Barolo Riserva Gran Bussia | Una verticale del vino-simbolo di Aldo Conterno [parte 1]

di Emanuele Giannone

Questo post, scritto da Emanuele tempo fa, era in coda di pubblicazione da un po’. Lo pubblichiamo oggi, il giorno successivo alla scomparsa di Aldo Conterno, affinché sia un tributo, un ricordo ed anche un saluto al produttore di Langa. [Fiorenzo Sartore]

Tutto trae spunto da due pensieri oziosi e frequenti: uno è il rimpianto per non aver iniziato a lavorare già nell’adolescenza alla mia personale Barolopedia. Cerco di recuperare da almeno due lustri ma dubito di riuscire nel cimento. L’altro si incentra sul termine eno-fighetti, uno dei più ricorrenti nel sottobosco dei blog enoici e nelle loro derivazioni sòcial-reticolari. Io stento ancora a comprendere le ramificazioni nelle linee di discendenza che dalla sottospecie Homo sapiens sapiens conducono alla sottotribù – non è scherno, bensì categoria tassonomica – degli eno-fighetti. Chi sono realmente costoro e cosa bevono? Quali sono le chiavi di identificazione? E il lemma richiede il trattino o no? Io non li riconosco.

La premessa si riallaccia all’avvertimento che un conoscente, professatosi addentro alle cose di Langa, volle farmi allorché gli dissi, qualche giorno prima della degustazione, dell’imminente verticale di Barolo Granbussia (Poderi Aldo Conterno); che lui si affrettò a sdegnare proprio in quanto Barolo da eno-fighetti. Una sentenza lapidaria e inappellabile che rese trepida l’attesa dell’evento: in un colpo solo avrei potuto comprendere meglio i caratteri dei vini graditi alla fantomatica sottotribù, e soprattutto avrei conosciuto de visu una buona dozzina dei suoi membri. Tre dei partecipanti, in verità, mi erano già noti e facevo fatica ad affibbiar loro l’etichetta E-F: persone gentili, per nulla enfatiche o affettate, molto competenti. Quanto di più lontano dalle idee di snobismo, furore nozionistico e teatrale ostentazione.

Giunto all’appuntamento compresi subito di essere destinato a una cocente delusione, quanto meno nelle mie velleità tassonomiche: non considerando i tre già noti e preventivamente esclusi dalla micro-indagine sociologica, trovai innanzitutto una quota rosa da fare invidia alle istituzioni repubblicane; poi mi accorsi che anche la parte bruta e grifagna del mondo constava di signori cordiali e composti, dotati di spirito e molto garbati. No, non era come mi aspettavo. Conclusi che il Barolo da eno-fighetti non era probabilmente quello, e che tra i miei conoscenti almeno uno, quand’anche più addentro di me alle cose di Langa, parla talvolta a sproposito. A dissipare ogni residuo dubbio arrivarono poi i vini.

L’azienda è una pagina tra le molte nell’album dei Conterno. Nasce nel 1969 quando Aldo, figlio di Giacomo, lascia il fratello Giovanni alla guida dell’azienda paterna, acquista la cascina Favot e fonda Poderi Aldo Conterno a Monforte d’Alba, in località Bussia Soprana. La Riserva Granbussia è prodotta solo nelle migliori annate come assemblaggio delle uve delle tre vigne Romirasco, Cicala e Colonnello nelle percentuali indicative del 70%, 15% e 15% rispettivamente. La vinificazione avviene con macerazione in vasche di acciaio fino a un mese, successiva svinatura e nuova sosta in acciaio per 3-5 mesi con frequenti travasi. Il vino viene quindi immesso in botti grandi di rovere di Slavonia, dove matura fino a 44 mesi prima dell’imbottigliamento.

Le Riserve, in tutto undici, sono state degustate in due diverse serate: 1999, 1997, 1995, 1989, 1988 nella prima; 1982, 1985, 1990, 1996, 2000, 2001 nella seconda. A far da introduzione e chiusura: la prima serata Brut Initial Jacques Selosse (Avize) sboccatura luglio ’08 da basi di chardonnay ’05-’04-’03 ed Erbaluce di Caluso Passito 2001 Riserva Alladium; Riserva del Fondatore ’97 Giulio Ferrari e Moscato d’Asti 2001 Massolino la seconda. Questa è la cronaca della prima serata.

1999: il colore è ancora giovanile. Naso profondo e poliedrico. Note di mora, visciola, cuoio, catrame, viola e patchouli su un leggero sfondo boisé e di erbe officinali: fine e potente al contempo. Dopo mezz’ora il quadro non è cambiato: si aggiungono solo cenni di noce moscata, topinambur, fungo. Al gusto si presenta subito caldo, suadente, netta la sensazione di pressione ma la freschezza evolve in progressione lenta, bilancia l’impatto e vivifica il sorso. Il frutto si fa più denso e maturo, il tannino ha un’asciuttezza fittile, che si scioglie in profusione e compensa un certo affievolimento nella tensione gustativa. Il corpo è sontuoso e pare sopravanzare la dote acida. In persistenza ritorna il calore, affiorano legno aromatico (rosa), appena marcante, fondi di caffè, povere di cacao e after eight.

1997: molto chiuso in apertura, trapelano confetture, edera, rabarbaro e sottobosco. Al secondo passaggio crusca, polvere, mallo di noce e, molto soffuso, il primo soffio balsamico. Singolare richiamo a vecchio mobilio e velluti. Tutto questo attraverso cenni tenui e riservati fino a un’ora dal servizio, quando erompe in note ferrose, mentolate, di muschio, amarene e funghi freschi. In seguito regala erbe amare, terrina di fagiano, soia. Bocca in continua evoluzione: acidità pulsante e tensione più sostenuta rispetto al precedente, le corrispondenze gustative ne risultano arricchite in definizione e la dinamica è continua, ricca e lunga. Dedicandogli assaggi ripetuti regala trame cangianti di terra umida, fiori, frutta sotto spirito e radici.

1995: in oltre un’ora di inganni lo si celebra come un inno alla decadenza: è arroccato su glutammato, fungo secco, lardo e tapenade. La rivelazione si annuncia con la scomparsa dei sentori più agé, poi con l’immobilità di altri trenta minuti, svariata ogni tanto di vaghe note mentolate, ferrose, di violetta, tartufo e terra umida. A questo punto l’assaggio lo trova slanciato: al gusto l’arancia amara e il chinotto sono consustanziali a un’acidità ancora pugnace, con salvia e soprattutto ruggine e sale rosso ad affilarne il taglio. L’integrazione del legno è esemplare e impreziosisce struttura e sapori. Spicca il chiodo di garofano. Il tannino è di superba fattura, polimorfo: alterna aspetti cremosi e terrosi a uno smeriglio quasi intimidatorio. Nell’ora che seguirà è una farandola di toni e cadenze imprevedibili: ora i segnali di una balsamicità fine e articolata, (mentolo, ginepro, canfora), ora quelli di spezie dolci (anice, cumino, ancora chiodo di garofano), radici (pastinaca) ed erbe amare; quindi di nuovo la terra, il tartufo, un buon tabacco scuro. La ciclicità e i periodi lunghissimi del suo sviluppo nel calice fanno immaginare lui sempiterno e noi aggiogati a ritmi che non gli competono. Se ne consiglia la lettura insieme a quella de La scoperta della lentezza di Sten Nadolny.

1989: la tonalità è perfetta intermediazione tra rubino e granato e introduce un naso complesso ed elegante, dal profilo spesso, idea di volume e profondità. Cede subito i sentori macerativi, il fungo, le viole passe, la salamoia. Sbrigato questo preliminare è una sequela di classicismi alternati a vagheggiamenti inusitati, dal ritmo piano e circolare: ancora viola, poi ciliegia, tabacchi orientali, radice di liquirizia e pepe bianco, ma anche rabarbaro, anguria, fieno greco, pesce salato e persino bottarga. Bocca vibrante, tesa, da subito circonfusa di tannini dai riflessi gustativi speziati. Campione di ricercatezze eteriche, veste gli aspetti morbidi e caldi di imprevedibili tratti aromatici. Dinamica articolata e lenta: il liquido rivela la sua potenza con sensazioni pressorie ma senza pesare. Sospinti dall’acidità sempre viva tornano il cuoio e la ciliegia, quindi si presentano genziana, arancia amara e, finissima, la mora e di nuovo l’anguria a far da sfondo. All’ultimo passaggio, dopo oltre due ore, si sono ampliate le maglie: curry, menta, canfora, fondo bruno e cenni d’angostura e catrame, ma più che i solchi della veneranda età si tratta di bellissime rughe d’espressione. Il tempo lo ha nobilitato.

1988: colpisce la prima impressione secca, fané e polverosa (cannella in polvere, magnesia, magazzino di stoffe). Poi si assesta sul distico balsamico-maturo (menta e ginepro, conserve e sansa), con il tartufo nel ruolo di discrimine, e non si muove per due ore. Al sorso regala una freschezza “carsica”, fluente al fondo di un canalone tanto fitto di trame, come fronde, da essere a lungo impenetrabile. Ma non è luogo per esploratori, più indicato per chi sa aspettare. Il premio per la pazienza è un volo di vele: preso il buon vento presenta la prora con rosmarino, ferro, humus e gomasio, bordeggia un ricco bouquet appassito (peonia, garofano e viola) e accosta infine tabacco Sobranie, cannella, bacche di ginepro, caffè d’orzo e carne secca. Bocca, a questo punto, stentorea. Quella più sincretica, coniuga finezza e potenza, morbidezza e durezza, con un mimetico cacao che si rimpiatta tra effusioni dolci e amare.

[Crediti | Immagini di Andrea Federici – Fine della prima parte]

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

13 Commenti

avatar

Nelle Nuvole

circa 12 anni fa - Link

Come sempre un pezzo impeccabile e completo. Difficile commentare se non con una domanda oziosa: come mai nella prima serata la degustazione è partita dall'annata più giovane e nella seconda al contrario?

Rispondi
avatar

Emanuele

circa 12 anni fa - Link

That's not a pointless remark at all. Decisione presa per voto popolare e sulla scorta di una considerazione magari discutibile ma non infondata: accordare una più lunga ossigenazione a certe annate che sembravano averne bisogno. Così ad esempio la 1995, per la quale le ore precedenti la degustazione non erano bastate; così un'altra, d'età ancor più veneranda, che verrà descritta nella seconda parte.

Rispondi
avatar

Ruggero Romani

circa 12 anni fa - Link

Aspetto trepidamente la seconda puntata. ad oggi il vino migliore della mia vita è Granbussia 2001...

Rispondi
avatar

Andrea D'Agostino

circa 12 anni fa - Link

ma ... l'avete pagata la degustazione? E' tutto un magna-magna... :-)

Rispondi
avatar

Simone e Zeta

circa 12 anni fa - Link

E' tutto pagato e dimostrabile, gli scontrini li tiene Formigoni ;-)

Rispondi
avatar

Emanuele

circa 12 anni fa - Link

Good point. Ho appena risposto nel salotto nobile, là dove, se volete, chiamatemi oscar.

Rispondi
avatar

esp

circa 12 anni fa - Link

Forse sbaglio persona, ma come potrebbe Aldo Conterno,la cui scomparsa mi rattrista, aver prodotto, e messo in vendita Barolo Bussia annata 1958 se ha iniziato l' attività in proprio nel 1969? Lo ricordo (sempre che, ripeto, non commetta un errore di persona) al primo BiBe di Genova, nel 1970 che personalmente proponeva i suoi Baroli, di cui feci una discreta scorta. Per la cronaca, l' annata 1964 (800 lire la bottiglia) e il 1958 (ben 1.200 lire la bottiglia). Mi piace immaginarlo, adesso, parlare di vini, vigneti e cantina con Giacomo Bologna

Rispondi
avatar

Eleutherius Grootjans

circa 12 anni fa - Link

ESP: varie fonti, italiane e non, convergono su una spiegazione molto semplice. Tra l'altro Antonio Galloni, nel corso di un'intervista ad Aldo Conterno del 2007 (o 2008), avrebbe chiesto conto della medesima, apparente discrasia temporale, trovando conferma su questa versione. Tutti i Bussia e gli altri Riserva Speciale a nome A.C. e di annate antecedenti la '69 sarebbero vinificazioni di Giacomo C., oggetto di divisione tra Aldo e suo fratello Giovanni allorché l'azienda paterna e la relativa cantina furono spartite tra i due. Vi è un riscontro di particolare interesse e che vale come ulteriore conferma. Alla ricerca di spiegazioni plausibili sui diversi tipi di bottiglie usati da Giacomo e Aldo, Mannie Berk (The Rare Wine Co.) cita l'edizione '91 di Italy's Noble Red Wines di Sheldon Wasserman, nella quale l'autore riferisce di una degustazione dell'85 con Aldo Conterno; il quale, commentando una Riserva '31, spiega che l'imbottigliamento risale a 16 anni prima (quindi al 1969, proprio l'anno della separazione) ed è il travaso da un contenitore da 12,5 lt (il "quarto di brenta", la brenta essendo unità di misura del volume, pari in piemonte a poco più di 49 lt). Vi è un altro riscontro probante. Alcune bottiglie della Riserva Speciale 1937 Aldo Conterno recano sul collo un'etichetta vergata a mano con l'indicazione: "Questo vino di riserva speciale è stato travasato nel settembre 1969 per garantire la perfetta conservazione.". Si noti - e il rilievo storico non è da poco - la testimonianza dell'uso dei quarti di brenta per garantire longevità. In proposito, a margine della degustazione di Mannie Berk sopra citata, l'autore riferisce che questi travasi del '69 di Riserve degli anni '30 da quarto di brenta a borgognotta si presentano assai più vivi e giovanili delle Riserve degli anni '40. La ringrazio per avermi fornito lo spunto di ricerca e spero d'aver soddisfatto la sua sacrosanta curiosità.

Rispondi
avatar

Eleutherius Grootjans

circa 12 anni fa - Link

esp: grazie per la segnalazione, che merita un supplemento d'indagine.

Rispondi
avatar

Rossano Ferrazzano

circa 12 anni fa - Link

Vista l'occasione mestamente celebrativa, mi dispongo a rinviare le considerazioni critiche ad altro momento, penso ci possano essere occasioni più propizie per discettare di eno-fighetti e dintorni. Mi rimane solo da rimpiangere di non aver mai conosciuto Aldo Conterno, un uomo dalle cui mani sono usciti alcuni fra i vini più belli della mia esperienza con il vino. Grazie, ad maiora.

Rispondi
avatar

Eleutherius Grootjans

circa 12 anni fa - Link

Rosario, è spiegato nell'introduzione: la verticale ebbe luogo mesi fa, in ben altra atmosfera. Ciò posto, non trovo tanto assurdo parlare anche oggi di Granbussia definendolo un vino anti-glamour (o non-eno-figo). Avrebbe preferito un epitaffio?

Rispondi
avatar

Rossano Ferrazzano

circa 12 anni fa - Link

Caro Eleutherius, mi chiamo Rossano, non Rosario. Le immagini e i commenti di questa verticale sono circolati ampiamente in rete nei giorni precedenti e seguenti la degustazione, conosco diverse persone che vi hanno partecipato, so come sono andate le cose. Ad eccezione delle felicitazioni per un nuovo nato, mi trovo sempre un po' a disagio quando si tratta di atti più o meno cerimoniali su internet, siano gli auguri per un compleanno, le condoglianze per una morte, i complimenti per una laurea o altro. Motivo per cui di norma non vi prendo parte. Mi piacerà quindi ritornare sul punto, in una prossima occasione.

Rispondi
avatar

Eleutherius Grootjans

circa 12 anni fa - Link

Mi scusi per il lapsus! Capisco il Suo punto di vista e La ringrazio, fuor di retorica, per il commento di rara signorilità.

Rispondi

Commenta

Rispondi a Eleutherius Grootjans or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.