Capita a noi blogger di far conoscere un vino. Come uno Sciacchetrà ad esempio

di Francesca Ciancio

Qual è la più grande soddisfazione per un blogger che si occupa di vino? Sapere che un tuo post ha svelato un produttore  e le sue bottiglie. Così può capitare che un ragazzo francese di nome Nicolas, che lavora in una società di importazione e distribuzione in Svizzera di nome Cave, si faccia vivo per dirti che vuole assaggiare i vini di Heydi Bonanini. Ha letto di lui su Intravino ed è rimasto folgorato dal video della cremagliera. “Wow” pensi, allora il pericolo non è stato corso invano! Allora ti metti in macchina , fai quei 350km da Milano a Gland e partecipi a una degustazione di Cinque Terre e qualche Sciacchetrà davanti a una trentina di persone che non hanno la minima idea di cosa siano le Cinque Terre. Figuriamoci se sanno che esiste un vino con quel nome. Eppure la serata è andata per le lunghe e i vini hanno incuriosito.

Cinque Terre Libeccio 2009, Cantina sociale delle Cinque Terre: la cooperativa ha tentato il metodo tradizionale della macerazione sulle bucce, di solito ad appannaggio delle realtà più piccole. Il risultato non convince del tutto. Rimane un vino piuttosto blando soprattutto in bocca a causa del finale sfuggente. Più interessante al naso, dove la nota floreale però penalizza quella minerale. 74

Cinque Terre 2009 Begasti – Monterosso: il colore è la prima spia di una macerazione piuttosto spinta.  Le erbe aromatiche ti saltano al naso come un morso. L’intensità lascia presagire una bocca all’altezza e invece la beva cala un po’ sulla persistenza. Forse è un vino un po’ “piacione”: sono in molti a scommettere che ci sia tanto vermentino. Troppo. 78

Cinque Terre Cheo 2009 – Vernazza: Qui non c’è macerazione. A frutta e fiori preferisce la mineralità, l’espressione del territorio. E’ un vino verticale e sfaccettato, apparentemente più semplice dei primi due ma che rivela diversi piani di lettura. Colpisce per l’eleganza e la persistenza molto lunga. Si entra nel mondo delle note iodate fin qui assenti. 84

Cinque Terre 2009 Cappellini Luciano – Volastra: forse una bottiglia storta, ma qui c’è qualcosa che non va. Sentori evoluti, alcol spinto e naso di buccia da macerazione non calibrata. Alla bocca tutto questo si traduce in una beva pesante. Il bicchiere rimane lì, mezzo pieno. 70

Cinque Terre Acquamarina Tobiolo 2009 – Cantina dei Tobioli – Manarola: il naso è pienamente mediterraneo con mirto, rosmarino, timo, ginestra. In bocca, invece, quello che ti aspetti non c’è. Come si suol dire, la beva “smolla”, rivelandosi un po’ banale. E anche il finale amarognolo non aiuta. 75

Cinque Terre 2009 Crovara – Manarola: ossidato e ben oltre l’evoluto, colpa del viaggio. In bocca inesistente. N. C.

Cinque Terre 2009 Burasca – Manarola: il metodo tradizionale, oltre alla macerazione, prevede l’uso di vitigni storici come il bosco e l’albarola a discapito del più conosciuto vermentino. Il vino di Burasca si attiene alle vecchie regole: così il colore ricorda quello dell’ambra, nel bicchiere è denso, come alla beva dove vien fuori una piacevole grassezza. La mandorla amara sul finale nulla toglie alla spalla acida.  83

Cinque terre 2009 Forlini Cappellini – Manarola: qui il bosco raggiunge l’80%  e non c’è macerazione. Un naso assai accattivante. Il primo sorso lascia solo intuire. L’apparente semplicità della prima beva lascia il passo alla mineralità della seconda, alla roccia bagnata,  al sentore iodato. 84

Cinque Terre 2007 Walter De Battè – Riomaggiore: qui andiamo in profondità, con l’oro antico, ma non c’è traccia di stanchezza. Anzi. Bella densità e grassezza sostenute da un’acidità che sferza. Lunghissimo e sapido. Un concentrato di macchia mediterranea, come se nel vino fossero finite delle essenze. Alla fine, sorpresa con un tabacco dolce, frutto dell’uso sapiente del legno. 90

Cinque terre 2008 Campogrande – Riomaggiore: prevale anche qui il bosco, mentre un 30% di albarola serve a dare più acidità. 4-5 giorni di macerazione per un vino che risulta ancora un po’ zuccherino. Naso floreale di mughetto. La bocca è grassa e importante. La beva è piacevole ma manca un po’ di personalità. 82

Cinque Terre 2009 Possa – Riomaggiore: prevalenza ancora di uva bosco e uso “originale” del legno: pero e ciliegio per il passaggio in barrique. Il risultato è un naso elegante e al contempo vivace. Anche qui mirto, lentisco, timo. Non pensate alla macchia mediterranea arrostita dal sole però. Piuttosto vengon fuori i profumi più delicati di fine giornata. La bocca è  balsamica con note di eucalipto e menta. 92

Cinque Terre 2004 Bonanni Fellegara – Riomaggiore: qui si osa con un vino bianco che ha i suoi 7 anni. Domina l’albarola e lo si capisce dalla maggiore verticalità e spigolosità del vino. Ricorda un po’ i bianchi francesi e un po’ pure  i “vini veri”. Gioca sulla mineralità e non mancano note animali. 80

Sciacchetrà 2008 Cantina sociale delle Cinque Terre: residuo zuccherino troppo alto, lo si sente già al naso. E in bocca prevale sull’acidità. Alla fine la beva risulta un po’ stucchevole con un finale di piccola pasticceria e  note di smalto. 73

Sciacchetrà 2006 Walter De Battè – Riomaggiore: tra oro e arancio il colore, naso di amaretto. Grande persistenza in bocca che passa dal dolce del residuo all’amaro dell’armellina. Una beva “salina” dal finale balsamico che ti dà una piacevole sensazione di freschezza. Lo sciacchetrà come dovrebbe essere. 94

Sciacchetrà 2008 Campogrande – Riomaggiore: un vino controverso, nel senso che a molti è piaciuto. A me non ha convinto, per un naso un po’ troppo “smaltato”, un rovere ancora presente, con una spiacevole sensazione di segatura sulle pareti palatali. Materia e strutture ci sono. Forse c’è solo da aspettare. 74

Sciacchetrà 2008 Possa – Riomaggiore: il 2008 ha un naso da Porto e una bocca da fuoriclasse. Acidità spiccata, tanto da non credere che stai bevendo un passito. Note classiche di frutta secca miste a sentori salmastri e mediterranei. 90

19 Commenti

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kenray

circa 13 anni fa - Link

e dopo aver saputo i prezzi ti hanno bastonata? a me piace molto ma 70 euro una boccina...manco fosse pipì degli angeli

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Marossi

circa 13 anni fa - Link

Kenray ha centrato il bersaglio: i vini liguri costano più di quello che valgono, a prescindere da quello che valgono. Lo dico da ligure. Non è colpa loro, solo che la nostra regione è scoscesa, e non si presta ad un' agevole coltivazione della vigna. La soluzione sarebbe di guadagnarci di meno, rispetto ad altre regioni ad alta vocazione. Ma c'è un problema: così come nelle case della Genova bene anziché trovare dei bei quadri si vedono alle pareti le croste dei pittori liguri belin tanto amati (e pure troppo pagati), così nei vini c'è ancora gente che ti dice "Sul pesce cosa ci vuoi mettere se non un pigato?". E giù palanche, quando con la stessa cifra o meno si berrebbe un atesino di superiore caratura. Questo consumo interno, questa sorta di protezionismo culturale, per certi versi anche benemerito, blocca la crescita del fenomeno vino in Liguria, o quanto meno di una sua valenza nazionale (non dico oltre). That's all folks.

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kenray

circa 13 anni fa - Link

ne ho indovinata una? grande! a mia insaputa sia chiaro

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Mario Crosta

circa 13 anni fa - Link

Temo che la vitivinicoltura in Liguria possa fare la fine dell'industria nel triangolo Gallarate, Busto Arsizio, Legnano, cioe' diventi archeologia. In pochi anni. Lo temo, perche' sono ancora affezionato a quei profumi, a quei sapori, ma il portafoglio del cliente purtroppo piange sempre di piu' ed i sacrifici su quelle erte scoscese non sono piu' in molti a volerli ancora fare rimettendoci pure di tasca propria. E' diventata una viticoltura di montagna in condizioni davvero estreme. Ha ragione Marossi quando scrive che non e' piu' competitiva nemmeno con i bianchi atesini. C'e' solo una via che potrebbe renderla ancora appetibile per il vignaiolo e per il turista: svilupparla in agriturismo, bead & breakfast, cantine aperte ai picnic, promozione di gite e vendita prodotti tipici con alloggio nei week-end. Altrimenti muore, ed e' un vero peccato.

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kenray

circa 13 anni fa - Link

si può delocalizzare la produzione in cina... like busto gallarate e triveneto

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francesca ciancio

circa 13 anni fa - Link

solo 5 commenti ma avete centrato il tema! in effetti molte di queste bottiglie costano tanto, in particolare i passiti ma avete davvero idea di cosa significhi fare vitivinicoltura da quelle parti? Quando ho visitatto l'azienda di Bonanini sono rimasta basita. Campogrande invece è l'azienda che ha più terreni, cioè 2 ettari!. La maggior parte di questi signori per campare fa altri lavori, spesso statali. Le cantine? in paese tra i dedali dei piccoli comuni delle Cinque terre. credetemi, a me passerebbe la voglia di fare il vino da quelle parti Però una soluzione in effetti bisogna trovarla e quella di Mario Crosta è intelligente. Poi i furbetti sono anche lì, per carità qui sarebbe necessario che intervenissero i produttori a commentare. magari fate girare il link. che ci spieghino se e cosa stanno facendo per fare "sistema"

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Marossi

circa 13 anni fa - Link

Infatti: è proprio perché conosco il problema dei cosi che dico che "non è colpa loro". Se volessi essere polemico, direi che non glielo ha detto il medico di fare il vino, che non è obbligatorio e che se costa più di quanto valga non ne vale la pena. Ma non la penso così, credo che la produzione del vino sia anche una questione culturale e che non possa essere sottovalutata come si trattasse di bulloni. Però il problema resta, e secondo me l'unica soluzione (forse) è cercare l'eccellenza assoluta, e scavarsi una nicchia più piccola ma più significativa. Se faccio 1000 bottiglie di un vino buonino da 12 euro, quando ne trovo di migliori diecimila a 7-8, non ne vale la pena. Ma se ne faccio 100 eccezionali a 25 (guadagnandoci in proporzione anche meno), i miei competitori sono molti di meno. Ho usato numeri esemplificativi, spero di aver reso il concetto.

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Mario Crosta

circa 13 anni fa - Link

Cara Francesca, e' proprio perche' sappiamo benissimo cosa significhi fare vitivinicoltura (eroica, avrei dovuto aggiungere...) da quelle parti che mi fa male dover scrivere che rischia di diventare archeologia. Immaginate tutto a mano, dai muretti da aggiustare tutti i santi anni fino alle erbacce da pulire, radunare, legare, seccare, bruciare, su e giu' per pendenze da rocciatore alpinista, dalle zappature, allo sgretolamento dei terreni. La monorotaia c'e', ma ogni tante centinaia di metri; il resto e' a piedi, pesi sulle spalle, ore ed ore buttate via in fatica e sono ore che costano, ma che da altre parti non hanno e quindi non influiscono sul prezzo. Rese bassissime. Giornate di lavoro col vento umido del mare dentro le ossa, oppure freddo di terra e febbre garantita. Non farmi aggiungere altro, Francesca, perche' anche da lontano sto cominciando a rabbrividire. E non e' che stiano troppo meglio sulle altre montagne che si specchiano nel mare... Purtroppo non si puo' salvare questa vitivinicoltura a fior di contributi a pioggia, perche' quando di soldi non ce n'e' i contributi poi si tagliano e rimangono tutti nella cacca. Si deve salvare con altri sistemi, imprenditoriali, secondo il mio parere appunto con quello che ho scritto, ma ben fatto, perche' di turisti stranieri (e anche italiani) che cercano quel tipo di ristoro ce ne sono tanti e se non li si va a prendere, non li si acompagna sul posto, non li si ospita, almeno la prima volta, e' difficile che ci capitino da soli su quelle erte (avete mai provato ad arrampicarvi in auto nelle Cinque Terre, cercando un indirizzo?). Quindi ci vuole pure un ufficio turistico dei vignaioli con i controfiocchi (e anche questo costa...). Insomma, non sono un esperto, non tocca a me, ma una dritta mi son sentito di lanciarla. Speriamo che loro stessi la raccolgano e la sviluppino come si deve. In fondo anche la Roma ha trovato un americano... Senno' scompaiono, non c'e' alternativa.

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Marossi

circa 13 anni fa - Link

costi

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roberto m moschella

circa 13 anni fa - Link

Fare un vino vero in quelle condizioni e' solo un atto d'amore per la terra e non ha prezzo.

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Marco Lugli

circa 13 anni fa - Link

Che bei vini e che bei vigneti in quel paradiso delle Cinue Terre. Io amo più la versione secca del famoso uvaggio Bosco,Albarola ecc. Con quei toni sapidi, salmastri e note balsamiche aromatiche alle stelle. Mi sono innamorato in particolare dei vini della cantina LITAN. Provateli se ne avete occasione.

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heydi

circa 13 anni fa - Link

Salve a tutti sono uno di quei pazzi che si è rimesso a coltivare la vigna qui nelle Cinque Terre e per una scelta dettata dal cuore(in quella costa ci sono praticamente nato) ho scelto di concentrarmi sprattutto in una delle aree più difficili della zona. Ho letto un pò i vostri commenti e mi piacerebbe portarvi dentro quello che è il mio pensiero che tale rimane in qualunque caso. Io penso che per fare vino alle Cinque Terre vuol dire farlo innanzi tutto col cuore, lo fai perchè sai cosa vuol dire mantenere il territorio dove sei nato e sai l'importanza di quello che stai facendo. I costi sono nettamente superiori a qualsiasi altro posto quindi dal canto mio ho scelto quella che secondo me era l'unica strada, quella del lavorare in qualità portando le vigne ( sembra un paradosso in una zona come questa) a produrre il meno possibile in modo da concentrare il più possibile in pochi grappoli ciò che la vigna può dare. Un'altra cosa che ci deve contraddistinguere è l'identità, se un Cinque Terre viene fatto con i giusti criteri e senza seguire mode e mercati si produce un unicum che ha paragoni solo con altri Cinque Terre, per fare questo ho messo in moto una ricerca decennale di tutte quelle piante presenti nel pre-filossera e caratterizzate da poca produzione ma da alta qualità, il risultato è un prodotto che può non piacere, perchè esula dagli standard che la moda richiede oggi sui bianchi,ma che porta dentro di se tutti i sapori e gli odori che una persona può percepire camminando sui nostri sentieri. Penso che la liguria abbia delle aziende che hanno come deficit quello di produrre poco, ma che possono giocarsela con tutte le altre realtà italiane. Chi mi conosce sa che starei qui a parlare ore, vi parlerei di questi vitigni storici che in alcuni casi non hanno neanche un nome italiano, vi parlerei dell'uso dei legni in cantina ( per esulare dal solito rovere e per seguire l'identità e la storia) vi parlerei di mille altre cose ma preferisco fermarmi qui e aspettare eventualmente vostre richieste di delucidazioni, a presto

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Nic Marsèl

circa 13 anni fa - Link

Senza polemica :-) Leggo tutti questi commenti e mi chiedo : per quale motivo i costi nelle cinque terre sono necessariamente e nettamente superiori rispetto ad altre zone impervie, come la valtellina, solo per citare un esempio?

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Mario Crosta

circa 13 anni fa - Link

Bella osservazione. Hai fatto bene a ricordarcelo. Non tutta la Valtellina pero' ha zone davvero eroiche da coltivare (per le fatiche manuali e per i costi che ne derivano). Nelle Cinque Terre, invece, sono la quasi totalita'. Ed e' proprio perche' vedo che in Valtellina sono stati gia' abbandonati e continuano ad essere abbandonati centinaia ettari di terreno ogni anno che mi sono permesso di dare un suggerimento agli amici delle Cinque Terre. Che dire di Carema, allora, o di certi fianchi della Val d'Aosta, dove basta un nubifragio e c'e' da rifare tutto... nubifragio che e' di norma qua e la' nella bella Liguria dal clima che si puo' vedere ogni anno in TV e cioe' paesi interi spazzati in dieci minuti da quantita' d'acqua che altrove cade in dieci anni, con auto e cadaveri pescati in mare anche alcuni giorni dopo. E vigne da rifare completamente. Anche questi sono costi. Bisogna trovare soluzioni turistiche imprenditoriali cooperative per salvare le disastrate vitivinicolture di montagna. Non c'e' altra via. Pena la rinuncia a quei prodotti.

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fabrizio pagliardi

circa 13 anni fa - Link

Conosco e compro vini di Wurzgarten a urzig sulla mosella che costano sotto i 4 euro. Conosco bene quella vigna fisicamente. La liguria invece che non conosco è tanto più eroica???

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Mario Crosta

circa 13 anni fa - Link

Anche tutti i commentatori polacchi di vino, amici di lunga data e sempre sinceri, che conducono corsi di degustazione, scrivono su riviste specializzate, gestiscono dei blog, sono letteralmente innamorati di quelle vigne sulla Mosella. In effetti per chi ama il Riesling quello e' un vero paradiso. I miei amici sostengono che e' quel Riesling il migliore vino bianco del mondo. La mia opinione e' diversa, questione di gusti, percio' non serve nemmeno discuterne. In ogni caso non si tratta solo di vino, ma di tutto il mondo del vino che gira, vive, respira, si sviluppa intorno a quel vino. L'enoturismo lassu' e' ad un livello eccelso, addirittura impensabile da noi, un modello che appunto dovrebbero mettersi in testa di applicare anche i vignaioli delle Cinque Terre. Possono riempire un autobus, andare lassu' a vedere, a imparare come si fa.

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Marossi

circa 13 anni fa - Link

Però. Io vorrei allargare lo spettro del problema. Qui si parla solo di Cinque Terre. Ma quando penso a vini dal rapporto qualità prezzo non favorevole io penso in alla Liguria tout court, in cui la viticultura non è definibile eroica, ma solo costosa. Le 5T sono un'eccezione, anche geografica.

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Bartolomeo Lercari

circa 13 anni fa - Link

Vorrei fornire un contributo alla discussione sui costi dei vini delle 5 Terre. Sono CheO unico viticoltore con cantina a Vernazza. Innanzitutto direi che non mi sembra corretto generalizzare dicendo che i vini delle 5 Terre hanno prezzi esageratamente elevati, con rapporto qualità/prezzo quasi offensivo. Penso di poter affermare questo tranquillamente visto che l'anno scorso a Terroir Vino 2010 il nostro vino rosso è stato premiato con menzione speciale per il rapporto qualità/prezzo. Quindi prima precisazione: in alcuni casi la non rispondenza fra prezzi e qualità dei vini esiste, ma non sempre. Vediamo ora di analizzare l'origine degli eventuali prezzi troppo elevati dei vini nelle 5 Terre. Alcuni miei colleghi vignaioli pensano che le ardue fatiche richieste dalla viticoltura delle 5T si traduca automaticamente in vini di altissima qualità e alto prezzo, ahimè non è così, non esiste alcuna correlazione fra fatica fisica in vigna e qualità del vino. Inoltre alcuni vignaioli virtuali,per interposte persone, pensano di essere viticoltori eroici vivendo e lavorando a tempo pieno in altri settori produttivi a centinaia km di distanza dalle loro? vigne. Mi sembra ridicolo, in vigna occorre andare tutti i giorni in cui non piove, specialmente nelle 5T.Quindi fin quà ha ragione chi si lamenta dei costi di molti dei nostri vini. Nelle 5T non è solo faticoso arrivare in vigna inerpicandosi su colline impervie, ma è anche impossibile fare arrivare nel raggio di 5-6 km un camion con pancali di bottiglie di vino, con pali per il vigneto, concimi... Tutto arriva con i potenti Ape 50 piaggio e poi a spalla su per le scalette dei carrugi. Quindi le bottiglie ed ogni altro prodotto ci costa il 30% in più solo per i mini confezionamenti speciali per le 5T. A questo occorre aggiungere il costo delle giornate trascorse a camallare ogni cosa dentro e fuori le nostre cantine. Per raggiungere da Vernazza dei laboratori per banali analisi dei vini occorre guidare tre ore (andata e ritorno) lo stesso vale per raggiungere negozi attrezzati di materiale enologico/viticolo. Come è ben noto le 5T sono famosissime mete turistiche, questo significa che il costo della vita a Vernazza,è, per gli abitanti, più del doppio che nelle città limitrofe (La Spezia, Sarzana, Carrara). Inoltre le amministrazioni comunali gravate dai costi dei rifiuti di milioni di persone caricano sugli abitanti cifre esorbitanti di Tarsu (tassa rifiuti solidi urbani)equiparando una cantina, che non produce rifiuti(raspi e vinacce tornano nei campi o vanno in distilleria), a ristoranti che servono svariate centinaia di cperti ogni giorno. In conclusione i costi diretti e indiretti di produzione nelle 5 T sono molto più elevati che in quasi tutte le altre aree viticole italiane,ma sta al buon senso di noi viticoltori di non suicidarci con dissennate politiche dei prezzi

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Mattia Maugeri

circa 13 anni fa - Link

I vini di per se' e di qualunque zona siano hanno prezzi che posso variare in maniera assai elevata, mi viene comodo fare un esempio: Ambonnay, cuore dello champagne ospita piccolo produttori che fanno champagne a 20/25€ e anche il krug clos d'ambonnay che costa 2500€ La differenza la fa il produttore che è famoso affermato, nel caso di krug, ma non solo. La costanza produttiva, è un valore economico notevole, da tenere in considerazione La possibilita' di avere vini che "escono" nel momento in cui si possono apprezzare al 100% è un valore aggiunto. Questi fattori fanno si che a parita' di territorio i vignaioli possano fare vini con differenti prezzi, un vino costoso non è detto che sia piu' buono di uno meno costoso. Ma il costo deve essere supportato da Storia del vino (ovvero verticali che ne saggino la durata nel tempo) e dalla costanza di prodotto. Andate alle 5 terre a scoprire perche i vini costano e Valgono molto. Valgono molto piu' di quello che costano... Il 29 maggio ci saranno le cantine aperte a Riomaggiore e ci saranno presenti i migliori vigneron della zona.

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