marcatura aromatica, netta ma non sgraziata. Finale con ritorni fruttati e floreali.

Ch. Class. 2009 Le Masse di Lamole. Vinificazione con governo all’uso toscano. Del vino precedente conserva la freschezza, sia nella parte più vibrante e liquida, ovvero di frutto, sia in quella piùaerea e floreale. Si ripete anche la traccia ascrivibile all’essenza delle botti, mentre la differenza è data dai ricordi di acqua salmastra e ghiaia. Più composto nello sviluppo e meno segnato dal legno: un indice possibile di ricomposizione in progresso.

Ch. Class. 2009 Castellinuzza e Piuca. Più netta che nei primi due la componente floreale (viola, iris) che introduce il naso, anche più carnosa e scura (petunia, ortensia), accompagnata da ricordi di bacche e dal frutto che quasi resta sullo sfondo, fatta eccezione per la sua acidula fragranza (ciliegia, prugna selvatica). Si aggiungono a seguire tuberosa, ibisco e fogliame. Bocca ficcante e austera: simmetrica all’olfatto per droiture e presenza, anche qui spicca l’acidità del frutto, mentre polpa e aromi si svolgono in progressione, precisi e discreti. La marcatura tattile è il combinato disposto dipressione, tensione e affilatura del corredo fenolico. Lungo, succoso finale.

Ch. Class. 2009 Lamole di Lamole. Un segnale aromatico all’olfatto e amaricante al gusto allude all’uso di botti nuove. Forse raffrena, senza comunque sopprimerla, la varietà olfattiva (garofano, iris, cipresso, ciliegia) che ne risulta affastellata, come in cerca di equilibrio. Più spigliato al gusto per progressione e tensione, con tannini più composti di quanto il naso lasciasse temere.

Ch. Class. Riserva 2009 Pod. Castellinuzza. Sulla cifra già nota si innestano le nuove accessioni di ciliegia sotto spirito, un ricco compendio floreale, una delicata vena muscosa e di foglia aromatica(alloro, salvia). Bella stratificazione. Si aggiungono a seguire prugna, maggiorana e – curiosità – colla di figurine. Bocca calda e asciutta, buona presenza e progressione lenta, su note via via più suadenti di frutto rosso maturo.

2.

Chianti Classico 2008 Antico Lamole Vigna Grospoli Fattoria di Lamole – Le Stinche. Dai terrazzamenti di una vigna storica restaurata nel 2003. Articolato e profondo al naso. L’acidità del frutto rosso e le note floreali sono un’introduzione nota; qui, tuttavia, veicolano una dotazione di maggior complessità e a lento rilascio: ribes bianco e nero, muschio, rovo, timo, tabacco Sobranie. All’assaggio esordisce agile e vibrante, poi si assesta su una dinamica regolare, elegante, quasi il potente volano dell’acidità si regolasse su struttura e presenza maggiori. Ne risulta un insieme al contempo teso e unitario, dinamico e giustamente lento nel suo sviluppo. Cemento e tonneau.

Ch. Class Terra di Lamole 2007 I Fabbri. Austero, complesso. Spiccano al naso foglia d’alloro, cenere, rovo, cipresso, erbe amare, terriccio, cardamomo, fiori appassiti e una nota di pungenza salmastra che ricorda l’acciuga sotto sale. Il frutto è più discreto e conciso: più che stagliarsi, si distende in progressione. Al sorso è caldo, ma di un calore dosato, contenuto in uno slanciocorroborante. La sviluppo lo rivela per quel che è: buono per sapori, per tensione e presenza, per la fermezza di un tannino che netta e disseta.

Ch. Class. Lamole 2007 Castelli del Grevepesa. Richiami speziati e amari all’olfatto (pepe, noce moscata, mandorla, nocciolo di ciliegia), quindi ciliegia e acqua di fiori. Il fresco “timbrico”, consueto e ben irrorato, introduce la prova del gusto. Nello sviluppo vive di una tensione più placida, costretta verso il finale dall’effetto drenante dei tannini che incidono anche sulla definizione degli aromi.

Ch. Class. 2006 Castellinuzza e Piuca. Tra i migliori della degustazione. Felicemente evoluto, articolato nelle note di fiori in essenza, polpa matura di frutto (ciliegia, fragola, susina), creta, legno di ginepro. In bocca si scoprono la sua pulsazione lenta e un calore inatteso ma ben integrato, lo sviluppo è continuo e scandisce con pregevole definizione i ritorni del frutto (ciliegia sotto spirito, gelatina di fragola), un buon sale rosso e l’eco floreale. Finale preciso e asciutto, chiosato da tannini superbi, letteralmente imperfettibili.

Ch. Class. 2006 I Fabbri. Anche questo tra i migliori per complessità e definizione delle note evolutive. Austero, amaro di terra, fondo di caffè, genepy, cardo e fiori appassiti sullo sfondo di frutta matura. Bocca vibrante, apre di slancio ed evolve in scioltezza declinando ciliegia e susina, ruta, fieno ed erbe aromatiche. Sviluppo gustativo che descrive un’ampia parabola e concede riconoscimenti ben definiti. Lunga persistenza, tannini come un pizzicato, minuti e temperati.

3.

Chianti Classico 2001 Fattoria di Lamole – Le Stinche. Campione da riserva aziendale (in damigiana). La terziarizzazione è svolta correttamente e non intacca l’integrità del frutto (sorba, confetture di amarena e uva). Infusi d’erbe, melata, aghi di pino. Bocca vibrante di tensione, beva assai piacevole anche per il ritorno continuo e discreto di fragolina, pastiglia alla cannella e origano. Saporiancora nitidi, esaltati dal vettore acido. Tannini svolti, finale in dissolvenza su acqua di fiori, arancia amara e polpa di pesca bianca. Nessuna marcatura ossidativa. 100% sangiovese dal vigneto La Capanna.

Ch. Class. 2000 I Fabbri. Possibile essenza e sinossi di un sangiovese evoluto di Lamole (Càsole, per esattezza). Un piacere da descrivere come connubio di finezza e intensità, tra distillati di frutta rossa e sottigliezze di erbe aromatiche, nocciola, fiori passi, camomilla e il saliente acido-amaro di bergamotto, bacca d’alloro e fieno greco. Non cede al peso dell’età: fresco di un’acidità ancora nervosa, integro sia nei richiami a frutti rossi (fragola, lampone), rosmarino, tabacco, legno di rosa e lardo, sia nella grana robusta dei tannini. Un exemplum in duplice senso: esemplare, esemplificativo.

Ch. Class. Riserva 1990 Lamole di Lamole. Terriccio e bulbo di narciso sono i descrittori più immediati per un vino che l’evoluzione ha reso decisamente terragno; a seguire rose passe, mallo di noce, arancia candita e foglia d’alloro. È proiettato sugli aromi terziari ma ancora teso. La terziarizzazione e un tratto ossidativo non ne pregiudicano veramente lo sviluppo, semmai incidono sul finale, quando si mostra declive e la sua nuda fibra cede a un’astringenza ancora burbera. A bottiglia aperta, passando il tempo, il contatto continuo con l’aria ne segna la progressiva disarticolazione.

Ch. Class. 1987 Lamole di Lamole. Una fase evolutiva ulteriore. Restano i bulbi e si accompagnano a infusi d’erbe, carruba, cenere e rabarbaro. Sorso rilassato, vivificato dal fondo sapido, mentre l’acidità si svolge piana e in tono minore. Chiude pulito, su cenni dolci di cioccolato e frutta cotta. Non più stentoreo, sebbene non ancora risolto.

Ch. Class. Riserva 1983 Lamole di Lamole. Un’istantanea quando già si è intrapresa la discesa, passata la vetta. Il frutto si è quasi eclissato, ne restano vaghi ricordi canditi ed essiccati. Prevalgonoterriccio e radici, il fumé, il chiodo di garofano, il tè gunpowder, una punta glutammica e la radice di liquirizia. La freschezza è residuale ma basta a sostenerlo nello sviluppo, curiosamente articolato in un deciso passaggio triadico: acido-sale-tabacco. Finale in persistenza di camomilla e corteccia di betulla. Troppo tardi? No. Nemo enim est tam senex qui se annum non putet posse vivere.[1]

4.

Chianti Classico 2009 Pod. Castellinuzza. Iris e garofano, fragola, lampone e ciliegia. Più in profondità, cenni di erbe e radici amare, che faranno da sfondo anche alla prova del gusto. In bocca è assai fresco, dritto e continuo, preciso nei ritorni di frutti rossi freschi e sciroppati (ciliegia). In progressione dona una singolare impressione tattile composita, di volume e vibrazione, riflessi precisi del calore cospicuo e della vibrante acidità. Molto persistente, appena allegante il finale.

Ch. Class. 2008 Castellinuzza e Piuca. Indugia un poco a liberarsi degli avanzi riduttivi ma finisce per premiare l’attesa con una ricca panoplia, dal primo soffio di cardo, felce ed erba medica allavirata su un’ampia distesa fiorita, fino alla teoria di frutti rossi, prima freschi e aciduli, poi più maturi e dolci. In bocca è una promessa e un vettore: inflessibile, verticale nello slancio, restio a svolgere i suoi sapori per peccato di gioventù. Solo di gioventù pecca infatti nel trattenerli, e per gioventù persevera aggiogandoli a fenoli robusti come catene.

Ch. Class. Riserva 2008 Lamole di Lamole. Iris, legno di rosa, ginepro, granatina, coccoina, zucchero filato e crema alla fragola. Alla distanza spiccano tra i profumi proprio quelli di pasticceria. Si presenta sapido, non preminente per acidità ma ben fatto. Più rotondo degli altri, anzi cremoso. Contribuiscono i cenni di burro fuso, rote Grütze/rødgrød, sciroppo d’acero e nougat in chiusura.

Ch. Class. Riserva 2008 Le Masse di Lamole. Prugna e ribes nero maturi, svariati d’erbe aromatiche, giglio e tuberosa, poi terra bagnata e corteccia. Il frutto maturo prevale e induce impressioniinsistite di morbidezza e dolcezza. Bocca più cruda in attacco, la polpa del frutto è più fresca e la sua parte acida regge lo sviluppo finché può, quando corpo e tensione smagriscono e cedono a sensazioni asciuganti e piccanti (pepe nero).

Ch. Class. Vigna Castello di Lamole 2006 Fattoria di Lamole – Le Stinche. Note olfattive intense e definite al primo impatto: cacao, frutta macerata (prugna, amarena), acqua di fiori, rosa e garofano. Poi si rinserra assumendo un’espressione più quieta, lenta, come a significare una stratificazione che abbisogna di tempo per svolgersi. Infatti torna ad aprirsi su fiori freschi (iris, garofano) e frutti rossi maturi. La bocca è pulita, tesa e coesa. Il liquido non s’impone per corpo o calore ma ha grip e si sviluppa con continuità e definizione aromatica, severo e persistente. D’altronde sono severi, pur senza eccessi, anche i tannini.

5. Verticale Chianti Classico Vigna Castello di Lamole Fattoria di Lamole – Le Stinche

2002. Esile e aereo, dritto, sa di fogliame, infuso di tiglio, aria umida di pioggia, gelatina d’uva. Denota una freschezza pluviale e placida, quasi arrendevole ma sufficiente a convogliare senza confusioni aromi che sottolineano quelli esperiti all’olfatto. La sua trama sottile cede solo sotto la sferza dei tannini ancora immaturi (e tali, forse, per sempre).

2003. La maturità è interpretata con precisione emozionante dallo stadio del frutto (rosso e nero) e dai fiori appassiti. Poi, cenni di tamarindo e Worcestershire Sauce a descrivere il primo tratto in pendenza negativa. Il liquido vibra e intriga ancora: il patrimonio acido conserva slancio, lo svolge su una nota originale di arancia amara che introduce composte e decotti. Finale con l’effetto volumetrico dell’alcol e tannini terrosi, impreziosito da ricordi di cardamomo e chiodo di garofano.

2004. Nitida l’impronta floreale (iris, glicine, lavanda), nitido il frutto (ciliegia, ribes bianco), quindi rooibos e cenni di cardo ed erbe amare. Esemplare la definizione degli aromi all’olfatto. Impressione immediata di grande bevibilità: verticale fino a esser fendente, vivido, buone la definizione e la successione – un vero staccato – dei sapori di frutta. Non lunghissimo, ma chiude equilibrato, con nettezza e concisione da consumato orchestrale.

2005. Ancora i fiori, con la novità della rosa, e i frutti rossi; ancora erbe aromatiche, in più originali accenni amarognoli e fungini. Bocca vivace, massimo lo slancio in apertura, poi digrada: infatti l’impressione è di maggior larghezza o morbidezza, minor tensione rispetto alle altre annate. I tannini rotondi fanno da sigillo a un vino forse distante dalle espressioni più tipiche ma pur semprebuono.

Riserva 2006. Elegante all’olfatto, anche nelle note più scure di frutto e terra (bulbo, tubero, ciclamino), soprattutto nella variegata componente floreale (iris, viola, glicine) e fruttata (fragola, ciliegia rossa, gelso bianco e nero, bergamotto). Sullo sfondo un graffio amaro di radici. Essenziale e vibrante al sorso, che è animato dalla sensazione complessiva di tensione e freschezza, più che dagli svariati corollari aromatici. Al centro della progressione vive una fase ponderale, nella quale affida il saldo di merlot (e la sua polpa, e le sue rotondità) al traino del sangiovese, alla sua tensione ratta e nervosa, che fortunatamente basta ad elevarlo. È una dissonanza, ci coglie di sorpresa, poi però ci ricordiamo della nostra modernità: le abbiamo sentite tutte, anche la musica atonale, va bene anche così.

Foto credits: Fattoria di Lamole, Mottledoyster.co.nz

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

31 Commenti

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gionni1979

circa 12 anni fa - Link

Ciao Emanuele... E' stata proprio una bella degustazione, viva e vivace in una bella giornata di giugno... Sono anche d'accordo con te per i migliori assaggi, 2006 gran bella annata, sia per I Fabbri che per Castellinuzza e Piuca. Molto notevole anche il Vigna Grospoli 2008 e non da meno l'annata 2009 assaggiata al banchino dopo.... Interessante anche lo stato evolutivo del campione delle Stinche 2001 da damigiana. Ininizlamente stanco, ma dandogli tempo ha ripreso forza e sostanza.

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ag

circa 12 anni fa - Link

Il Vigna Grospoli è un gran vino, a trovarlo.....

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gionni1979

circa 12 anni fa - Link

Io un paio di bocce l'ho prese.... ;-)

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paolo

circa 12 anni fa - Link

Pulsate et aperietur

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Emanuele

circa 12 anni fa - Link

Pulsabimus, pulsabimus beate.

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ag

circa 12 anni fa - Link

I miei complimenti, Emanuele, e aspetto l'intervento del Presidente a sostegno

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Mario

circa 12 anni fa - Link

Che pena questo italiano sofferto, arzigogolato, pseudocolto. Proprio vero, la semplicità è una conquista.

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william

circa 12 anni fa - Link

..il famoso 'turbine denso di biacca'... mica *bip... ops. abbiamo frequentato le orsoline e quando leggiamo le parole del gatto poi ci dobbiamo confessare. grazie della comprensione. [f.s.]

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Gabriella

circa 12 anni fa - Link

Sono pienamente d'accordo. Leggere con difficoltà descrizioni di un luogo che è per sua stessa natura, semplice, è veramente triste. Vivo vicino a Lamole e so che bastano poche e "normali" parole per elogiarne la bellezza senza svilirla. "Strafare" come si dice nel Chianti, non è bello....

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Eleutherius Grootjans

circa 12 anni fa - Link

Infatti sono affranto anch'io, caro Gini. Orsù, si tiri un po' su, non si dia pena.

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pietro

circa 12 anni fa - Link

Che pena riconoscere la propria ignoranza e invidia (parlo per me) nel faticare a leggere questa prosa maestosa. Grazie EG come sempre, la mansarda è troppo calda in questo periodo per tradurre, ho fatto da me. Ora non mi resta che trovare qualcuna di queste bottiglie.

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Gabriele Succi

circa 12 anni fa - Link

Il Masna ha fatto le cartine anche dei vigneti di Lamole... Val la pena...

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Emanuele

circa 12 anni fa - Link

In quelle di Greve o è proprio un lavoro a parte?

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Gabriele Succi

circa 12 anni fa - Link

Quelle che ho io riguardano solo la zona di Lamole...

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Emanuele

circa 12 anni fa - Link

ottima notizia.

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Andrea Pagliantini

circa 12 anni fa - Link

Signor Giannone, questa sinfonia lessicale antanica barocca è musica per le mie orecchie, ma sto all'occhiello del pezzo per rispetto di Lamole e dei suoi produttori che sono un gioiello del panorama vinicolo che è si dettato dall'unicità del posto con il clima, suolo, altezza... il suo Sangiovese che brilla di profumi, la massa di cinghiali che ne fanno incetta, la difficoltà maggiore di fare vino dentro in vigne che sono opere d'arte che necessitano di ulteriore manutenzione e manualità rispetto al normale. C'è una fatica poco barocca nelle cose da fare e nel mantenere tale bellezza di posti. La fatica è di una semplicità estrema. Così come il vino buono.... in questo caso di Lamole.

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Eleutherius Grootjans

circa 12 anni fa - Link

Signor Pagliantini, lei ha ragione. Mettiamola così: la creazione è immediata. La ri-creazione, il tempo del degustatore, è mediata; anzi, se permette la citazione, antanico-barocca. Per questo è raro che un produttore ritrovi il suo vino nelle parole di chi lo racconta. Per questo ho trovato il suo commento onesto, calzante e di spirito.

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Andrea Pagliantini

circa 12 anni fa - Link

L'andreottiano detto purchè se ne parli fissa in risalto la smania di protagonismo di chi scrive rispetto al contenuto del racconto che dovrebbe essere il personaggio principale, in questo caso Lamole, e gli spicchi di storie umane e naturali lo compongono, altrimenti è fare torto al vino di cui si sta parlando. E dopo la faticosa lettura del nuovo decamerone applicato al mosto fermentato, intimorito dalla barocca sinfonia antanica in sol maggiore contenuta in quelle bottiglie, cerco rifugio nel Rosatello Ruffino che, se bevuto freddo non è malvagio.

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Emanuele

circa 12 anni fa - Link

Qui invece, caro Pagliantini, posso serenamente darle torto. Quella che lei chiama smania di protagonismo è in realtà la fascinazione del novizio, ché a Lamole non ero mai stato e il luogo mi è piaciuto come pochi ultimamente visitati. Se veramente mi ispirassi alla saggezza del divo giulio, sciverei di qualsiasi liquido, magari di Rosatello Ruffino. Invece no, non ne scrivo, né tampoco - sia detto con rispetto - ne bevo. Nota de gustibus a margine: questa è esattamente la forma di polemica che trovo gustosa. Ai lettori interesserà forse poco, ma se volesse darmi le sue coordinate, magari potremmo sollevare qui chi predilige le letture slim-fast e riprendere in occasione di una visita. La saluto, E.G.

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Andrea Pagliantini

circa 12 anni fa - Link

Di Mario Soldati e di Luigi Veronelli non ne nascono più e spesso l'ego antanista di chi scrive di vino prende il sopravvento sulla bellezza dei luoghi e sulla qualità del vino e di chi lo produce. E' anche per questo che la gente beve volentieri Rosatello e i vini da batteria pompati dai Sassaroli toscani e chi ha le mani sul pezzo e deve fare i conti con le bizze delle stagioni è distante da chi dipinge Gioconde con la carta calcante. Non ho niente da vendere, niente da mostrare, niente da promuovere, niente da autoreferenziare. Per rispetto a Lamole e al suo vino io mi fermo qui.

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Emanuele

circa 12 anni fa - Link

Ecco. Non si muova. Non si scomodi più, mi raccomando.

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Chiantigiano

circa 12 anni fa - Link

Bravo, si regoli allo stesso modo, eviti di venire a Lamole per poi proporre "opere d'arte" simili.

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Antonio Tomacelli

circa 12 anni fa - Link

Se vuole possiamo tentare di abbassarci al livello del suo blog, ma vista la sciatteria con la quale tratta il Chianti, la vedo difficile.... http://andreapagliantini.simplicissimus.it/2012/02/22/anteprima-chianti-classico-2012/

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Andrea Pagliantini

circa 12 anni fa - Link

Mi pare in quel post si parlasse di Chianti Classico e non di Chianti e poi non sono io che mi firmo sotto pseudonimo ergo, non sono "Chiantigiano" che ha lasciato il commento poco sopra. Io lo so' benissimo che sono sciatto e non sono un comunicatore del vino e non sposto bottiglie e interessi e scrivo bischerate per passione e domattina ho da piantare cavolo nero, ingrediente principe per la ribollita, mentre non piove e soffia vento da più di un mese, grosso problema di carenza idrica con annata campestre che scricchiola e piante che soffrono e stentano, come se le cose in generale già andassero sul velluto.

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Simone e Zeta

circa 12 anni fa - Link

Il Terra di Lamole dell'azienda I Fabbri è tra i miei vini preferiti. Un vino che più che stellette o bicchieri si merita un voto in secchi.

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Emanuele

circa 12 anni fa - Link

Ciao Simone. Per me è una conferma di sicuro più recente che per te. Ad esempio, non conoscevo le annate più vecchie tra quelle degustate a Lamole. Recente e di grande soddisfazione.

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Nelle Nuvole

circa 12 anni fa - Link

A me questo racconto è piaciuto molto. Lo chiamo volutamente "racconto" e non "post" perché le parole sono state in grado in trasmettermi un luogo e dei vini con più profondità di quelle mediamente sciatte e tirate via che si incontrano spesso in rete. Di solito più parole si usano e più ci si distrae dal cuore dell'argomento che si vuole trattare. La lingua italiana ahimé si presta a questo utilizzo. Ci sono parole bellissime in sé stesse e, conoscendole, è difficilissimo evitarle. Così più che dal barocco si passa al manierismo. Nel caso di Emanuele Giannone non succede quasi mai. Ha un baule più grande del mio, per pescare ed accostare termini. Lo sa fare con conoscenza di causa, e sotto c'è sempre la passione semplice di chi vuole ancora imparare e farlo in compagnia. In di per cui, dopo aver letto il suo scritto mi è venuta voglia di saltare in macchina e recarmi sul posto. Non per depredare i poveri residenti, grandi lavoratori ed indifferenti allo straniero, ma per conoscerlo meglio ed approfondire quella scintilla d'amore che Emanuele ha fatto balenare. Dopo aver letto alcuni commenti, la voglia si è molto ridotta.

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Simone e Zeta

circa 12 anni fa - Link

Cerchiamo d vedere un margine di vicinanza o perlomeno una sonora verità negli scritti su Lamole, la Toscana e della stessa Toscana tutte le possibili minchiate imbottigliate. @Andrea come sai sono un fan delle girate in motorino. Grandi le soddisfazioni della gita col Fifty fino a Pontedera, con la busta gialla dell' Esselunga piena di Antani, da consegnare all' Enocieco ricco di fintosplendore chiantigiano. Troppe volte l'ossequio di turno all'annoiato industriale piantaffallanze urta i chiari sensi di noi tutti, niente della fatica contadina è raccontato o citato, mentre in evidenza risplende il portachiavi di coccodrillo che orna la chiave della barricaia, tempio del non sapere, ma descritta comoda e fresca e luogo in cui tutto è buono, compreso il merlot sulla spiaggia ma gaudente di raro maestrale e rinfrescato da ghiacciolo al limone o all' acido citrico. Chiariamo. Emanuele giunge da Roma portando con s'è un palato saggio e parla di questi luoghi al meglio di quello che le sue sensazioni gli donano. Leggo tra le sue parole piacere vero e nessuna voglia di surclassare il lavoro di altri, di non riconoscerlo per puro edonismo. Non è da lui. In parole povere, tra le tante e troppe zzate che ci tocca leggere sulla viticoltura Toscana dovremo forse lamentarci per una troppa eleganza di prosa? Con l'amicizia infinita di sempre. Simone Ps: @a tutti gli altri, cominciamo a parlare di vino toscano vero come quello magnifico di Lamole.

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Simone e Zeta

circa 12 anni fa - Link

*sè

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Andrea Pagliantini

circa 12 anni fa - Link

Angelina Merkel ebbe a dire al nostro caro e compianto Silvio che "Chi ha qualcosa da dire non ha bisogno di trucco e cerone". E non c'è da ricomporre niente Simone dato che non c'è stato alcuno scontro frontale se non uno scambio di idee su un modo di parlare di vino in tempi in cui la messa in latino è stata bandita da anni perchè di fatto, la gente si allontanava dalle parrocchie. Il signor Giannone non la prenda come una tagliola tesa al palato e al modo in cui sta nel mondo del vino (che spesso e sovente è composto di gente permalosa come le volpi). Non è in discussione la libertà intellettuale di dire e scrivere cose, però potrebbe succedere di incrociare sul proprio cammino chi non è d'accordo e lo manifesta senza incensare. Non ci sto semmai ad essere additato come difensore di Lamole dallo straniero come sento si sta buttando e proponendo la cosa in giro...... abbastanza facile e prevedibile questo atteggiamento. I lamolesi sono gente troppo seria per farsi rappresentare da una fava come me, (che con il luogo non c'entro niente) e sanno benissimo cavarsela da soli. Con la qualità eccelsa dei vini che fanno.

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mario Carboni

circa 11 anni fa - Link

Oggi, domenica 28 aprile, siamo in casa, presto per bebere un chianti classico, Le Malle di Lamose, 2010...siamo di Buenos Aires, e la settimana prima estuve en Italia, wen la citta di Firenze, a casa de un cugino...

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